venerdì 30 gennaio 2009

Proposte di modifica al pacchetto sicurezza

Le richieste al Parlamento e al Governo da parte delle Acli, Comunità di Sant'Egidio, Comunità Papa Giovanni XXIII, Fondazione Centro Astalli

Lunedì, 2 febbraio 2009Ore 14,30 - Comunità di Sant'Egidio (Piazza S. Egidio 3 - Roma)

Alla vigilia della discussione nell'aula del Senato del "pacchetto sicurezza", mentre esplode la "questione Lampedusa", le Acli, la Comunità di Sant'Egidio, la Comunità Papa Giovanni XXIII, il Fondazione Centro Astalli presentano all'attenzione di Governo e Parlamento alcune proposte volte al miglioramento degli articoli che riguardano alcuni aspetti fondamentali della vita degli immigrati, tra cui il matrimonio, le cure mediche, la residenza, la "tassa" sui permessi di soggiorno, il reato di clandestinità, il prolungamento della permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione.
La conferenza stampa si terrà a Roma lunedì 2 febbraio, alle ore 14.30, presso la sede della Comunità di S. Egidio, in piazza S. Egidio 3. Interverranno: Marco Impagliazzo, presidente Comunità di Sant'Egidio; Andrea Olivero, presidente Acli; Padre Giovanni La Manna, presidente Fondazione Centro Astalli - JRS; Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII.

LE ACLI AL WORLD SOCIAL FORUM DI BELEM
Ci sono anche le Acli al World Social Forum di Belem, in Amazzonia, dove sono riuniti in questi giorni e fino al 1 febbraio oltre 80mila persone provenienti da 150 Paesi del mondo, in rappresentanza di movimenti, organizzazioni, e reti sociali internazionali.
Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani - che partecipano ai Forum Sociali Mondiali sin dalla prima edizione del 2001, a Porto Alegre - sono oggi presenti a Belem con una delegazione del dipartimento "Pace e Stili di Vita", composta da italiani e residenti, cooperanti, collaboratori, giovani del servizio civile, volontari dei progetti di cooperazione e sviluppo promossi in Brasile dalla propria organizzazione non governativa - Ipsia - a Recife e Salvador.
«Lavoriamo per la costruzione di un'economia solidale - spiega Alfredo Cucciniello, responsabile del dipartimento Pace e Stili di Vita - e lo facciamo realizzando progetti in Brasile come in Africa, ma soprattutto intessendo relazioni con persone, associazioni e organizzazioni della società civile internazionale, delle Chiese locali e delle missioni». La parola d'ordine è «globalizzare la solidarietà»: «Vogliamo rafforzare la speranza che uscire dalla crisi, costruire un'altra economia fondata non sul profitto di pochi ma sulla buona vita di tutti, governata da istituzioni rivolte davvero alla giustizia e al bene comune, non è solo un sogno, ma un processo già in atto. E il tempo di crisi può essere un tempo opportuno».
Tra gli impegni della delegazione delle Acli, i seminari della Caristas brasiliana sulla giustizia, il lancio del nuovo portale italiano dell'economia solidale "Zoes", la presentazione dell'edizione 2009 di "Terra futura", la fiera internazionale delle buone prassi di sostenibilità che si terrà a Firenze dal 29 al 31 maggio.

giovedì 29 gennaio 2009

Gelmini trascura la formazione professionale

ACLI: Superare i pregiudizi verso il lavoro manifatturiero. Mancano all'appello 40 milioni di euro

«Non solo l'istruzione tecnica, ma anche l'istruzione e la formazione professionale sono la giusta risposta alla crisi che sta attraversando il nostro sistema economico e produttivo». E' quanto afferma Maurizio Drezzadore, responsabile del dipartimento Lavoro delle Acli e presidente dell'Enap, l'Ente di formazione professionale che fa capo alle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani.
Le Acli richiamano l'attenzione del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, che ieri è intervenuta pubblicamente sul rapporto tra studio e lavoro e sul ruolo dell'istruzione tecnica. «Per recuperare il divario tra i percorsi scolastici e il mondo del lavoro - spiega Maurizio Drezzadore - è importante ma non sufficiente il contributo dell'istruzione tecnica. E' necessario recuperare e valorizzare in pieno il ruolo degli enti di formazione professionale. Il lavoro manuale e la realtà manifatturiera del sistema produttivo italiano sono rimasti da troppo tempo estranei al percorso educativo di intere generazioni di ragazzi. Non possiamo immaginare che il futuro dell'Italia veda solo lavoratori immigrati nelle attività produttive aziendali e che si consolidi un pregiudizio culturale verso il lavoro manifatturiero».
Le Acli ricordano che mancano a tutt'oggi i provvedimenti normativi di stanziamento delle risorse del Ministero dell'Istruzione pari a 40 milioni di euro, destinati alla realizzazione per il 2009 dei percorsi sperimentali triennali di assolvimento dell'obbligo di istruzione, nell'ambito della formazione professionale.

mercoledì 28 gennaio 2009

Veltroni sfida Berlusconi

(AGI) - Roma, 28 gen. - I quotidiani evidenziano la 'sfida' lanciata al premier da Walter Veltroni durante un intervento a 'Porta a Porta'. Il leader democratico ha infatti invitato il presidente del Consiglio ad un confronto tv sulla crisi sostenendo, come evidenzia il Corriere della Sera, che 'serve un piano nazionale' e che 'non bastano le battute del Cavaliere su Kakà , Fiorello e sulle gemelle dell' Isola dei famosi'. Il quotidiano accompagna la presa di posizione di Veltroni alle difficoltà interne con i prodiani e i dalemiani che insistono per il congresso. 'Nel nostro Statuto il congresso non c' è 'sostiene Salvatore Vassallo, 'padre' del documento fondativo del Pd. Repubblica, oltre all' invito di Veltroni al premier sul confronto tv, evidenzia la sua 'presa di distanza' dalla Cgil dopo la mancata firma del sindacato sulla riforma dei contratti: 'Deve accettare le sfide dell' innovazione riformista', 'però serve l' intesa con tutte le parti sociali'.

martedì 27 gennaio 2009

Costruire nuova "Pedagogia della memoria"

Il presidente Olivero ad Auschwitz a seguito del progetto “Il treno della memoria”
SHOAH: ACLI, RESPINGERE NEGAZIONISMI CON MASSIMA DETERMINAZIONE

Roma, 27 gennaio 2009 - Tenere vivo il ricordo della Shoah ed impegnarsi a trasmetterlo «ininterrottamente» - «di generazione in generazione» - per costruire una nuova «pedagogia della memoria», capace di rispondere al «preoccupante disorientamento educativo» che caratterizza la società intera.
Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani celebrano il Giorno della Memoria, il ricordo terribile della Shoah, con l’impegno a «valorizzare la memoria per edificare il futuro»: «una delle scelte più significative di pedagogia sociale e cittadinanza attiva che oggi la nostra associazione può compiere», si legge in un documento predisposto per l’occasione. Mentre il presidente delle Acli Andrea Olivero sarà domani a Cracovia e giovedì al campo di sterminio di Auschwitz a seguito del progetto “Il Treno della Memoria”.
«Revisionismi e negazionismi - scrivono le Acli a questo proposito - sono da respingere con la massima determinazione, da qualsiasi parte essi provengano». «La memoria dell’irreparabile che ci viene dal passato deve anche oggi attivare un forte senso di vigilanza affinché anche nei conflitti attuali, dalle discriminazioni razziali all’uso delle armi, non venga mai superata la soglia estrema della legalità e del diritto internazionale». «In questa luce - concludono le Acli - la lezione del passato potrà trasformarsi in un monito sul presente e aprire sentieri di dialogo e spiragli di conciliazione che spesso si ritengono impossibili e impraticabili.

Zavoli: Ricordare è dovere etico

Roma, 27 gen (Velino) - "Il ricordare, nel senso che qui oggi intendiamo, è un dovere etico, e farne passare il significato di generazione in generazione è una pedagogia paterna, nutrita da un amore fatto di carne e spirito, che scorre lungo le vene di una filiale continuità, prima ancora che sulle pagine dettate dalla storia". Lo ha detto il senatore del Pd Sergio Zavoli, intervenendo nell'Aula del Senato in occasione della Giornata della Memoria. "Sarà l'improvvisa crisi finanziaria ed economica che ha coinvolto tre quarti del pianeta - ha detto Zavoli - l'eco delle bombe e dei razzi su Gaza e Israele, la coinvolgente lezione di Obama, il diffondersi di violenze contro le persone più indifese, a cominciare dalle donne, il concitato momento in cui versa la questione degli immigrati. Sarà questo o altro, sta di fatto che siamo arrivati al giorno della memoria un po' svuotati dell'empito da cui nacque. Abbiamo a tal punto banalizzato la vita e la morte che ciò può accadere anche per la storia la quale parla sempre più da lontano".
"Eppure, nella vita dell'umanità - ha proseguito Zavoli - c'è un passato che non è mai passato del tutto e non possiamo accettare le ottuse o subdole pretese di cancellarlo. Ecco perché il nostro Parlamento, su iniziativa del senatore Furio Colombo, votò all'unanimità l'istituzione del Giorno che si sta celebrando. Bisognerebbe costringere la storia a restare sotto i nostri occhi, se del caso criticandola, sbugiardandola, additandola, non per far durare il rancore ma perché non muoia la certezza della colpa e la lezione della sofferenza. Sebbene milioni di uomini abbiano avuto la vita rubata, sfigurata, incenerita, un grande salto generazionale ha disteso una sorta di oblio sull'onta del secolo. Non è più tempo di memoria, si sente dire. Essa attarda il presente e allontana il futuro. A tale processo, che ha qualcosa di indicibile, ha messo mano chi, avendo dell'esistenza e della Storia un sentimento quotidiano e indistinto, vorrebbe liberarsi da ogni responsabilità precedente. Non mi richiamo all'abusata, declamatoria saggezza secondo la quale chi non sa giudicare il proprio passato è destinato a riviverlo: dico, semplicemente, che una così grande tragedia esige di non essere dimenticata in un tempo che, secondo l'analisi di uno storico apocalittico, si avvia a diventare 'una continua rincorsa tra l'informazione e la catastrofe'".
"Un grande salto generazionale, inedito nella sua irrevocabilità - ha detto ancora Zavoli -, sta infatti cancellando vita e morte di chi conobbe l'onta del secolo. Oggi il mondo ha una memoria che comincia al di qua di quell'immane peccato. Eppure abbiamo ancora tremendi motivi per dire che la memoria non è una sbiadita coscienza che ha già concluso il suo cammino, ma ciò che tiene in vita proprio quella coscienza; perché il ricordare - ha concluso il senatore Pd - nel senso che qui oggi intendiamo, è un dovere etico, e farne passare il significato di generazione in generazione è una pedagogia paterna, nutrita da un amore fatto di carne e spirito, che scorre lungo le vene di una filiale continuità, prima ancora che sulle pagine dettate dalla storia".

lunedì 26 gennaio 2009

Bassano: Udc non esclude ipotesi Pd

INTERVISTA. Luigi D’Agrò analizza la politica bassanese in vista anche del prossimo rinnovo del Consiglio comunale
Udc e alleanze. Ipotesi aperte a più soluzioni
di Chiara Bonan
«Il Pdl governa da solo, Lega e Udc sono all’opposizione. La realtà bassanese non è uniforme a quella regionale o provinciale»
(Fonte: Il Giornale di Vicenza, Lunedì 26 Gennaio 2009, pagina 23)

Ultimi mesi dell'Amministrazione Bizzotto, campagna elettorale in vista anche nel Bassanese per le amministrative di giugno. Luigi D'agrò traccia un bilancio dei 10 anni trascorsi e una panoramica dei possibili scenari futuri. «È più facile dare un giudizio che lavorare con la responsabilità di chi ha avuto il mandato per farlo, quindi non è tanto il caso di chiedersi come abbia operato questa Amministrazione ma interrogarsi su come trovare una squadra, delle risorse diverse, una novità che apra un nuovo ciclo. Sappiamo che i 10 anni di Bizzotto sono terminati, il giudizio, nel bene e nel male, è già patrimonio della storia, quindi è una nuova proposta che serve, piuttosto che il giudizio». Secondo lei c'è la concreta possibilità, a Bassano, di costituire una squadra nuova? «È vero che le élite culturali che sono alla base del cambiamento hanno difficoltà ad affermarsi in questa città. Credo sia necessario scompaginare un artefatto, quello che stabilisce singoli schemi di incompatibilità tra ambienti definiti di centro destra e centro sinistra. Credo che lo schema bipolare delle politiche nelle amministrative non debba avere un certificato di vita perpetua. Ci stanno le sperimentazioni, la capacità di trovare gente che ha voglia di fare pur non essendo stata in mostra, gente che ha deciso di dare pur non avendo mai avuto responsabilità di natura politico amministrativa. Lì bisogna cercare la novità, altrimenti la tradizione resisterà oltre misura, facendo prevalere in città il conservatorismo più che la tradizione». Ipotizza quindi delle alleanze “diverse”? «Qui ci sono delle alleanze che non sono tali, il Pdl governa da solo, la Lega e l'Udc sono all'opposizione, quindi la realtà non è uniforme né con la situazione nazionale né con quella regionale o provinciale. Se volessimo fare le cose per bene diremmo che a Bassano si è consumata un'anomalia, quindi perché non creare le fondamenta per dar vita ad un'anomalia nuova, che diventi cartina di tornasole per il futuro». Quali scenari o ipotesi di alleanza si prospettano secondo lei? «Le ipotesi si costruiscono. Nella mente delle persone esistono delle idee, realtà virtuali che han bisogno di trovare nel dibattito la possibilità di diventare fatto concreto. Se in politica, come nella vita, fosse sempre possibile realizzare ciò che piace, non avremmo bisogno di intermediari né di apparati. Ognuno, in qualche modo, si organizzerebbe per sé, mentre il bene comune ha bisogno di un dibattito che parta da un'idea. Il rischio, a volte, è quello di sedersi a dialogare senza sapere chi si è. È fondamentale la consapevolezza di sé: togliere il tornaconto, il vantaggio, per evitare che il confronto non sia libero e che diventi sopraffazione di sé nei confronti degli altri». Si sarà fatto un'idea del possibile scacchiere su cui si andrà a giocare… «Ho il mio pensiero, cercherò di farlo transitare nella logica di chi dovrà responsabilmente impegnarsi nella campagna elettorale. Non mi pare corretto riferirlo ora ai giornali, perché dev'essere frutto di elaborazione e confronto e non bisogna mettere in piazza ciò che è più prezioso nell'attività di partito, il progetto, prima che diventi tale. Il dato di riservatezza è dunque intuibile». Si sente di escludere un affratellamento con la Lega o in qualche modo ogni scenario è possibile? «In politica non dò nulla per scontato. Le alleanze a volte sono frutto di ripicche o di situazioni che vengono a determinarsi come salvagente o come ultima spiaggia. Però mi pare che questa prospettiva avrebbe bisogno di valenze culturali e progettuali che non possono partire dalla rinuncia di chi siamo». Quale sarà il ruolo del suo partito in questa “battaglia”? «Questo è il problema. Deve capire cosa intende per confronto e su quale schema vuole giocare: se uno schema centro destra e sinistra, allora è una collocazione e vuol dire entrare in una gabbia piuttosto che volare libero. Va da sé che la consistenza del partito è tale che nelle elezioni comunali dovrà far parte di un'alleanza. Difficile pensare di nuovo l'idea di andare da soli: dobbiamo tentare di mantenere una classe dirigente che ha fatto bene in consiglio comunale e in questo sta il punto più importante, salvaguardare queste capacità e valutare ogni passaggio che porta ad avere più adesione a questo progetto». Il suo ruolo? «Sono un iscritto all'Udc e come tale rimango». Poche parole: incertezza o distacco strategico? «La politica è un vestito che uno si ritrova addosso. Dopo averla fatta ai livelli in cui ho espresso la mia responsabilità, è difficile allontanarsi realmente da essa, ma ci sono stagioni in cui è opportuno pensarla piuttosto che farla. E qui sta la diversità tra chi ci deve essere per forza, per non pensare che la politica non valga, e chi invece ha ancora pensiero di politica perché lo ritiene l'habitat entro cui si affina il futuro e una scelta che serve alla gente».

POLITICA. Prove di dialogo fra democratici e centristi in vista delle elezioni amministrative della prossima primavera
L’alleanza tra Pd e Udc? A Bassano il primo test
di Antonio Trentin
Stefano Cimatti potrebbe essere il candidato sindaco del cartello elettorale contro Pdl e Lega nord
(Fonte: Il Giornale di Vicenza, Lunedì 26 Gennaio 2009, pagina 14)

Troverà sponda nell’Udc la “chiamata” fatta in questi giorni dal segretario del Partito democratico del Veneto, Paolo Giaretta, in vista delle elezioni amministrative dei primi di giugno? «Alleanze programmatiche di buon governo con il Pd e l’Italia dei Valori»: questa l’offerta ai centristi da centrosinistra. «Gli elettori capirebbero queste alleanze, costruite attorno a candidati credibili e a progetti condivisi» dice Giaretta. E l’Udc?«Stiamo preparando nostre liste, pronti a correre per conto nostro - è la risposta del segretario regionale dei centristi, Antonio De Poli - e comunque pronti anche a eventuali valutazioni sulle alleanze». Si tratta di un’aperturina? Per il momento è difficile leggerla così, anche perché la vocazione alla sfida è, dentro le varie Udc locali, molto meno forte della preferita tendenza a rinnovare le alleanze di centrodestra. Lega Nord permettendo, però.Un laboratorio tutto particolare potrebbe essere Bassano, il più grande tra i Comuni che rinnoveranno le Amministrazioni. Lì l’Udc è minoranza, come lo è anche la Lega, sempre fierissima avversaria di Forza Italia-Alleanza nazionale, forse sue prossime coalizzate, se arriverà l’ordine da Milano di quietare la concorrenza a centrodestra. Lì il Pd potrebbe tentare di scompaginare gli schemi - ne parlano tutti nel mondo della politica provinciale - appoggiando un’iniziativa civica centrista, imperniata proprio sull’Udc. Nella propria assemblea provinciale, sabato scorso, l’Italia dei Valori ha trattato ufficialmente della cosa: «Il Pd bassanese - secondo il segretario Carlo Rizzotto, che è proprio di Bassano - ha già scelto l’Udc al posto nostro». Una tattica che sarebbe deficitaria in partenza. E infatti un’altra bassanese leader provinciale, Rosanna Filippin, la corregge così: «Ci mancherebbe altro che l’Italia dei Valori venisse esclusa da un’alleanza per cambiare l’Amministrazione di Bassano. Noi del Pd cerchiamo di mettere in piedi una seria e ampia alternativa alla coalizione uscente e alla Lega che oggi è opposizione e domani vedremo. Il che significa parlare anche con l’Udc». Continua a circolare il nome consueto per l’operazione-Comune: quello di Stefano Cimatti, consigliere comunale e ex-segretario provinciale dell’Udc. Intorno a una sua candidatura a sindaco, e in coalizione con uno schieramento centrista da lui promosso, si potrebbe schierare subito anche il Pd, per superare con chance adeguate il primo turno di voto e tentare il colpaccio nel secondo turno di ballottaggio. «Di sicuro non sarò un candidato sindaco per il Pd - spiega lui -. Poi, se ci saranno prospettive di alleanze ampie, le valuteremo». Attenzioni all’Udc potrebbero spuntare anche nelle altre città dove il Pd è maggioranza e nelle quali il centrodestra tenterà di rovesciare i rapporti. Tutti e quattro i sindaci democratici in carica (Luigi Dalla Via a Schio che forse affronterà un “primaria”, Alberto Neri a Valdagno, Stefano Fracasso a Arzignano e Maurizio Scalabrin a Montecchio) saranno riproposti per un bis in Comune: nessuna novità da questo punto di vista. Ma la Filippin, in linea con Giaretta, auspica che il ventaglio delle liste in appoggio sia il più vasto possibile.

domenica 25 gennaio 2009

Veltroni rende omaggio a Guido Rossa

«Le Br si sentivano di sinistra e in nome della classe operaia compivano il più velenoso attentato contro i lavoratori». Così il segretario del Pd, Walter Veltroni, ha ricordato l'uccisione, trenta anni fa, dell'operaio e sindacalista dell'Italsider, Guido Rossa, che aveva segnalato alla vigilanza la presenza in fabbrica di fiancheggiatori dei terroristi. «Le Brigate Rosse uccisero un operaio - ha sottolineato Veltroni - non un delatore, come scrisse qualche giornale, ma un democratico vero, che credeva nelle leggi dello Stato e voleva tutelare la vita di altre persone. Coerente con le sue idee, Rossa si era schierato, aveva capito l'errore di chi diceva "né con lo Stato né con le Br" e aveva denunciato chi diffondeva materiale dei terroristi».Il segretario del Pd ha citato tante altre vittime del terrorismo, e si è chiesto, riferendosi all' uccisione di Aldo Moro, «se Moro e Berlinguer avessero potuto portare avanti il loro progetto quale Paese sarebbe diventata l'Italia». Sabina Rossa, figlia del sindacalista ucciso ed oggi deputato del Pd, ha ricordato come il padre fosse una persona «positiva, solida nelle sue convinzioni, coerente nella vita con i suoi ideali e con una grande ricchezza civile e morale». La parlamentare ha chiesto «alla politica di saper cogliere le inquietudini giovanili per evitare nuovi drammi, perchè trent'anni fa non ne fu capace».

(Fonte: L'Unità, 24 gennaio 2009)

sabato 24 gennaio 2009

Pietro Ichino: Difendo la libertà

PIETRO ICHINO: NON E’ IN GIOCO SOLTANTO LA MIA LIBERTA’ DI PENSIERO, MA ANCHE LA LIBERTA’ DI PENSIERO E DI DIBATTITO DI TUTTA LA COMUNITA’ GIUSLAVORISTICA ITALIANA
Sintesi della deposizione testimoniale di Pietro Ichino resa davanti alla Corte d’Assise di Milano il 23 gennaio 2003, nel procedimento contro i 17 membri delle “nuove Brigate Rosse”

L’allarme è incominciato con l’assassinio di Massimo D’Antona, nel maggio 1999: fino a quel momento tutti pensavamo che il terrorismo fosse finito. All’inizio di quell’estate la Digos mi contattò per darmi alcuni consigli per la mia sicurezza.
Alla fine di quell’anno il ministro dei Trasporti Bersani mi chiese di continuare il lavoro di D’Antona all’Enav, per cercare di ricondurre entro limiti di correttezza e ragionevolezza un sistema di relazioni sindacali che sembrava impazzito. Accettai quell’incarico con qualche preoccupazione per la mia sicurezza. Nei tre anni successivi confesso che ero un po’ preoccupato: al mattino, quando uscivo di casa, pensavo che quello poteva essere il luogo dove sarebbe avvenuta l’aggressione e mi pareva di vedere in anticipo la scena della mia morte. D’altra parte, rinunciare a a dire e scrivere quel che penso avrebbe significato subire l’intimidazione. Erano gli anni in cui collaboravo strettamente con Marco Biagi, che avevo chiamato a insegnare diritto comunitario del lavoro nel Master di cui ero Direttore e collaborava con me anche per la Rivista italiana di diritto del lavoro. Lui era ancora sotto scorta, prima che gliela togliessero. Mi ricordo che, parlando di questo pericolo, ci dicevamo che i nostri genitori e i nostri nonni erano stati chiamati a rischiare la vita su frontiere che meritavano assai di meno quel sacrificio: a noi toccava rischiarla su di una frontiera che lo meritava molto di più, quella del progresso civile, della difesa della Costituzione repubblicana, della libertà di pensiero e di parola.
Poi a lui la scorta venne tolta; e pochi mesi dopo venne ucciso sulla porta di casa. Il giorno dopo quell’assassinio, il 20 marzo 2002, venne immediatamente attivata la protezione per me. E da allora vivo sotto scorta.
Nel febbraio 2003 ci fu un’improvvisa intensificazione dell’allarme: un giorno per l’altro venni avvertito che avrei dovuto viaggiare sempre con un’auto blindata e un’altra auto al seguito, con cinque agenti; viaggiavamo sempre a sirene spiegate, mi accompagnavano anche in Università con le armi imbracciate. Poche settimane dopo capii meglio il perché, quando ci fu la sparatoria sul treno, nella quale venne ucciso Galesi e venne catturata Nadia Lioce: la polizia aveva notizia della preparazione di un attentato contro un giuslavorista particolarmente impegnato sul terreno delle riforme e aveva ragione di ritenere che potessi essere io il bersaglio.
Qualche tempo dopo quell’episodio la scorta è stata di nuovo ridotta a due soli agenti con una macchina. Fra il 2004 e il 2005 ho chiesto un paio di volte al Prefetto di Milano se non fosse il caso di revocare il dispositivo di protezione; e tutte le volte mi rispose che non era ancora il momento per farlo.
Nel giugno 2006, quando il Governo Prodi si era insediato da pochi giorni, il neo-ministro Tommaso Padoa Schioppa annunciò che sarebbero stati necessari alcuni tagli nella spesa pubblica. Poiché mi pareva che ormai il pericolo fosse cessato, colsi l’occasione per scrivergli una lettera, proponendogli di incominciare dal taglio della mia scorta. Nel settembre successivo, invece, il Prefetto mi convocò per dirmi che erano sopravvenuti motivi gravi, riguardanti specificamente me, per non abbassare la guardia. E nel febbraio 2007 capii quali erano quei motivi: fin dall’estate dell’anno prima era in corso un’indagine della Digos, dalla quale emergeva che un nuovo gruppo di terroristi aveva proprio me nel mirino: avevano fatto degli appostamenti e stavano preparando un’aggressione.
Così mi è toccato continuare a girare con la scorta, ad avere i due agenti alle costole anche in Università, davanti alla porta del mio studio, nell’aula in cui facevo lezione. Anche questa è una mortificazione, perché in qualche misura incide sul rapporto educativo tra me e i miei studenti; quei due agenti significano che, per le cose che insegno, che sostengo, che scrivo, c’è qualcuno che mi vorrebbe morto; qualcuno che considera quelle cose delittuose, addirittura mostruose: altrimenti perché le si considererebbero meritevoli della pena di morte? In qualche misura questa minaccia è rivolta, indirettamente, anche a loro, agli studenti: è come dire loro che stiano attenti, che non mi credano, che le mie idee sono pericolose come la peste.
Ma, soprattutto, quella minaccia è rivolta all’intera comunità dei giuslavoristi: è il loro dibattito che viene falsato, inquinato dall’intimidazione. Ne è leso nella sua libertà anche chi dissente dalle mie idee, perché non può esprimere il suo dissenso con la stessa serenità con cui lo farebbe in qualsiasi altro Paese civile, dove il dibattito è veramente libero.

(Fonte: www.pietroichino.it)

Nuove Br, Ichino insultato in aula: «Difendo la libertà»
Non gli hanno risparmiato nemmeno gli ultimi insulti, quando è uscito dall'aula, dopo aver testimoniato. I parenti e gli amici dei presunti terroristi delle "Nuove Br" - sotto processo a Milano - lo hanno aspettato all'uscita e hanno inveito contro di lui.Pietro Ichino, giuslavorista e senatore del Pd, è rimasto sereno, lui che, per gli inquirenti, era proprio uno degli obiettivi del gruppo che si rifaceva alla "seconda posizione" delle Br.«Sono uno che dice cose per le quali rischia di essere fatto fuori e in questo processo, da parte civile, difendo la libertà di pensiero», ha spiegato il professore milanese di diritto del lavoro, testimoniando davanti ai giudici della prima Corte d'Assise.Prima che iniziasse a parlare, uno dei 17 imputati, tra i leader del Partito comunista politico-militare, Davide Bortolato, ha voluto rilasciare una dichiarazione spontanea: «Siamo contenti di averlo qui - ha detto con tono ironico - contenti che siano presenti come parti civili lui, lo Stato e i fascisti di Forza Nuova (una sede subì un attentato, ndr). Ciò dimostra che questo è un processo politico, dove sono rappresentati gli sfruttatori e chi lotta per i diritti dei lavoratori».Quando Bortolato ha proseguito dicendo «il qui presente Ichino si è fatto una carriera criminalizzando i lavoratori», il presidente della Corte, Luigi Cerqua, l'ha interrotto, mentre dalle gabbie partivano i primi insulti contro il professore e parenti e amici degli imputati applaudivano.Tornata la calma, Ichino ha raccontato i suoi «quasi 10 anni di vita in allarme», che vanno avanti tuttora, sotto scorta, anche dopo gli arresti del febbraio 2007. Nel '99, quando venne ucciso dalle Br di Nadia Desdemona Lioce il suo collega Massimo D'Antona, gli agenti in borghese cominciarono ad aggirarsi con discrezione alla Statale, dove Ichino insegna. «Il ministro Bersani mi chiese di assumere il posto che era di D'Antona all'Enav ed io lo feci consapevole dei rischi che corre chi si occupa di riformare il diritto del lavoro».Nel 2002 le Br ammazzarono anche Marco Biagi e al professore diedero la scorta. «Una vettura e due agenti che diventarono due vetture e cinque agenti, quando il prefetto mi telefonò per dirmi che c'erano elementi di maggior allarme». «Una situazione, quella del vivere sotto scorta, che, ha spiegato Ichino, anche la mia famiglia ha sempre sopportato». «Questo sacrificio - ha aggiunto - è dovuto all'intimidazione permanente, al dissenso armato, che minaccia l'intera comunità dei giuslavoristi italiani, cosa che all'estero non esiste e che da noi è una cappa di piombo, che limita la serenità del dibattito». Proprio mentre Ichino stava spiegando la sua decisione di costituirsi parte civile nel processo («Lo faccio, ha detto, perchè questa intimidazione pesa sull'intero Paese, dove chi tocca lo statuto, muore»), i mugugni di imputati e parenti si sono trasformati in grida: «Sei un massacratore di operai». Il presidente della Corte ha fatto allontanare dalle gabbie tutti gli imputati (Davide Bortolato, Claudio Latino, Alfredo Davanzo, Vincenzo Sisi e Massimiliano Toschi) e poi ha riammesso il solo Bruno Ghirardi, che non aveva detto nulla. Alla ripresa, le difese, e in particolare l'avvocato Sandro Clementi, hanno insistito nel chiedere a Ichino se avesse mai ravvisato elementi concreti d'allarme e il giuslavorista ha risposto: «Ho potuto leggere le conversazioni telefoniche tra gli imputati e ho avuto la conferma che un gruppo dotato di armi mi considerava un obiettivo». E ha concluso: «L'ultima conferma poi l'ho avuta stamattina». Oggi sono stati esaminati anche due degli imputati, Andrea Tonello e Davide Rotondi. Quest'ultimo ha spiegato di essere «stanco di sentire il termine terrorista». Solidarietà al giuslavoralista è arrivata da tutte le forze politiche. Se il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha dichiarato: «Desidero rivolgere la mia più intensa solidarietà per le inquietantiintimidazioni subite oggi a Milano, proprio nel luogo istituzionalmente preposto a garantire il rispetto della legalità a presidio della nostra democrazia», il vicepresidente del Senato Vannino Chiti (Pd) ha detto: «Rivolgo a Ichino la mia solidarietà per le vergognose minacce subite oggi da persone che, evidentemente, ignorano colpevolmente i concetti di dialogo, rispetto e tolleranza». Compatto il sindacato nella manifestazione di solidarietà al senatore. Il processo prosegue il 2 febbraio con i primi testi delle difese.

(Fonte: IlSole24Ore)

venerdì 23 gennaio 2009

Papa: "Internet è un dono per l'umanità"

"Se usate per favorire la comprensione e la solidarietà umana", la rete di Internet e le nuove tecnologie informatiche rappresentano "un vero dono per l'umanità". Lo afferma il Papa nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. "L'accessibilità di cellulari e computer, unita alla portata globale e alla capillarità di Internet, ha creato - rileva - una molteplicità di vie attraverso le quali è possibile inviare, in modo istantaneo, parole ed immagini ai più lontani ed isolati angoli del mondo: questa era chiaramente una possibilità impensabile per le precedenti generazioni. Molti benefici derivano da questa nuova cultura della comunicazione: le famiglie possono restare in contatto anche se divise da enormi distanze, gli studenti e i ricercatori hanno un accesso più facile e immediato ai documenti, alle fonti e alle scoperte scientifiche e possono, pertanto, lavorare in equipe da luoghi diversi; inoltre la natura interattiva dei nuovi media facilita forme più dinamiche di apprendimento e di comunicazione, che contribuiscono al progresso sociale".
Internet sia a disposizione di tutti e non di pochi - Benedetto XVI chiede però che "i vantaggi" offerti dal mondo digitale "siano messi al servizio di tutti gli esseri umani e di tutte le comunità, soprattutto di chi è bisognoso e vulnerabile". A 82 anni compiuti, Joseph Ratzinger si colloca tra quanti ("noi adulti", scrive) "hanno dovuto imparare a capire ed apprezzare le opportunità" dell'informatica e in particolare di Internet, mentre i giovani più facilemnte "hanno colto l'enorme potenziale dei nuovi media nel favorire la connessione, la comunicazione e la comprensione tra individui e comunità e li utilizzano per comunicare con i propri amici, per incontrarne di nuovi, per creare comunità e reti, per cercare informazioni e notizie, per condividere le proprie idee e opinioni". Per Benedetto XVI, "è gratificante vedere l'emergere di nuove reti digitali che cercano di promuovere la solidarietà umana, la pace e la giustizia, i diritti umani e il rispetto per la vita e il bene della creazione. Queste reti possono facilitare forme di cooperazione tra popoli di diversi contesti geografici e culturali, consentendo loro di approfondire la comune umanità e il senso di corresponsabilità per il bene di tutti". E dunque, raccomanda Papa Ratzinger, "ci si deve preoccupare di far sì che il mondo digitale, in cui tali reti possono essere stabilite, sia un mondo veramente accessibile a tutti".
I giovani colonizzino la Rete - Nel messaggio il Papa teologo si rivolge in particolare "ai giovani cattolici, per esortarli a portare nel mondo digitale la testimonianza della loro fede". "Carissimi - scrive ancora il Santo Padre - sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita". In proposito il testo ricorda che "nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli e i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano: come allora l'evangelizzazione, per essere fruttuosa, richiese l'attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell'intento di toccarne le menti e i cuori". Nello stesso modo, conclude Papa Ratzinger, "ora l'annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo".
Media on-line contribuiscano allo sviluppo di una Rete capace di rispettare la persona - "Coloro che operano nel settore della produzione e della diffusione di contenuti dei nuovi media non possono non sentirsi impegnati al rispetto della dignità e del valore della persona umana. Se le nuove tecnologie devono servire al bene dei singoli e della società, quanti ne usano - scrive Bendetto XVI - devono evitare la condivisione di parole e immagini degradanti per l'essere umano, ed escludere quindi ciò che alimenta l'odio e l'intolleranza, svilisce la bellezza e l'intimità della sessualità umana, sfrutta i deboli e gli indifesi".
Internet non porti ad una superficialità nei rapporti - Benedetto XVI conclude invitando i giovani a cogliere le grandi opportunità offerte da Internet ma chiede a tutti di "essere attenti a non banalizzare il concetto e l'esperienza dell'amicizia". Il rischio non è solo quello di favorire "passeggere, superficiali relazioni" che porterebbero a svilire il valore dell'amicizia che il Pontefice considera "un grande bene umano che sarebbe svuotato del suo valore, se fosse considerato fine a se stesso: gli amici devono sostenersi e incoraggiarsi l'un l'altro nello sviluppare i loro doni e talenti e nel metterli al servizio della comunità umana". Soprattutto occorre evitare il rischio dell'alienazione: "quando, infatti, il desiderio di connessione virtuale diventa ossessivo, la conseguenza è che la persona si isola, interrompendo la reale interazione sociale. Ciò finisce per disturbare anche i modelli di riposo, di silenzio e di riflessione necessari per un sano sviluppo umano. Sarebbe triste - scrive nel messaggio - se il nostro desiderio di sostenere e sviluppare on-line le amicizie si realizzasse a spese della disponibilità per la famiglia, per i vicini e per coloro che si incontrano nella realtà di ogni giorno, sul posto di lavoro, a scuola, nel tempo libero".
Il Papa ha la sua sezione video su YouTube - Proprio perché convinto dell'utilità e dell'importanza della Rete da mezzogiorno di oggi Papa Benedetto XVI è su Youtube, con una serie di videoclip messi a disposizione dai media vaticani. "Quello di oggi - si legge sul sito della Radio Vaticana - è un giorno che scrive una nuova pagina di storia per la Santa Sede".

(Fonte: Tiscali Notizie)

Bossi: Giusto dialogare con Pd

Roma, 23 gen. (Apcom) - Spiega di averglielo detto a Berlusconi: “Devi fare come me”. Umberto Bossi, leader della Lega, si gode il primo sì del Parlamento alla riforma federale, raccogliendo i frutti dell'impegno a far dialogare maggioranza e opposizione, e a Libero annuncia: il prossimo passo è il “federalismo demaniale”.
“Stretto dalla realtà - spiega il Senatùr - ho deciso di chiamare il Pd al ministero, da me”. Lì, aggiunge, “abbiamo lavorato punto per punto. Io ti do questo, tu mi dai quello”. Certo, ammette, “all’inizio perdi un po’ di tempo, poi capisci che è giusto così. È stato molto importante lavorare con la sinistra. Senza il loro aiuto eravamo ancora bloccati in commissione”. Insomma, le riforme si fanno con il dialogo: è questo lo strumento che il premier deve usare se vuole portare a casa quella della giustizia. “Deve provarci. È vero che il federalismo è una cosa che i cittadini volevano a tutti i costi” ma “spero lo faccia. Senza andare alle calende greche, a un certo punto bisogna decidere, ma io ci proverei”.
Incassato il sì, toccherà poi al ministro dell’Economia fare la sua parte. Con una “nuova battaglia”, quella sul “federalismo demaniale”. Ovvero, spiega Bossi, “ridare ai comuni tutte le proprietà che lo Stato si è preso”. Quanto ai conti sul federalismo, Bossi nega di aver inviato una lettera a via XX settembre: “Balle. Tremonti è un amico, mica ho bisogno di scrivergli le lettere, io”. Il titolare dell'Economia, d’altronde, “ha detto che lo farà. Comunque noi seguiremo tutto con molta attenzione per evitare che sia smontato da un’altra parte”.

giovedì 22 gennaio 2009

Finocchiaro: opposizione costruttiva

Roma, 22 gen. - (Adnkronos) - "Questo federalismo fiscale si iscrive in un quadro di scelte centralistiche del governo Berlusconi che lo infragilisce, eppure qualcosa di significativo è accaduto: dopo aver contribuito alla riforma del Titolo V, alla sconfitta del centrodestra nel referendum sulla sua riforma costituzionale, siamo stati una forza riformista che è stata a pieno titolo nella discussione di un testo che ha contribuito a capovolgere". Lo ha detto Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd, annunciando l'astensione del gruppo sul federalismo fiscale. Finocchiaro ha ricordato, fra l'altro, che c'era in origine un tentativo 'egoistico' delle regioni "di tenere sul proprio territorio tutta la ricchezza prodotta" e invece ora "abbiamo contribuito a determinare un modello di federalismo che può formare una nuova unità nazionale". Il capogruppo ha avvertito che "l'attesa non sarà paziente" rispetto alle risposte attese sull'impatto economico finanziario che Giulio Tremonti ieri non ha dato, mentre la Bicamerale per l'attuazione del federalismo "non ha poteri in più rispetto alle altre commissioni" e c'è il rischio di un "Parlamento disarmato" di fronte ai decreti attuativi che richiederanno alcuni anni per realizzare computamente il federalismo fiscale. "Abbiamo smontato il cliché dell'opposizione riottosa" che dice solo no, ha detto Finocchiaro rivolta al premier Silvio Berlusconi. "Non so se si replicherà sulla riforma della giustizia, ma la faccenda -ha specificato- dipende dal governo e dalla maggioranza. Da loro dipende la possibilità di costrtuire il consenso attorno alle grandi riforme che servono al Paese". Infine, un ringraziamento a chi nel gruppo si è speso particolarmente nei lavori di commissione e d'aula, il relatore Walter Vitali, ma anche al ministro Roberto Calderoli. Sul grazie al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le cui parole di fine anno "ci hanno rafforzato nelle scelte" e al presidente del Senato Renato Schifani, l'aula di palazzo Madama ha quindi applaudito in maniera bipartisan.

mercoledì 21 gennaio 2009

Letta: Contributo solidarietà da parlamentari

Roma, 21 gen. (Apcom) - Un "contributo di solidarietà" a carico dei parlamentari e dei redditi "alti" per finanziare una riforma degli ammortizzatori sociali. Lo ha proposto il ministro-ombra del lavoro Enrico Letta, parlando oggi a 'Unomattina'. Per Letta bisogna fare "subito la riforma degli ammortizzatori sociali. Lo diciamo da mesi e ora non c'è più tempo da perdere. Per finanziare questi nuovi strumenti di protezione nei confronti di chi, per colpa della crisi, perderà il lavoro o non vedrà rinnovato il proprio contratto parasubordinato, è fondamentale introdurre un contributo di solidarietà da prelevare dai redditi pari e superiori a quelli dei parlamentari, ovviamente questi ultimi compresi. Certo, questo intervento, da solo, non sarà sufficiente e altri finanziamenti andranno previsti. Ma un segnale immediato di solidarietà è comunque necessario".

Federalismo: Pd dalla parte dei sindaci

(ASCA) - Padova, 21 gen - ''Stiamo dalla parte dei sindaci: il governo sta pesantemente sottovalutando la questione''. Paolo Giaretta, senatore e segretario del Partito Democratico veneto, ritiene legittima la protesta dei Comuni veneti contro la politica del governo, che in tema di federalismo fiscale e valorizzazione delle Autonomie Locali ''sta dimostrando una drammatica incoerenza tra le parole e i fatti''. E aggiunge: ''La maggioranza che governa questo Paese, a questo punto, deve dare una prova concreta che crede al federalismo. Evidenze finora non ce ne sono: infatti, a fronte di un disegno di legge sul federalismo vago e a lunghissimo termine, il governo ha messo in campo misure, queste sì molto concrete e di immediata applicazione, che privano le Autonomie locali virtuose di spazi di manovra e di risorse e premiano invece i comportamenti inefficienti come è successo con Roma e con Catania''. ''Noi offriamo alla maggioranza due occasioni per dimostrare che la sua ambizione di realizzare in questo Paese un vero sistema federale e' credibile - conclude Giaretta - Come parlamentari veneti abbiamo presentato due emendamenti: uno al disegno sul federalismo con cui chiediamo di introdurre da subito l'attribuzione del 20% del gettito Irpef ai Comuni e l'altro al decreto anti-crisi con cui chiediamo la soppressione della norma che esenta Roma dal rispetto del patto di stabilita' per due anni. La destra sostenga le nostre proposte, dia una prova che vuole con i fatti, non solo a parole, fare il federalismo nel nostro Paese''.

martedì 20 gennaio 2009

Obama: Veltroni, il mondo cambia

“Il mondo cambia, perché c’è un Presidente di una generazione nuova ed un Presidente nero. E’ la dimostrazione del valore e dell’importanza che può avere la politica quando si nutre di ambizioni forti. Solo 45 anni fa Martin Luther King dal Mall di Washington, dove ieri si è svolto il concerto per salutare l’elezione di Barack Obama, sperava che un giorno bambini bianchi e neri avrebbero potuto darsi la mano. Oggi c’è un Presidente nero, il primo Presidente nero, eletto dalla maggioranza degli americani”. Lo afferma Walter Veltroni in una intervista al Tg1. Alla domanda su cosa possa cambiare per la sinistra europea, Veltroni risponde: “Si apre un ciclo nuovo, un ciclo fatto di valori nuovi ed idee nuove. Naturalmente il Presidente Obama comincia il suo lavoro nel momento più difficile della storia degli Stati Uniti e probabilmente anche della storia del mondo dal dopoguerra in poi. Dovrà dunque misurare la portata del suo disegno di cambiamento profondo con la durezza di una condizione strutturale della società Usa molto difficile”.

(Fonte: La Repubblica)

lunedì 19 gennaio 2009

1919, la riscossa dei cattolici

«A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini supremi della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà». Parole scritte la sera del 18 gennaio 1919 e rese pubbliche il giorno dopo. Novant’anni fa. Una indisposizione aveva obbligato don Luigi Sturzo a non muoversi dall’albergo di santa Chiara a brevissima distanza da Montecitorio. Quindi, in una stanza dell’albergo, anziché nella sede ufficiale di via dell’Umiltà 36, dove si riuniva la 'piccola costituente' incaricata di dar vita alla nuova formazione politica, il Partito Popolare, nasceva l’appello. Questo poneva fine alla lunga traversata dei cattolici italiani: dall’opposizione intransigente allo Stato liberale nato dal Risorgimento alla accettazione piena della democrazia. Con il Partito Popolare veniva di fatto accantonata la 'questione romana'; era superato il 'non expedit' che fino alla Grande Guerra aveva bloccato una partecipazione organizzata dei cattolici alle elezioni politiche. Nasceva un partito che avrebbe scompaginato regole, norme, tradizioni che fino ad allora, soprattutto nel decennio giolittiano e nel tormentato ed inquieto periodo postbellico, avevano segnato la classe politica del Paese. Per lo storico Federico Chabod era «il più importante evento politico nella storia italiana del XX secolo». Quello che novant’anni fa si presentava sulla scena del Paese era infatti un partito laico, non clericale, anche se aveva le sue radici e la gran parte dei suoi consensi nelle tante realtà del mondo cattolico italiano. La fedeltà all’ispirazione cristiana non alterava l’impegno politico ma rendeva il partito consapevole ­come avrebbe sottolineato Pietro Scoppola - che «la società è prima dello Stato e che nella società si esprime liberamente l’esperienza religiosa che alimenta lo spirito democratico». Il Partito Popolare era un partito non ideologico, nella realtà civile, economica, sociale del tempo segnato da una ideologizzazione spinta in presenza di un socialismo marxista e rivoluzionario e di un crescente nazionalismo esasperato che si scontravano, anche con la violenza, per arrivare al potere in un Paese carico di tensioni, nel quale erano messi in discussione quei principi di libertà e di giustizia che la crisi evidente dello Stato liberale non riusciva più a garantire per tutti gli italiani. Il Partito Popolare si rivolgeva ai cittadini - e questa era una discontinuità evidente - con un preciso programma articolato in dodici punti ( spaziavano dalla «integrità della famiglia» alla organizzazione della Società delle nazioni) frutto di una riflessione politica che Sturzo aveva avviato già nel 1905 con il discorso di Caltagirone (la città dove era prosindaco) nel quale aveva sottolineato l’esigenza «di un partito autonomo, libero e forte, che si avventuri nelle lotte della vita nazionale». E non è un caso che i due aggettivi si ritrovino nell’appello del 1919. Ma la costituzione del Partito Popolare conglobava e superava tutto il lungo travaglio che sul piano storiografico è stato ampiamente affrontato nelle sue varie tappe, anche quelle contraddittorie, che avevano caratterizzato il movimento cattolico. Dentro la sua realtà c’erano i punti del 'programma di Torino' del 1899, la crescente incisiva presenza nel governo di Comuni e Province, nelle leghe bianche, nelle casse rurali, nelle cooperative, la Democrazia Cristiana di Romolo Murri e la Lega democratica di Eligio Cacciaguerra; i cattolici deputati eletti nel 1904 (il primo parzialissimo strappo al 'non expedit'), il Patto Gentiloni del 1913, cioè l’alleanza tra 'clericali' e liberali che aveva registrato il netto dissenso di Sturzo (nel discorso di Caltagirone aveva invitato i cattolici ad essere «o sinceramente conservatori o sinceramente democratici»). Era stato, quello dei cattolici, un cammino nelle istituzioni che si sarebbe concluso con la Grande Guerra e che avrebbe portato alla nascita del Partito Popolare. Il 17 novembre 1918, Sturzo aveva pronunciato a Milano un organico discorso sui «problemi del dopoguerra» nel quale era contenuta la costituzione di un partito di ispirazione cristiana, diffuso su base nazionale, ma in uno Stato fortemente regionale, quasi al limite del federalismo. Poche settimane dopo, l’appello «ai liberi e forti» avrebbe reso pubblico il programma di un partito nuovo fondato sul personalismo, sul riconoscimento pieno delle autonomie, sui valori della sussidiarietà e della solidarietà, sulla costruzione dell’Europa unita. Parole e temi inusuali e non apprezzati allora e che in parte spiegano la breve vita del Partito Popolare (comprensiva anche di alcune sue valutazioni errate) e che oggi ritroviamo, più o meno condivisi o distorti, nel dibattito politico. La storia del Partito Popolare, legata ad «un prete intrigante», come Mussolini avrebbe definito Sturzo, non è stata inutile. Nella crisi attuale della politica forse ha ancora qualcosa da dire ai cattolici e ai laici. Qui a destra i partecipanti al Congresso del Partito popolare italiano del 1920 a Napoli: in primo piano seduto don Luigi Sturzo, in piedi sulla destra Alcide De Gasperi. Sulla sinistra don Sturzo.
di Antonio Airò
(Fonte: Avvenire 15/01/2009)

domenica 18 gennaio 2009

Veltroni: Sturzo, riferimento per il Pd e il Paese

Caltagirone, 18 gen. (Adnkronos) – “Don Sturzo è uno dei grandi riferimenti non solo per il Pd ma anche per il paese intero. C’è da riflettere a partire da Sturzo sull’idea del federalismo, sull’idea di un paese che si governa non solo dal centro ma anche dalle città”. Lo ha detto Walter Veltroni, oggi a Caltagirone in provincia di Catania dove ha partecipato ad un convegno sul federalismo in occasione del 90° anniversario dell’appello “Agli uomini liberi e forti” di don Luigi Sturzo.
“La sua idea di federalismo - ha proseguito il leader del Pd- era molto concentrata sui comuni e sui momenti di governo più prossimo dei cittadini”. “Siccome è un momento molto difficile per l’Italia, un momento di crisi molto grave che secondo me il governo sta sottovalutando, l’idea di dire che il paese può riprendere a partire dalle sue esperienze locali - ha concluso Veltroni - è, per me, l’idea giusta”.

venerdì 16 gennaio 2009

Navarro-Valls: Il ruolo della sinistra

Da Joaquim Navarro Valls, già addetto stampa di Papa Giovanni Paolo II, un contributo significativo al dibattito sulla e nella “sinistra”. Il contributo è stato pubblicato dal quotidiano La Repubblica.

di Joaquín Navarro-Valls

Oggi la retorica del disordine è divenuta realmente una nuova forma di totalitarismo. Abbiamo tutti davanti agli occhi l'immagine di una realtà sociale non più uniforme e omogenea, come si presentava fino a qualche tempo fa, ma contornata da un insieme variegato di aspetti, tendenze e interessi individuali in conflitto. E’ la vittoria di un principio anarchico non voluto, ma desiderato inconsciamente e con perseveranza da tutti per lungo tempo. Basta riflettere sul fatto che l’emancipazione è stata una delle spinte dominanti dei movimenti rivoluzionari del XIX secolo, per riconoscere come una vittoria finale della sinistra quella cui assistiamo in questo primo squarcio di millennio. Benedetto Croce ha parlato profeticamente, quasi un secolo fa, dell’Europa come di un continente lacerato dalla lotta tra libertà e autorità. Attualmente è facile intravedere, anche da questo lato, la vittoria schiacciante degli ideali della sinistra su tutti gli altri. Nel panorama contemporaneo il mondo, e non solo l’Europa, è rapidamente mutato. Anzi, si dovrebbe dire che l’eccezionalità del passato è finita per sempre. Senza grandi rimpianti, a dire il vero. La società odierna ha i pregi e i difetti opposti rispetto alla precedente: manca d'ordine, laddove ce n’era fin troppo, e ha troppa imprevedibilità, laddove non ce n'era quasi per niente. Anche per questo, è urgente ripensare la categoria politica realmente al centro di tutto il complesso sviluppo storico che stiamo vivendo, ossia l’idea di sinistra. La prima osservazione da fare al riguardo è il riconoscimento che la visione del mondo progressista indubbiamente esce vincente dal Novecento. Se mettiamo da parte la sconfitta della dittatura sovietica, infatti, il modo di vivere è molto più di sinistra adesso di quanto avrebbe potuto sperare un rivoluzionario della fine dell’Ottocento: vi sono libertà, diritti, prerogative economiche diffuse, un tempo inimmaginabili, e, sia pure forse più formalmente che altro, non esistono discriminazioni celebrate pubblicamente e imposte dallo Stato, almeno in Occidente. Se ciò non ci soddisfa molto è perché riteniamo che tutto questo sia il volto ambiguo della modernità, e non un lascito positivo della sinistra. Se il disegno si è avverato, tuttavia, è perché l’attuale politica internazionale, nonché la stessa diarchia destra e sinistra, appartiene a quanto per natura è espressione del progresso e delle riforme sociali. Per definire la sinistra si deve partire da qui, ovvero dal fatto considerevole che conservatori e riformisti sono oggi due movimenti figli di un’unica ideologia moderna, i quali si contrappongono internamente, si fronteggiano disperatamente, e positivamente salvaguardano insieme la democrazia da nuove e vecchie fughe totalitarie, siano esse di natura reazionaria o rivoluzionaria. Malgrado l’appartenenza reciproca al medesimo presupposto individualistico, permane però un duplice modo d’intendere la libertà. Una cosa è constatare l’agire dei singoli senza riuscire a coniugarlo in alcun modo con una prospettiva comune; e altra cosa è pensare l’agire di tutti come un processo mosso e diretto verso un fine comune. E’ questa la vera grande discriminante che può separare oggi la politica di sinistra delle altre opzioni. Se, infatti, l'unico criterio che può guidare l’azione individuale è soltanto la combinazione degli interessi esistenti, il compito della politica non può essere altro da quello di amalgamare la molteplicità delle azioni individuali all'interno di una mera gestione pragmatica delle motivazioni. E questa è la vera convinzione che ispira la nuova destra, praticamente dappertutto, ossia il pragmatismo e l’utilitarismo libertario. Se, al contrario, la combinazione degli interessi individuali deve trovare un fine, uno scopo comune e generale, allora il ruolo della politica non resta soltanto quello di indirizzare al meglio i fattori stimolanti, ma diventa quello di introdurre e imprimere una forma perfetta e complessiva alle azioni e agli interessi degli individui. In questa direzione, appare evidente il marchio volontarista della sinistra, nonché la sua disposizione essenzialmente etica e la sua distanza di ogni forma di utilitarismo. Rimane, perciò, molto importante ribadire con forza il portato etico della sinistra rispetto al pragmatismo della destra - nonché il comune orizzonte liberale delle due scelte -, distinguendolo da ogni forma surrettizia di perbenismo. Da tempo ormai è riemersa una discussione sulla celebre “questione morale”, un’impostazione della sinistra italiana i cui effetti sarebbero stati proprio la tendenza giustizialista. In realtà, invece, l'ispirazione etica della sinistra dovrebbe essere ben altra dall'infausto rigorismo. Il punto è che l’esistenza della sinistra oggi, specialmente nei paesi emergenti, s’identifica regolarmente con la consapevolezza della comune espansione individuale delle libertà, oltre che con l’attuazione di un’idea universale di umanità che deve crescere all’interno delle diverse società, mediante il contributo necessario, coraggioso e diretto dell’azione politica. Tommaso d’Aquino aveva intuito benissimo questo fattore originale della politica, tanto che all’inizio del De regimine principum aveva osservato che il bene comune, vero fine dell’azione di governo, nasce non dal libero gioco degli interessi individuali, ma dall'esistenza tangibile di un’autorità comune. La sua definizione non si discosta quasi per niente - e per questo l'ho menzionato qui - dalla descrizione che Hegel fa della società civile e dello Stato nei Lineamenti di filosofia del diritto. Quello che possiamo ricavare, in definitiva, da questa inusitata convergenza d'interpretazioni è che fin quando la sinistra rincorrerà vecchi miti utopistici, esistenti solo nella mente dei loro teorizzatoci, il potere rimarrà in mano al pragmatismo e all’utilitarismo della destra; mentre se riuscirà a scoprire l’autentico motivo volontaristico ed etico dei suoi ideali, non potrà non imporsi di nuovo come risorsa dinamica e positiva per i cittadini.

(Fonte: La Repubblica, 13 gennaio 2009, pag. 26)

giovedì 15 gennaio 2009

Acli: "No a tariffario su cittadinanza"

Roma, 15 gennaio 2009 - «Non si può trasformare la politica per immigrazione in un listino prezzi». Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani esprimono attraverso la voce del presidente Andrea Olivero la propria contrarietà a quanto approvato e ancora va discutendosi in Senato in tema di sicurezza e immigrazione.
«Dopo il "contributo" annunciato sul permesso di soggiorno - dice Olivero - abbiamo visto approvare la tassa di 200 euro per "l'acquisto" della cittadinanza. Salutata da parte di alcuni addirittura come rivoluzione culturale. A noi pare piuttosto una regressione, come ebbe a dire mesi fa autorevolmente il cardinale Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale. Un tempo la cittadinanza era un valore, un diritto, ora ha un prezzo. Abbiamo da oggi un tariffario sulla cittadinanza e l'integrazione».
Le Acli ricordano che già ora la richiesta di un permesso costa al singolo cittadino straniero oltre 70 euro. Permesso che l'amministrazione riesce a rilasciare «in tempi biblici - denuncia Olivero - mai meno di un anno e spesso di più, lasciando la persona in una situazione di costante precarietà».
Contrarietà delle Acli all'introduzione del reato di immigrazione e soggiorno clandestino. «Indignazione» per l'ulteriore provvedimento che prevede la possibilità data al medico di turno al Pronto Soccorso di denunciare alle autorità il cittadino straniero non legalmente presente che ad esso si rivolge per essere curato. Ancora critiche per la proposta del "permesso di soggiorno a punti" che assimila uno strumento normativo che ratifica un diritto ad un concorso a punti.
«Quello che più colpisce - conclude il presidente Olivero - è che a fronte di una serie di misure che vorrebbero contrastare la clandestinità per garantire la sicurezza, si rende più difficile e complicata la vita di coloro che vivono in Italia regolarmente, senza prevedere per loro nessuna politica d'integrazione. Ma senza integrazione, lo abbiamo detto più volte, non c'è sicurezza».

mercoledì 14 gennaio 2009

Cei contro la tassa per gli immigrati

Città del Vaticano - Dure critiche della Cei contro la discussa tassa voluta dalla Lega che chiede un contributo agli immigrati per il rinnovo del permesso di soggiorno, nei confronti della quale anche Silvio Berlusconi ha espresso nei giorni scorsi contrarietà. Per l'associazione della Conferenza episcopale italiana "Migrantes" si tratta di una misura "inaccettabile". "Una tassa che è meglio definire balzello verso una categoria già poco tutelata", ha detto monsignor Gianromano Gnesotto, responsabile per le politiche migratorie della Migrantes. "Fantasie di questo genere penalizzano ulteriormente gli immigrati che, con impegno e con notevoli sforzi, cercano di integrarsi", ha detto Gnesotto durante la presentazione della giornata mondiale delle migrazioni (18 gennaio) alla sede di Radio Vaticana. "E' un passo indietro - ha proseguito il presule - servono politiche di integrazione con mentalità aperta e intelligenza". Gnesotto ha anche criticato la proposta avanzata dalla Lega di prevedere l'obbligo di denunciare gli immigrati irregolari per i medici ai quali essi si rivolgono. "Il diritto alla salute è fondamentale e va garantito a tutti senza preclusioni o invenzioni", ha detto l'esponente della Migrantes. "Non si può far svolgere ai medici compiti, quale la delazione, che non vogliono nè possono svolgere come se fossero gendarmi", ha detto, aggiungendo che la proposta leghista sarebbe anche in conflitto con l'articolo 32 della Costituzione sulla tutela della salute per la collettività. "Ci auguriamo che questo emendamento non passi", ha detto. L'Italia "ha bisogno, ha avuto bisogno e avrà bisogno anche in futuro" degli immigrati" ha aggiunto Gnesotto. "Nell'attuale congiuntura economica probabilmente ci sarà bisogno di maggiore flessibilità anche per quanto riguarda la domanda di immigrati", ha affermato il presule rispondendo ad una domanda dei giornalisti. "Non ci si può dimenticare che gli immigrati occupano settori di fatto lasciati scoperti dagli italiani. Non si trovano italiani volenterosi che si accollano 12 o 24 ore di assistenza nelle famiglie o che accettano di entrare nelle acciaierie o di fare lavori gravemente penalizzanti per la salute", ha concluso monsignor Gnesotto.

(Fonte: La Repubblica, 14 gennaio 2009)

Medio Oriente: Il Pd invita al dialogo

(ASCA) - Fare capire che la forza non può risolvere la crisi mediorientale e riportare la politica al centro del complesso problema che influenza il quadro internazionale: per farlo occorre un cessate il fuoco, subito, nella striscia di Gaza ma anche incoraggiare e sostenere i moderati all'interno del popolo palestinese e del mondo arabo. Questa l'indicazione venuta dal convegno del Pd sul Medio Oriente a cui sono intervenuti tutti i leader del Partito Democratico con un confronto diretto anche tra israeliani e palestinesi con gli interventi dei rispettivi ambasciatori. A indicare il sostegno ai moderati palestinesi come chiave di volta per cercare una soluzione che porti alla pace sono stati con parole simili sia il segretario Walter Veltroni sia Masimo D'Alema. Negli otto anni di presidenza di Bush si è rafforzata la convinzione -ha detto Veltroni- che ''la forza potesse sostituire la politica'': un errore di prospettiva e strategico che nell'area mediorientale si è tradotto in un rafforzamento di quell'estremismo che si voleva isolare ed eliminare. ''Talvolta -ha sottolineato Veltroni facendo l'esempio della guerra nei Balcani- la politica ha bisogno della forza, ma è la politica che usa la forza e non il contrario. Ecco noi oggi dobbiamo riportare la politica al centro e mi auguro che la nuova amministrazione americana voglia scegliere questa strada. Mi auguro che si proponga di riportare ad un tavolo di confronto israeliani e palestinesi''. Veltroni ha anche invitato a tenere presente che tra le difficoltà della regione c'è la particolare situazione di Israele, ''un paese che si sente ed è assediato''. Di fronte alla ''grandissima inquietudine e angoscia per il conflitto'' per Veltroni, oltre a lavorare per un cessate il fuoco è essenziale ''sollecitare il dialogo tra le forze moderate''. E in quest'opera una particolare cura va riservata a Israele perché segua ''la via dell'attenzione alle forze moderate all'interno del popolo palestinese con cui aprire il dialogo''. Per il segretario Pd sono poi necessari ''aiuti umanitari'' internazionali e la presenza di una ''forza internazionale'' sul modello di quella dispiegata in Libano.Giusta è stata defginità l'indicazione dell'ambasciatore israeliano perché l'Europa sia equidistante (''Non si deve schierare''). ''Vale anche per gli stati -ha detto Veltroni- e vale anche per lo stato italiano che fino ad oggi è rimasto in silenzio''.

martedì 13 gennaio 2009

Gaza: Il coraggio di Suor Irene

La suora italiana vive da 30 anni nel campo profughi di Shate

Gerusalemme, 13 gen. (Apcom) - Lontana dalle telecamere alla costante ricerca di storie particolari nella Gaza travolta dall’offensiva israeliana contro Hamas, suor Irene Vergani, 77 anni, di origine lombarda, vive la sua vocazione religiosa dedicando l’esistenza ad aiutare il prossimo. La guerra la tiene in ansia ma non al punto da indurla ad abbandonare Gaza, martoriato lembo di terra palestinese dove ha scelto di vivere più di 30 anni fa.Domani, se non ci saranno cambiamenti dell’ultima ora, l’ambasciata americana a Tel Aviv approfitterà di un corridoio umanitario concesso dalle forze armate israeliane ed evacuerà i cittadini statunitensi ancora a Gaza. Le autorità italiane potrebbero utilizzare questa opportunità per consentire l’eventuale evacuazione della suora e di altri nostri connazionali presenti nella Striscia: due medici, Marco Balden e Mauro Dalla Torre, entrambi della Croce Rossa, e un pacifista Vittorio Arrigoni impegnato come volontario presso un ospedale di Gaza city. Ma se i medici e il pacifista, con ogni probabilità, rimarranno a Gaza per continuare ad assistere la popolazione civile palestinese, l’anziana religiosa ha detto oggi ad Apcom di avere motivi “altrettanto validi” per non lasciare la Striscia.“Questa è la mia gente - ha spiegato suor Irene - c’è bisogno di dare conforto a tante persone in questo momento così difficile. Il mio compito perciò è di rimanere qui, con coloro che soffrono, e con l’aiuto della preghiera contribuire alla fine della guerra”.La suora italiana fa parte delle “Piccole Sorelle di Gesù”, seguaci di padre Charles De Foucauld, avendo per unico modello di vita Gesù Cristo, si assumono il compito missionario di vivere in mezzo alla gente più umile del mondo.Suor Irene perciò abita nel campo per rifugiati di Shate, sul lungomare di Gaza, dove, fatto raro nei Territori, risiedono anche alcune famiglie di fede cristiana, discendenti di palestinesi costretti ad abbandonare i loro villaggi durante la guerra arabo-israeliana del 1948 e a cercare riparo a Gaza. A Shate, peraltro, c’è l’abitazione del premier di Hamas, Ismail Haniyeh, ora nascosto in un bunker in una località segreta per sfuggire ai raid israeliani.“Il mio posto è qui a Gaza. I miei amici e i miei vicini sono molto contenti di vedermi qui con loro e io continuerò a far parte della loro vita” ha concluso la religiosa.

lunedì 12 gennaio 2009

Bersani: Governo sottovaluta gravità crisi

Firenze, 12 gen. (Adnkronos) - “Il governo sta sottovalutando la crisi. Usciremo da questa crisi se lavoriamo con realismo e fiducia e se il governo interviene, cosa che non sta facendo”. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico del governo ombra del Pd, parlando con i giornalisti a Firenze a margine del convegno “Riflessioni sulla Toscana di domani” organizzato dal Consorzio Toscano Cooperative.
“Occorrono forti ammortizzatori, e noi non siamo attrezzati, e poi bisogna chiedere agli industriali che cosa serve per investire in innovazione. Se invece di fare i decreti pressoché inutili -ha aggiunto Bersani- il governo facesse di più, almeno avremmo la possibilità di reagire perché il nostro sistema industriale è sostanzialmente solido".
“La chiusura dell'Iris è un fatto che fa riflettere”, ha affermato Bersani parlando della storica azienda di piastrelle di Sassuolo.

ALITALIA: BERSANI, TEDESCHI HANNO RESTITUITO IL CUCU' A BERLUSCONI
Firenze, 12 gen. (Adnkronos) – “I fatti si stanno chiarendo. I tedeschi hanno restituito il cucù a Berlusconi”. Lo ha detto Pierluigi Bersani, ministro dello Sviluppo economico del governo ombra del Pd, commentando la firma dell'accordo tra la nuova Alitalia e Air France. “Si è chiuso con Air France, facciamo gli auguri alla nuova compagnia, ma ci rimane il problema che si spendono tra i 3 e i 4 mld di euro per avere meno occupazione, meno voli interni, meno scambi internazionali e minore concorrenza. Mi pare che il governo su questo non abbia risposte da dare”, ha aggiunto Bersani parlando con i giornalisti a Firenze a margine del convegno "Riflessioni sulla Toscana di domani".
“E’ stata un’operazione irresponsabile, impostata per esigenze elettorali -ha aggiunto Bersani a proposito di Cai- non c’è solo il problema di Malpensa ci sono i problemi dei lavoratori, dei tanti aeroporti minori che avranno meno collegamenti... Ora bisogna lavorare per limitare i danni e per fare in modo che Air France investa più dei 300 milioni previsti e per permettere al sistema Italia di avere risposte migliori”.
Riguardo alle agitazioni in atto e a quelle annunciate dai lavoratori, Bersani ha osservato: “spero che le agitazioni non coinvolgano gli utenti e che il confronto si svolga ai tavoli giusti per chiudere almeno le vertenze più dolorose”.

Unicef Italia: Grazie a Veltroni

Roma, 12 gen. (Apcom) - Vincenzo Spadafora, presidente dell'Unicef Italia, ringrazia il segretario del Pd Walter Veltroni per la scelta di sostenere le iniziative dell'associazione dedicate alla raccolta di aiuti umanitari in favore dei bambini di Gaza.
"Credo sia rilevante sottolineare come con questo gesto - scrive Spadafora in una nota -, il mondo della politica superi qualsiasi steccato o divisione e lanci un segnale concreto di solidarietà cui spero si uniranno amministratori locali, associazioni e tutti i cittadini desiderosi di contribuire ad alleviare le sofferenze dei tanti bambini colpiti dalle violenze della guerra. Mi auguro inoltre che anche altri partiti seguano questa buona pratica".

Israele: anche fosforo nelle bombe

[Scelto per voi] di RACHELE GONNELLI - L'Unità
«Sono bombe fumogene, ma un pò di fosforo nelle munizioni c'è». È questa la prima ammissione, arrivata lunedì da una fonte israeliana citata dalla Radio svizzera italiana, sull’uso di bombe al fosforo bianco. La fonte non ha fornito informazioni sulla quantità di fosforo bianco presente nelle munizioni usate da Israele. Il direttore dell'ospedale Dar al-Shifa di Gaza, il dottor Hussein Ashour, ha assicurato che la natura delle ferite riscontrate sui corpi di alcuni morti e feriti che vengono ricoverati nel suo ospedale non sono di tipo "tradizionale". Secondo il dottor Ashour, un suo collega norvegese - Dagfinn Bjorklid - impegnato nello stesso ospedale, e che in precedenza aveva lavorato in Iraq, gli avrebbe confidato che, a suo parere, le ferite riportate dai pazienti ricoverati dimostrerebbero chiaramente come l'esplosivo utilizzato in questi giorni da Israele negli attacchi su Gaza contengano sostanze cancerogene. Bombe "sporche", armi chimiche proibite dalla Convenzione di Ginevra contro la popolazione, come il fosforo bianco. Domenica anche l'organizzazione umanitaria “Human Rights Watch” ha accusato le forze israeliane di avere fatto uso di munizioni al fosforo bianco. Hrw ha denunciato, nel suo rapporto, che l'uso del fosforo bianco è stato accertato dai suoi ricercatori nel corso dei bombardamenti del 9 e 10 gennaio scorso su alcuni quartieri di Gaza, come il campo profughi di Jabaliya. La città di Gaza ha vissuto una notte che non ha avuto precedenti neppure in queste due settimane di aggressione israeliana, iniziata il 27 dicembre scorso: i bombardamenti sono stati incessanti, con aerei cacciabombardieri F16, elicotteri d'assalto "Apache", aerei senza pilota - i droni -, artiglieria pesante da campagna e cannoni navali. E domenica nel cielo di Gaza e Jabalya sono tornate anche le strisciate nel cielo delle caratteristiche bombe al fosforo bianco simili a macabri fuochi d’artificio. Le truppe, alle quali sono stati affiancati anche i riservisti da ieri, sembra stiano sferrando l’ultima accelerata per penetrare nel centro di Gaza dove si sono rifugiati gli abitanti in fuga dai quartieri più periferici. Gli aerei israeliani hanno lanciato migliaia di volantini sulle strade di Gaza City per avvertire che le case devono essere abbandonate perchè potrebbero essere bersagliate dalle bombe, ma gli abitanti non possono fuggire in nessun altro luogo e il centro di Gaza City rischia di diventare una trappola per topi e il bagno di sangue finale. Secondo il dottor Mouawiya Hassanein, i morti lunedì sono già 905 dopo il decesso di 15 palestinesi in mattinata. Tra le vittime, ha detto il medico, ci sono 277 bambini, 95 donne e 92 anziani. Inoltre gli attacchi israeliani, cominciati il 27 dicembre, hanno provocato il ferimento di 3.950 palestinesi.Durante la pioggia di bombe di domenica sulla frontiera con la Striscia di Gaza alla ricerca dei tunnel nei quali passano rifornimenti e munizioni per Hamas sono rimasti feriti anche due ufficiali delle forze di sicurezza egiziane che si trovavano presso la linea di confine. I due ufficiali sarebbero rimasti colpiti dalle schegge di alcuni missili impiegato nel bombardamento effettuato dalle forze israeliane lungo il versante palestinese del confine. Il bombardamento ha anche causato il ferimento di due bambini egiziani: una bambina di 5 anni, Fatima Attiya, ed un bimbo di 2, Muhammad Galal: entrambi vivono nella città egiziana di Rafah (tagliata a metà dalla linea di confine, ndr) ed inoltre ha danneggiato numerose abitazioni; gli obiettivi del bombardamento israeliano erano a soli 400 metri dal confine egiziano. Lo riferiscono i giornali egiziani.L'organizzazione fondamentalista egiziana dei Fratelli Musulmani - semilegale in Egitto e “organizzazione madre” di Hamas - ha chiesto alla Corte penale internazionale di processare il governo israeliano per crimini di guerra. Il movimento radicale ha inoltre invitato i giuristi arabi e islamici e le associazioni internazionali di avvocati a mobilitarsi per far processare Israele per aver violato tutte le convenzioni internazionali sui conflitti e la protezione dei civili.Ma anche il governo del Marocco ha condannato con fermezza la guerra israeliana nella Striscia di Gaza, in un messaggio indirizzato al Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra, durante la sua nona sessione straordinaria sulla situazione a Gaza. Rabat ha denunciato l'uso sproporzionato della forza da parte di Israele e ha espresso la sua solidarietà ai civili di Gaza.Dopo i razzi partiti dal territorio libanese contro Israele nei giorni scorsio, l'esercito israeliano ha denunciato che le sue truppe dislocate nelle Alture del Golan avrebbero subito ieri il tiro di armi leggere proveniente dalla Siria, ma senza che si registrassero feriti. L'incidente è stato subito riferito al contingente Onu schierato sulla linea dell'armistizio sin dal termine della Guerra del Kippur del 1973. L'uccisione di civili e di bambini, è la convinzione di Massimo D'Alema in una intervista di lunedì a Redtv, «avrà un enorme peso politico perchè quello che sta accadendo a Gaza dal punto di vista del fondamentalismo è uno straordinario incoraggiamento ad una campagna di reclutamento in una logica di un guerra santa all'Occidente». L'ex vice premier ribadisce la sua «avversione contro il fondamentalismo di Hamas» ma «il problema non è Hamas perchè noi non siamo alleati di Hamas. Il problema è cosa fa l'Europa, gli Stati Uniti e Israele per non fare il gioco del fondamentalismo che uscirà rafforzato mentre saranno indebolite le leadership moderate». «Guerra contro Hamas è un'espressione partigiana dell'esercito israeliano - ha detto l’ex ministro degli esteri italiano - Si tratta di una vera e propria spedizione punitiva dove sono stati uccisi già circa 300 bambini. Come si combatte il fondamentalismo? Con il massacro di bambini il fondamentalismo si rafforza».Lunedì in Egitto prosegue la mediazione triangolare tra Hamas e Israele con per intermediario Omar Suleiman, capo dei servizi segreti egiziani. Il governo egiziano ritiene che sianoi stati compiuti progressi nei colloqui con Hamas, secondo quanto riferito dall'agenzia ufficiale Mena. In particolare viene definito «positivo» l'incontro tra il capo dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman, e la delegazione di Hamas al Cairo. L’agenzia Mena cita fonti del governo. Suleiman nell'incontro di ieri ha ribadito i punti chiave della proposta avanzata dal presidente egiziano Hosny Mubarak: immediato cessate il fuoco, nuova tregua con Israele e riconciliazione tra Hamas e Fatah, il movimento del presidente di Anp Mahmoud Abbas. Dovrebbero proseguire oggi i colloqui al Cairo tra Suleiman e la delegazione di Hamas guidata da Emad al-Alami e da Mohammed Nasr.

(Fonte: L'Unità, 12 gennaio 2009)

sabato 10 gennaio 2009

A Gaza violazione dei diritti umani

ROMA (zenit.org) - Le organizzazioni cattoliche hanno scritto al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra per chiedere un'indagine sulle violazioni commesse da entrambe le parti nel conflitto che oppone israeliani e palestinesi.
In un comunicato inviato a ZENIT, Caritas Internationalis, Dominicans for Justice and Peace, International Young Catholic Students on peace-building e Pax Romana sottolineano come la crisi attuale abbia peggiorato la già drammatica situazione dei diritti umani per i civili innocenti.
Caritas Gerusalemme ha affermato che i suoi programmi umanitari e le operazioni mediche a Gaza sono stati seriamente compromessi dall'inizio dei bombardamenti israeliani.
La dichiarazione congiunta delle organizzazioni cattoliche esorta tutte le parti a difendere la vita dei civili e a rafforzare il Diritto umanitario internazionale.
Il responsabile Caritas delle delegazione internazionale a Ginevra, monsignor Robert J. Vitillo, ha rivelato che si sta esortando il Consiglio per i Diritti Umani “a compiere un'indagine e a valutare le violazioni dei diritti umani e la situazione umanitaria a Gaza e in Israele”.
“Stiamo esortando Israele a porre fine alla punizione collettiva indiscriminata della popolazione civile a Gaza e a fermare l'eccessivo uso della forza. Stiamo anche esortando Hamas a porre fine ai suoi attacchi missilistici illegali contro i civili israeliani”.
Le organizzazioni cattoliche dichiarano che è necessario un immediato cessate il fuoco per far sì che gli aiuti umanitari possano entrare a Gaza.
“Il cessate il fuoco di tre ore è un primo passo, ma non è sufficiente a portare l'assistenza umanitaria richiesta a ciascuno”, ha osservato monsignor Vitillo.
Secondo le organizzazioni, la comunità internazionale deve usare tutta la sua influenza per assicurare una protezione effettiva delle popolazioni civili a Gaza e in Israele – soprattutto dei più vulnerabili – in base al Diritto internazionale e favorire tutte le discussioni che possano portare a una soluzione giusta e duratura.

Caritas Internationalis è una confederazione di 162 organizzazioni cattoliche di aiuto, sviluppo e servizio sociale presente in più di 200 Paesi e territori.
Pax Romana è un'associazione internazionale di professionisti e intellettuali cattolici composta da federazioni, gruppi e individui presenti in 80 Paesi.
Dominicans for Justice and Peace riunisce le attività dei Domenicani che si impegnano in favore dei poveri e del peacemaking.
L'International Young Catholic Students (IYCS) riunisce, invece, 85 movimenti nazionali di studenti di scuole secondarie e università di sette regioni continentali, occupandosi in particolare di questioni che interessano la gioventù, di educazione, diritti umani, sviluppo e genere.

venerdì 9 gennaio 2009

Veltroni: ''Alitalia svenduta ad Air France''

Il Partito Democratico è sconcertato sulla scelta di Air France come possibile partner della nuova Alitalia. Nel corso di una conferenza stampa, il segretario del Pd, Walter Veltroni, ha criticato l'operato del governo sulla vicenda legata alla compagnia aerea italiana. "Il governo Prodi aveva venduto Alitalia. Il governo Berlusconi ha svenduto Alitalia ad Air France", ha tuonato Veltroni."Il governo Prodi - ha ricordato Veltroni - aveva individuato Air France come possibile acquirente di Alitalia e si era profilata un'intesa che avrebbe portato il nostro Paese a far parte di un gruppo che ha un ruolo strategico". Una procedura, ha proseguito il leader del Pd, che era stata fatta nel rispetto delle regole e prevedeva le necessarie risorse per l'acquisto di Alitalia da parte di Air France". "Si è fatta però una scelta diversa in nome dell'italianità e si sono caricati sulle spalle degli italiani diversi miliardi di euro ed ora si è arrivati ad una soluzione che ci fa dire che il governo Berlusconi ha svenduto Alitalia", ha concluso Veltroni.
(Fonte: RomagnaOggi)

Alitalia/Bersani: Operazione costerà a italiani 3,3-4 mld euro
L'operazione Alitalia costerà agli italiani "tra i 3,3-4 miliardi di euro". Lo ha detto Pier Luigi Bersani, ex ministro dello Sviluppo economico, intervenendo a "Radio anch'io". "Soldi che non avremmo speso" se fosse andata in porto la vendita ad Air France prima delle elezioni dello scorso anno, ha osservato Bersani. Operazione "che ci avrebbe lasciato con un minimo di concorrenza, Air One".
(Fonte: Alice)

giovedì 8 gennaio 2009

Israele attacca il Vaticano

Santa Sede e Israele di nuovo ai ferri corti, mentre continua ad infuriare la battaglia a Gaza e si rende più problematico un viaggio del Papa in Terra Santa per il prossimo maggio. Oggi (ieri) il card. Renato Raffaele Martino, presidente del "Pontificio Consiglio Giustizia e Pace" e personaggio di spicco della Curia romana, ha osservato che la Striscia "assomiglia sempre di più ad un campo di concentramento".
La risposta di Israele In serata, è arrivata durissima la replica del governo israeliano, che ha accusato il porporato di usare la terminologia di "Hamas". In un'intervista al quotidiano on line "ilsussidiario.net", Martino aveva lanciato l'ennesimo appello del Vaticano al dialogo, affermando che per trovare una soluzione al conflitto occorre "una volontà da tutte e due le parti, perché tutte e due sono colpevoli". "Israeliani e palestinesi sono figli della stessa terra - aveva aggiunto - e bisogna separarli, come si farebbe con due fratelli". "Se non riescono a mettersi d'accordo, allora qualcun altro deve sentire il dovere di farlo. Il mondo - aveva spiegato - non può stare a guardare senza far nulla".
Fin qui, parole in linea con le esortazioni del Papa e di altri esponenti vaticani. Ma il paragone usato da Martino, "Gaza assomiglia sempre più ad un grande campo di concentramento" in cui "popolazioni inermi" pagano "le conseguenze dell'egoismo", è apparso intollerabile alle orecchie del governo israeliano. "Fare affermazioni che sembrano provenire direttamente dalla propaganda di Hamas e ignorare gli impronunciabili crimini commessi da quest'ultimo, che con la violenza ha fatto deragliare il processo di pace e ha trasformato la Striscia di Gaza in un gigantesco scudo umano, non aiuta la gente ad avvicinarsi alla verità e alla pace", ha scandito, in serata, in una dichiarazione all'agenzia France Presse il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Igal Palmor.
Gli esponenti cattolici in Terra Santa A far montare l'irritazione israeliana hanno contribuito, con ogni probabilità, anche le dichiarazioni di numerosi esponenti della Chiesa cattolica di Terra Santa , i quali hanno sottolineato come Hamas debba essere considerato un interlocutore e non "un mostro" da Israele e dalla Comunita' Internazionale. Ultimo in ordine di tempo è stato il vescovo di Nazareth, mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, che, lunedì scorso, ha esortato lo Stato ebraico a "dialogare seriamente con i palestinesi, a partire da Hamas" se vuole arrivare veramente a una soluzione duratura. Marcuzzo, in una dichiarazione ad alcuni media italiani, ha anche avvertito che il protrarsi delle violenze a Gaza sta mettendo a rischio la prossima visita del Papa in Terra Santa poiché la Santa Sede - ha detto - "saprà certamente tirare le opportune conseguenze". Lo scambio di accuse odierne tra Gerusalemme e il card. Martino non faciliterà il compito dei diplomatici vaticani, palestinesi e israeliani impegnati nel definire il viaggio di Benedetto XVI in Israele, Giordania e Territori: una missione che presenta, al momento, troppe variabili incontrollabili.

mercoledì 7 gennaio 2009

Appello per fermare la guerra

Quanti bambini, quante donne, quanti innocenti dovranno essere ancora uccisi prima che qualcuno decida di intervenire e di fermare questo massacro? Quanti morti ci dovranno essere ancora prima che qualcuno abbia il coraggio di dire basta? Vergogna! Quanto sta accadendo è vergognoso. Vergognoso è il silenzio dell’Italia e del mondo. Vergognosa è l’inazione dei governi europei e del resto del mondo che dovevano impedire questa escalation. Vergognoso è il veto con cui gli Stati Uniti ancora una volta stanno paralizzando le Nazioni Unite. Vergogna!Niente può giustificare un bagno di sangue. Nessuna teoria dell’autodifesa può farlo. Nessuno può rivendicare il diritto di compiere una simile strage di bambini, giovani, donne e anziani senza subire la condanna della comunità internazionale. Nessuno può arrogarsi il diritto di infliggere una simile punizione collettiva ad un milione e mezzo di persone. Nessuno può permettersi di violare impunemente la Carta delle Nazioni Unite, la legalità e il diritto internazionale dei diritti umani.Tutto questo è inaccettabile. Inaccettabile è il lancio dei missili di Hamas contro Israele. Inaccettabile è la guerra scatenata da Israele contro Gaza. Inaccettabile è l’assedio israeliano della Striscia di Gaza. Inaccettabile è la continuazione dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Inaccettabili sono le minacce di distruzione dello Stato di Israele. Inaccettabili sono le violenze, le umiliazioni e le immense sofferenze quotidiane inflitte ai palestinesi e la costante violazione dei fondamentali diritti umani. Inaccettabile è il nuovo muro costruito sulla terra palestinese. Inaccettabile è il silenzio e l’inazione irresponsabile dell’Onu, dell’Europa e dell’Italia.La continuazione di questo dramma è una tragedia per tutti. La più lunga della storia moderna. Nessuno può chiamarsi fuori. Siamo tutti coinvolti. Tutti corresponsabili. Questa guerra non sta uccidendo solo centinaia di persone ma anche le nostre coscienze e la nostra umanità. Il nostro silenzio corrode la nostra dignità. Complici della guerra o costruttori di pace? Dobbiamo fare la nostra scelta. Altre opzioni non ci sono.Di fronte a queste atrocità, dobbiamo innanzitutto cambiare il modo di pensare. Non ha alcun senso schierarsi con gli uni contro gli altri. Occorre trovare il modo per aiutare gli uni e gli altri ad uscire dalla terrificante spirale di violenza che li sta brutalizzando. Anche la teoria dell’equidistanza è insensata perché nega la verità e falsa la realtà. La vicinanza a tutte le vittime è il modo più giusto di cominciare a costruire la pace in tempo di guerra. Dobbiamo uscire dalla cultura della guerra. E’ vecchia e fallimentare. Nessuna guerra ha mai messo fine alle guerre. La guerra può raggiungere temporaneamente alcuni obiettivi ma finisce per creare problemi più grandi di quelli che pretende di risolvere. Non c’è nessuna possibilità di risolvere i problemi dei palestinesi, di Israele e del Medio Oriente attraverso l’uso della forza. La via della guerra è stata provata per sessant’anni senza successo. Anche il buon senso suggerisce di tentare una strada completamente nuova.Dobbiamo pensare e realizzare il Terzo. Non sarà possibile risolvere la questione palestinese o mettere fine alle guerre del Medio Oriente senza l’intervento di un Terzo al di sopra delle parti. Oggi questo Terzo purtroppo non esiste. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu è ancora paralizzato dal veto degli Stati Uniti. I governi europei sono divisi e incapaci di sviluppare una politica estera comune. Ma questa realtà non è immutabile. Esserne consapevoli deve spingerci a lavorare con ancora maggiore determinazione per pensare e realizzare il Terzo di cui abbiamo urgente bisogno. Fermare la guerra non è un obiettivo impossibile. Le Nazioni Unite devono cambiare, imporre l’immediato cessate il fuoco, soccorrere e proteggere la popolazione intrappolata nella Striscia di Gaza. L’Europa deve agire con decisione e coerenza per fermare questa inutile strage e ridare finalmente la parola ad una politica nuova. Non può permettersi di sostenere una delle due parti. Deve avere un autentico ruolo conciliatore.La guerra deve essere fermata ora. Non c’è più tempo per la vecchia politica, per la retorica, per gli appelli vuoti e inconcludenti. E’ venuto il tempo di un impegno forte, autorevole e coraggioso dell’Italia, della comunità internazionale e di tutti i costruttori di pace per mettere definitivamente fine a questa e a tutte le altre guerre del Medio Oriente. Senza dimenticare il resto del mondo. Per questo, dobbiamo fare la nostra scelta.Giovani, donne, uomini, gruppi, associazioni, sindacati, enti locali, media, scuole, parrocchie, chiese, forze politiche: “a ciascuno di fare qualcosa!”

Perugia, 6 gennaio 2009

Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani, Acli, Agesci, Arci, Articolo 21, Cgil, Pax Christi, Libera - Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Legambiente, Associazione delle Ong italiane, Beati i Costruttori di pace, Emmaus Italia, CNCA, Gruppo Abele, Cipsi, Banca Etica, Volontari nel Mondo Focsiv, Centro per la pace Forlì/Cesena, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli (prime adesioni, 6 gennaio 2009)

Le adesioni vanno indirizzate alla Tavola della pace via della viola, 1 (06100) Perugia 075.5736890 – Fax 075.5739337 segreteria@perlapace.it - www.perlapace.it