Dal 1° gennaio 2009, salvo interventi correttivi del Senato, casalinghe, frati, suore e molti altri cittadini italiani non riceveranno più l'assegno sociale che fino ad oggi gli veniva riconosciuto dall'Inps come assistenza in caso di redditi particolarmente bassi. L'allarme è delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani che chiedono al Parlamento di ritornare sui propri passi. Al centro del contendere, il comma 10 dell'art. 20, riguardante appunto i requisiti per l'accesso all'assegno sociale. Una prestazione di tipo assistenziale riservata fino ad oggi per motivi di reddito agli ultrasessantacinquenni residenti in Italia: che siano cittadini italiani, europei o anche extracomunitari, purchè in possesso di carta di soggiorno. E così, dal 1 gennaio 2009, se la norma verrà confermata dal Senato, l'assegno sociale non spetterà più a chi non abbia lavorato, continuativamente, per dieci anni in Italia. Si pensi alle casalinghe che hanno dedicato tutto il loro tempo alla famiglia, ai religiosi (suore e frati ad esempio) impegnati nelle realtà più difficili, agli emigranti italiani che tornano nel nostro Paese dopo una vita passata a lavorare all'estero. "È la dimostrazione concreta - osservano le Acli - di come escludere qualcuno dal bene comune, in questo caso gli immigrati, porti inevitabilmente dei danni a tutti. Appunto perchè, come insegna la dottrina sociale della Chiesa, il bene comune è tale in quanto bene di tutti e di ciascuno. Nessuno escluso".
lunedì 28 luglio 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento