lunedì 23 novembre 2009

IDV: CONVEGNO SU MAFIA E AFFARI

Riceviamo e pubblichiamo:

Mafia e affari a Verona. Un titolo-choc per una realtà con cui anche il tessuto economico e sociale della nostra città devono fare i conti, ormai. L’Idv di Verona, per discuterne, ha organizzato la serata di venerdì 27 novembre alle 20.30 in sala Lucchi (Verona, zona stadio), con il Procuratore della Repubblica scaligero Mario Giulio Schinaia, il deputato di Italia dei Valori Leoluca Orlando (ex sindaco di Palermo), Salvatore Borsellino (fratello del magistrato ucciso dalla mafia) ed Enzo Guidotto, già consulente della Commissione parlamentare antimafia. Modera l'evento l'on. Antonio Borghesi, vicecapogruppo IdV alla Camera.

venerdì 20 novembre 2009

ACLI IN AMERICA LATINA

Una settimana di incontri tra Argentina, Brasile e Uruguay

Roma, 20 novembre 2009 - Partirà lunedì 23 novembre, da Buenos Aires, la missione delle Acli in America Latina con una delegazione guidata dal presidente Andrea Olivero e da Michele Consiglio, vicepresidente nazionale e responsabile del dipartimento Rete mondiale aclista. La missione durerà una settimana, fino a sabato 28 novembre, e toccherà tre tappe: Argentina, Brasile e Uruguay.
La delegazione si tratterrà a Buenos Aires fino al pomeriggio di mercoledì 25 novembre, incontrando il Console generale italiano Giancarlo Maria Curcio oltre ai presidenti delle Associazioni regionali e la Federazione dei Circoli sardi. Per la serata di mercoledì è in programma l'arrivo a San Paolo, in Brasile.
Ad attendere la delegazione ci sarà un ricevimento per la V settimana Pirelli del cinema italiano cui seguirà, nella mattinata del 26, la prima riunione per il progetto Artesolidaria. A San Paolo sono in programma un incontro con il vice sindaco, il Console generale Marco Marsilli e il vescovo di Avezzano Pietro Santoro.
La delegazione parteciperà a una messa per le vittime del terremoto in Abruzzo e all'apertura del seminario sul progetto Ites ideato dalla società Italia Lavoro.
A questi impegni si aggiungono gli incontri con gli Alpini al Circolo italiano e con le suore missionarie di Guarulhos. La permanenza a San Paolo verrà intervallata da una breve visita nella città uruguayana di Santos. Il ritorno in Italia è previsto per domenica 28 novembre.

giovedì 22 ottobre 2009

PASSANTE: MOZIONE IDV

Riceviamo da IdV Veneto e pubblichiamo:

Roma voleva mettere le mani sui soldi del Passante? Mentre c’è chi si litiga il merito dello scampato pericolo, IdV in Regione mette le mani avanti e si muove attraverso le istituzioni. I due consiglieri regionali di Italia dei Valori, Damiano Rossato e Gustavo Franchetto, hanno predisposto una mozione (la numero 201, per la cronaca) dal titolo esaustivo: Sì a Cav ed al federalismo autostradale veneto, no ad Anas ed al centralismo romano. IdV contesta il famigerato emendamento-Malan, che al Senato voleva riportare il controllo della Cav (società mista Regione-Anas per la gestione del Passante) sotto l’ampio ombrello dell’Anas, e che in giornata dovrebbe essere affondato dai suoi stessi autori. Rossato e Franchetto, considerando che “vi è il serio rischio che al Veneto sia tolto questo esempio di federalismo infrastrutturale” e ritenendo “necessario mantenere le competenze in capo alla Cav”, chiedono al Consiglio Regionale di esprimere parere contrario all’emendamento proposto da Malan. La mozione IdV chiede alla Giunta regionale di attivarsi nei confronti del Governo affinché sia rispettato il federalismo infrastrutturale e quindi restino in capo alla Cav le competenze relative al Passante, compresa la gestione delle risorse. “Con la creazione della Cav - dicono Rossato e Franchetto - grazie al decisivo contributo dell’allora ministro Antonio Di Pietro, si è messo in piedi un efficace esempio di federalismo delle infrastrutture. Impediamo che i soliti giochi di potere strappino al nostro territorio le risorse che il Veneto crea”.

giovedì 15 ottobre 2009

Teatro: Il “Ponte sugli oceani” in Brasile

Nell’autunno del 1894 Angelo Corradi, sua moglie e i sette figli lasciano una contrada di Roverè veronese ed emigrano in Brasile. Le loro vicissitudini e quelle dei loro discendenti, che sono andati per il mondo in cerca di una vita migliore, insediandosi negli Stati Uniti, in Australia e in vari stati d’Europa, sono raccontate nel libro di Raffaello Canteri “Il ponte sugli oceani” (Cierre Edizioni), che è giunto alla seconda edizione. Un testo storico articolato come un romanzo, che porta alla luce le storie delle famiglie emigranti veneti verso i nuovi mondi. Con il rigore dello storico e la leggerezza dell’affabulatore, Canteri getta uno sguardo al passato e trasforma i ricordi delle genti che ha incontrato di persona o via internet in un corpo unico di storie, di tradizioni, di abitudini che sono il senso delle nostre radici.
Dal libro è stato ricavato uno spettacolo teatrale molto fortunato, che tanto successo sta riscuotendo di pubblico e critica, avendo replicato una quarantina di volte in provincia di Verona ed essendo stato premiato in diversi festival teatrali nazionali. L’allestimento è stato curato dal Teatro Impiria, per la regia di Andrea Castelletti. Ne sono protagonisti l’attore Guido Ruzzenenti e i musicisti dell’Acoustic Duo Stefano Bersan e Antonio Canteri.
In questo autunno del 2009, a partire dalla metà di ottobre, lo spettacolo approda in Brasile per un ideale e concreto abbraccio con i discendenti dei Corradi e delle altre famiglie veronesi e venete che si sono stabilite in quelle terre alla fine dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Verrà rappresentato nello Stato di Santa Catarina, nelle città di Siderópolis, Criciuma, Cocal do Sul, Nova Veneza, Turvo e Icara. Quest’ultima replica è inserita nell’importante Festival Nazionale di Teatro del Comune di Icara. (c.s.)

mercoledì 7 ottobre 2009

FRANCHETTO OSPITE DI TELENUOVO

Gustavo Franchetto, il consigliere regionale veneto di Italia dei Valori, partecipa venerdì 9 ottobre, su TeleNuovo, al consueto appuntamento con la rassegna stampa in diretta, dalle ore 7.30 alle 9.30

Per altre notizie, visita il suo sito internet www.franchetto.net (raggiungibile anche cliccando www.franchetto.it).

venerdì 2 ottobre 2009

LIBERTA’ D' INFORMAZIONE

Riceviamo e pubblichiamo:

"Per la libertà d’informare, per una stampa che non vuol farsi mettere il bavaglio da nessuno, per mantenere il diritto e la possibilità di sapere, domani Italia dei Valori ci sarà". Così Gennaro Marotta, coordinatore regionale veneto IdV sul sostegno dei dipietristi al presidio civile organizzato sabato 3 ottobre alle ore 17.30 a Venezia in Campo San Geremia, sotto alla sede veneta della Rai. L’evento regionale, chiamato “No all’informazione al guinzaglio”, cui aderiscono numerosi altri partiti politici, associazioni e sindacati, è indetto dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana, come la manifestazione nazionale che si terrà in Piazza del Popolo a Roma domani, sabato 3 ottobre, con inizio alle ore 15.30."Invito i sostenitori IdV e tutti i cittadini a partecipare al presidio sotto la sede della Rai di Venezia - aggiunge Marotta - non lasciamo che i mezzi d'informazione restino alla catena, limitandosi ad essere il megafono dei potenti e riducendo al silenzio chi non la pensa come loro".

mercoledì 30 settembre 2009

FRANCHETTO SU TELENUOVO

Gustavo Franchetto, il consigliere regionale veneto di Italia dei Valori, partecipa OGGI, mercoledì 30 settembre, su TeleNuovo, al talk show in diretta "Rosso & Nero", dalle ore 21.15.
Per altre informazioni consulta il suo sito internet www.franchetto.net (raggiungibile anche cliccando www.franchetto.it).

giovedì 24 settembre 2009

SABATO DI PIETRO A MARGHERA

Riceviamo e pubblichiamo:

IL PRESIDENTE IDV INCONTRA LAVORATORI E PRECARI. CONFERENZA STAMPA ALLE 10.30

Il presidente di Italia dei Valori Antonio Di Pietro sarà in Veneto sabato mattina, con due appuntamenti a Marghera. Alle 9.30, al Municipio di Marghera, è in programma un incontro aperto a tutta la cittadinanza, in cui il leader IdV toccherà, oltre ai temi dell’agenda politica nazionale, anche il problema più sentito dalla gente, la mancanza di lavoro. Di Pietro, infatti, incontrerà i rappresentanti dei lavoratori delle fabbriche in crisi di Porto Marghera e del Coordinamento Precari della Scuola del Veneto. Terminato l’incontro pubblico Di Pietro risponderà alle domande dei colleghi della carta stampata e di radio e tv. La conferenza stampa inizierà alle 10.30, sempre nel Municipio di Marghera. Affiancheranno Di Pietro i due deputati veneti, Massimo Donadi (capogruppo IdV alla Camera) e Antonio Borghesi (vicecapogruppo alla Camera e responsabile Economia di IdV), il coordinatore regionale IdV Gennaro Marotta e i referenti provinciali e locali del partito.

Sabato 26 settembre, il programma:

Ore 9.30 - Marghera (Mestre - VE) Piazza del Municipio, 1. Sala Consiliare del Municipio (Piano Terra). Incontro pubblico con Rappresentanza dei lavoratori delle fabbriche in crisi di Porto Marghera e del Coordinamento Precari della Scuola del Veneto

Ore 10.30 - Marghera (Mestre) Piazza del Municipio 1. Sala del Municipio. Conferenza Stampa

martedì 22 settembre 2009

ALEX ZANOTELLI: Il grande rifiuto

EDITORIALE DI ALEX ZANOTELLI PUBBLICATO DA “MEGACHIPDUE.INFO”

Non avrei mai immaginato che il paese di Francesco d’Assisi (Patrono d’Italia) che ha cantato nelle sue Laudi la bellezza di “sorella acqua” diventasse la prima nazione in Europa a privatizzare l’acqua! Giorni fa abbiamo avuto l’ultimo tassello che porterà necessariamente alla privatizzazione dell’acqua. Il Consiglio dei Ministri, infatti, ha approvato il 9/09/2009 delle “Modifiche” all’articolo 23 bis della Legge 133/2008.
Queste “Modifiche” sono inserite come articolo 15 in un Decreto legge per l’adempimento degli obblighi comunitari. Una prima parte di queste Modifiche riguardano gli affidamenti dei servizi pubblici locali, come gas, trasporti pubblici e rifiuti.
Le vie ordinarie, così afferma il Decreto, di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è l’affidamento degli stessi, attraverso gara, a società miste, il cui socio privato deve essere scelto attraverso gara, deve possedere non meno del 40% ed essere socio “industriale”. In poche parole questo vuol dire la fine delle gestioni attraverso SPA in house e della partecipazione maggioritaria degli enti locali nelle SPA quotate in borsa.
Questo decreto è frutto dell’accordo tra il Ministro degli Affari Regionali, Fitto e il Ministro Calderoli. E questo grazie anche alla pressione di Confindustria per la quale in tempo di crisi, i servizi pubblici locali devono diventare fonte di guadagno.
È la vittoria del mercato, della merce, del profitto. Cosa resta ormai di comune nei nostri Comuni? È la vittoria della politica delle privatizzazioni, oggi, portata avanti brillantemente dalla destra. A farne le spese è sorella acqua.
Oggi l’acqua è il bene supremo che andrà sempre più scarseggiando, sia per i cambiamenti climatici, sia per l’incremento demografico. Quella della privatizzazione dell’acqua è una scelta politica gravissima che sarà pagata a caro prezzo dalle classi deboli di questo paese, ma soprattutto dagli impoveriti del mondo (in milioni di morti per sete!).
Ancora più incredibile per me è che la gestione dell’acqua sia messa sullo stesso piano della gestione dei rifiuti! Questa è la mercificazione della politica! Siamo anni luce lontani dalla dichiarazione del Papa Benedetto XVI nella sua recente enciclica Caritas in veritate dove si afferma che l’”accesso all’acqua” è “diritto universale di tutti gli esseri umani senza distinzioni e discriminazioni”.
Tutto questo è legato al “diritto primario della vita”. La gestione dell’acqua per il nostro Governo è assimilabile a quella dei rifiuti! Che vergogna! Non avrei mai pensato che la politica potesse diventare a tal punto il paladino dei potentati economico-finanziari. E’ la morte della politica!
Per cui chiedo a tutti di:
- protestare contro questa decisione del governo tramite interlocuzioni con i parlamentari, invio di e.mail ai vari ministeri…
- chiedere ai parlamentari che venga discussa in Parlamento la Legge di iniziativa popolare per una gestione pubblica e partecipata dell’acqua, che ha avuto oltre 400mila firme e ora ‘dorme’ nella Commissione Ambiente della Camera;
- chiedere con insistenza alle forze politiche di opposizione che dicano la loro posizione sulla gestione dell’acqua e su queste Modifiche alla 23 bis;
- premere a livello locale perché si convochino consigli comunali monotematici per dichiarare l’acqua bene comune e il servizio idrico “privo di rilevanza economica”;
- ed infine premere sui propri consigli comunali perché facciano la scelta dell’Azienda Pubblica Speciale a totale capitale pubblico: è l’unica strada che ci rimane per salvare l’acqua.
Sarà solo partendo dal basso che salveremo l’acqua come bene comune, come diritto fondamentale umano e salveremo così anche la nostra democrazia.
È in ballo la Vita perché l’Acqua è Vita!

giovedì 17 settembre 2009

LA PAURA DEL NUCLEARE

Venezia, mercoledì 16 settembre 2009, Consiglio regionale straordinario: “No alle centrali nucleari nel Veneto. Investire nelle energie rinnovabili”.

L’intervento di Gustavo Franchetto

“La paura. Paura della centrale nucleare. Credo che questo sia il tema più importante che l’assemblea del Veneto dovrebbe dibattere e approfondire.Ciascuno di noi ha potuto vedere come la scienza non sia univoca nel parlare delle centrali nucleari.Ci sono esperti che sostengono che sono strutture pulite e sicure. Ci sono altri scienziati che sostengono che è una follia dirlo.Perché non teniamo conto, nel nostro dibattito, del concetto della paura? E lo facciamo diventare dirimente, rispetto questa scelta?Sono per chi propone soluzioni che diano il più ampio significato alla parole salute e sicurezza.La domanda vera, rispetto all’idea di fare una centrale nucleare nel Veneto, è: a che prezzo noi accettiamo di tenere in piedi un sistema come questo, se il prezzo non lo conosciamo fino in fondo, nelle sue conseguenze?Sapete che è successo? Che il ministro dice a Confindustria, per levarsi dagli impicci “ma sì , facciamo il nucleare”. E il governatore del Veneto, dopo neanche 24 ore, si dice pronto, entusiasta. E il governo fa un accordo con la Francia, che ci rifila una tecnologia obsoleta, che sta dismettendo.Mi pare però che negli ultimi anni, nella strategia dello sviluppo energetico internazionale, l’opzione del nucleare abbia subito un fortissimo rallentamento, rispetto agli anni 80 e 90.Nel Veneto vogliono costruire una centrale? Galan deve venire qui in aula e dire “noi diciamo sì per queste ragioni e con queste garanzie”.È alla nostra gente che dobbiamo delle risposte, il più possibile chiare. Non dimentichiamo che l’aspetto della sicurezza è l’aspetto principale.Lo consideriamo ogni volta che discutiamo se autorizzare un inceneritore. Riunioni, commissioni di valutazione per l’impatto ambientale, studi, perizie, e nonostante tutto i comitati dei cittadini sono sempre, e giustamente, preoccupati.L’inquinamento che provoca una struttura del genere è una pagliuzza, rispetto al nucleare. Pensate che stiamo ancora ospitando i bambini di Chernobyl, a 23 anni di distanza dal disastro.Non sottovalutiamo, per cortesia, questo, che il problema più serio che un cittadino veneto si possa porre. È un tema che mette paura a me, per i miei figli, per il nostro futuro. Pretendo che su questo progetto ci vengano date risposte certe e sicure.”

giovedì 3 settembre 2009

IdV solidale con il mondo della Scuola

Riceviamo e pubblichiamo:

In questi giorni, come aveva preventivato Italia dei Valori, torna prepotentemente alla ribalta la tristemente nota “Riforma Gelmini per la Scuola”. Il nuovo anno scolastico purtroppo parte all’insegna di consistenti tagli del personale docente e Ata nella Scuola Pubblica; i titoli dei quotidiani fotografano chiaramente l’entità della manovra così come la lettera-sfogo che abbiamo ricevuto da un gruppo di insegnanti e che Italia dei Valori fa propria in toto.
“Riaprono le Scuole, ma come? Senza Personale e con servizi tagliati o rabberciati alla meno peggio. Con la Riforma Gelmini - se si può chiamare riforma un puro e semplice taglio alle risorse per la Scuola Pubblica - non poteva che andare così.Nella Scuola Media Inferiore - realtà che meglio conosciamo perché la viviamo quotidianamente - in pratica si è tolta un’ora settimanale di tecnologia-seconda lingua comunitaria-geografia e quindi va da sé che già solo con questa operazione siano molto meno i docenti impiegati nell’insegnamento. Nel concreto però, oltre alla perdita del lavoro di molti insegnanti e operatori queste riduzioni produrranno molti più spezzoni e intrecci anche nella formazione delle cattedre, rendendo più difficile non solo la stesura degli orari di servizio funzionali alla didattica, ma anche il mantenimento della auspicata continuità sancita dalla normativa. Vengono quindi spontanee alcune domande alla nostra Super Ministra Gelmini:
1) al di là dell’amarezza per i tanti colleghi che perderanno il lavoro, ci domandiamo quale sarà il vero risparmio per lo Stato dato che per i Precari che rimarranno a casa sarebbero previsti ammortizzatori sociali per l’80% dello stipendio totale (accordo Miur-Ministero del Lavoro-Inps): a questo punto non sarebbe stato meglio coprire il restante scoperto del 20% impiegando dette persone nella scuola in cui le risorse sono sempre sottodimensionate rispetto alle esigenze evitando anche i problemi di organizzazione legati alla formazione delle cattedre e, quindi, al buon funzionamento della Scuola Pubblica?
2) la Scuola è un contenitore formativo in cui conoscenze e abilità si organizzano e si integrano affinché i nostri figli imparino competenze indispensabili per il loro futuro. Cosa succede se si fa diventare questo contenitore ancora più piccolo, ma allo stesso tempo si aumenta la quantità di acquisizioni da farci stare dentro? Spesso Berlusconi parla di sé in terza persona trasmettendo un senso di onnipotenza ma in tema di Scuola Pubblica la Ministra Gelmini sembra persino superare il Maestro e si produce in esternazioni che preannunciano veri e propri miracoli: per “risparmi di cassa” si riducono le ore di insegnamento ma – secondo la Ministra - si aumenterebbero comunque le conoscenze. Ma fino ad oggi le stesse non erano giudicate già insufficienti in relazione ai parametri europei? Cosa è cambiato?
3) attualmente con 25 anni di anzianità di servizio un docente della scuola media inferiore percepisce circa 1700 euro mensili (statino paga canta): la Ministra ha promesso di far funzionare meglio il sistema d’istruzione pubblica promettendo anche l’equiparazione degli stipendi dei docenti italiani ai livelli europei. La Ministra Gelmini conferma? Se così fosse saremmo felici di poterLe rendere pubblico omaggio anche se qualche piccolo e fondato dubbio lo abbiamo.”
Questa lettera-sfogo di alcune Insegnanti dà il quadro delle notevoli difficoltà in cui questo Governo di Centro Destra ha messo la Scuola Pubblica Italiana anche nel nostro Veneto. E Noi di Italia dei Valori siamo solidali con il mondo della Scuola e faremo tutto il possibile per evitare che le nostre strutture educative - tra le migliori al mondo - cadano in un baratro senza fondo.

Gennaro Marotta
(Coordinatore Regionale Veneto Italia dei Valori)

venerdì 14 agosto 2009

LIRICA DI MEZZA ESTATE

Serata di grande musica domenica 16 agosto a Galliera Veneta, quando alle 21.00 in Piazza Municipio si terrà il tradizionale concerto “Lirica di mezza estate” che presenta alcune intense pagine da celebri capolavori del grande melodramma. Ad accompagnare le giovani voci dei quattro solisti, l’Orchestra Filarmonia Veneta.

E' già tradizione l’appuntamento di metà agosto con la grande lirica a Galliera Veneta. Protagonista l’Orchestra Filarmonia Veneta diretta dal Maestro Stefano Romani e alcune giovani ma già affermate voci del teatro lirico italiano: le soprano Beatrice Greggio e Olga Scalone, il mezzosoprano Nadiya Petrenko (foto), il tenore Dario Magnabosco e il baritono Mauro Bonfanti.
Molto ricco il programma della serata, aperto dalla brillante ouverture del Barbiere rossiniano e dalla famosissima aria di Figaro eseguita dal baritono Mauro Bonfanti. A seguire le più celebri pagine dalle opere Andrea Chenier di Umberto Giordano, Il trovatore di Giuseppe Verdi, Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, Suor Angelica di Puccini, Sanson et Dalila di Camille Sain Saens e I pagliacci di Ruggero Leoncavallo.
La seconda parte del programma prende avvio con l’intensa sinfonia che apre La forza del destino di Verdi, seguita, sempre dalla stessa opera, dall’aria “Pace mio Dio” con la voce del soprano Beatrice Greggio. Dalla Carmen di Bizet, Nadiya Petrenko propone la Canzone Boema del 2 atto, e poi ancora brani da Cavalleria Rusticana di Mascagni, Fedora di Giordano, Don Carlo di Verdi, per concludere con la Tosca di Puccini.

Il costo del biglietto è di 10 euro (intero) e 8 euro (ridotto). In caso di maltempo lo spettacolo si terrà alla Palestra Polivalente di Galliera Veneta. Per informazioni contattare la Biglietteria del Festival presso gli Uffici di Via Vendramini, 35 a Bassano, tel 0424 524214 – 0424-217811, info anche 0424 217819 www.operaestate.it

giovedì 13 agosto 2009

La Grande Guerra meschina al Parco della Lessinia

Sabato 15 agosto ore 18 - Monte Sparavieri Bosco Chiesanuova

Forti in Scena propone un Ferragosto all’insegna della storia: l’appuntamento è al Parco Naturale della Lessinia alle 18 con lo spettacolo “La Grande Guerra meschina” di Alessandro Anderloni. Gli spettatori sono invitati a salire a piedi sui pascoli alti del Monte Sparavieri, partendo alle 14.30 da Malga San Giorgio a Bosco Chiesanuova, nel veronese. Non si combatterono battaglie, lassù. Le storie degli anni drammatici del Primo Conflitto Mondiale rimangono impresse nel ricordo di quei soldati che furono mandati su questo lembo di terra tra il Veneto e l'Austria, a picco sulla Valle dei Ronchi, per costruire strade e fortificazioni. Qui parole e musiche racconteranno la Grande Guerra prendendo spunto dalle lettere dei soldati dal fronte per finire alle cronache della vita in trincea, dei drammatici assalti, delle vili decimazioni. La mestizia dei canti dell'epoca, accompagnata dalla fisarmonica di Thomas Sinigaglia, sarà affidata all'interpretazione di Raffaella Benetti, mentre Alessandro Anderloni darà voce ai pori cani: i soldati, le madri, gli orfani, quelli che quella guerra meschina non l'avevano voluta ma l'avevano fortemente subita. Il Parco Naturale della Lessinia occupa la parte sommitale dei Monti Lessini. Ha nelle particolarità geologiche e nei paesaggi che da esse conseguono la sua più forte connotazione: doline, grotte, ponti naturali, sono fenomeni di grande interesse scientifico che offrono al visitatore incantevoli visioni. Famosi sono i giacimenti fossiliferi di Bolca-Pesciara e Monte Postale, che hanno fornito reperti di specie vegetali e animali degli ambienti lagunari e oceanici, oggi apprezzabili nel locale Museo dei Fossili. Di notevole interesse sono anche gli aspetti vegetazionali e faunistici visitabili nei Musei della Lessinia e nel Centro di educazione Ambientale di Malga Derocon. L'ingresso allo spettacolo è libero. In caso di mal tempo verrà annullato. Maggiori informazioni allo 0444-912298 o sul sito www.fortinscena.it

mercoledì 12 agosto 2009

CHITARRISTI PER L'ABRUZZO

Concerto di chitarra acustica fingerstyle con due artisti di fama internazionale presso il rifugio Casale da Monte a 1400 m s.l.m.

I suoni delle chitarre di Woody Mann (USA) e di Davide Mastrangelo (ITA), dal repertorio “blues”, “country”, “jazz” si fondono insieme per un concerto nel cuore dell’Abruzzo montano. L’appuntamento è per domenica 16 agosto alle ore 18, presso il rifugio Casale da Monte in Valle Majelama, nello stupendo Parco Naturale Regionale Sirente Velino. Il programma prevede un concerto di chitarra fingerstyle per musicisti ed appassionati ed a seguire cena e “open mic” con gli artisti.
Dopo una prima compartecipazione nel 2006 al festival AGIM di Sarzana ed un’intensa attività di workshop ed appuntamenti musicali, i due chitarristi si ritrovano per un mini tour estivo che, nel mese di agosto, li porterà ad esibirsi da soli ed assieme in diverse località italiane tra cui la data abruzzese del 16 agosto a Forme di Massa d’Albe (AQ), nella valle dell’Aquila Reale.
“Quando Woody e io - dichiara Davide Mastrangelo - abbiamo appreso la terribile notizia del terremoto in Abruzzo, abbiamo pensato fin dall’inizio che non dovevamo rinunciare, per nessuna ragione, a questo appuntamento. Crediamo che un evento, anche se di nicchia come questo, possa in qualche modo contribuire alla ripresa delle normali attività turistiche in Abruzzo."
Woody Mann è uno dei grandi nomi americani della chitarra acustica, ha studiato con il leggendario Reverend Gary Davis e ricevuto molti riconoscimenti alla Juillard School di New York. Ha inoltre lavorato con molti importanti musicisti blues tra cui John Fahey, John Renbourn, Jo Ann Kelly, Son House e Bukka White e pubblicato numerosi libri didattici e cd.
Davide Mastrangelo è considerato uno dei principali riferimenti per la didattica della chitarra fingerstyle in Italia. Autore di diversi libri di didattica, di ultima uscita “Creative Fingerstyle Guitar” edito da Carisch. Nel 2005 ha fondato il CentroStudiFingerstyle con sede ad Arezzo.
Coordinatore didattico dell’Acoustic Guitar International Meeting (AGIM) di Sarzana, ha collaborato con i principali artisti del settore a livello nazionale ed internazionale: Marco Di Maggio, Beppe Gambetta, Franco Morone, Paolo Giordano, Giovanni Unterberger, Alex De Grassi, Diane Ponzio, Ed Gerhard e lo stesso Woody Mann.
“La nostra musica - spiega Mastrangelo - appartiene senza dubbio ad un settore “di nicchia” ristretto a pochi appassionati: per questa ragione, i concerti come quello concepito per il 16 agosto in Abruzzo diventano ancora più importanti, perché aiutano a divulgare la cultura della chitarra acustica. Il bello di questo genere musicale è di lasciare spazio alla creatività individuale: la tecnica è sicuramente importante così come lo studio di altri artisti, ma è fondamentale cercare di creare qualcosa di proprio”.
Il costo della serata del 16 agosto, organizzata in collaborazione con l’associazione culturale “Jazz On - Avezzano”, è di 35 euro a persona. Il prezzo comprende la partecipazione al concerto, la cena e l’open mic con gli artisti. I posti disponibili sono limitati (massimo 40 persone), quindi si consiglia di prenotare scrivendo a
gdegni@iol.it o telefonando al numero telefonico 06/51530000 nelle ore serali. Per chi fosse interessato, c’è la possibilità anche di pernottare presso il rifugio, contattando la direzione al numero 334/1808700.
Il rifugio si trova in quota, in località Da Monte, immersa nel Parco Naturale Regionale Sirente Velino: essendo zona protetta è assolutamente vietato campeggiare in tutta l’area circostante. E’ facilmente raggiungibile dall’autostrada A25, uscita casello Magliano dei Marsi, direzione Forme di Massa d’Albe. Al fontanile della piazza del paese, girare a sinistra e proseguire verso ovest per due chilometri; al termine della strada asfaltata proseguire ancora per 500 metri.

giovedì 30 luglio 2009

Iniziativa Franchetto per i disoccupati

Dai banchi dell’opposizione in Consiglio regionale Gustavo Franchetto (Italia dei Valori) lancia un appello per aiutare chi è in difficoltà: “Tra le famiglie che occupano gli alloggi popolari sono molte quelle in condizioni di povertà. Ho pensato a loro, strette nella morsa della crisi”. Il consigliere regionale IdV propone che venga sospeso il pagamento del canone di affitto a chi è disoccupato o in cassa integrazione ed occupa alloggi di edilizia popolare (sia di proprietà regionale negli Ater, che di proprietà dei comuni capoluogo negli Agec). “Stiamo discutendo l’assestamento di bilancio – sostiene il dipietrista veronese - e alcuni emendamenti che andavano in aiuto a chi sta subendo più di altri la crisi, cioè chi resta senza lavoro, sono stati respinti dalla maggioranza di centrodestra. Ho proposto allora che l’aula adotti un ordine del giorno che impegni gli enti preposti ad alleggerire la zavorra dell’affitto a chi si trova in questa condizione”. “Anche se fossero importi modesti – aggiunge Franchetto - per chi non sa come mandare a scuola i figli o è in difficoltà per mettere assieme pranzo e cena, sarebbe un’importante boccata d’ossigeno”. “Le famiglie meno abbienti che sono in affitto nel mercato privato non verrebbero purtroppo raggiunte da questo provvedimento - precisa l’esponente IdV - ma la Regione assicura già un sostegno economico a chi è in difficoltà nel pagamento del canone di locazione, con il cosiddetto Fondo Affitti, che viene erogato dai Comuni di residenza”.

venerdì 24 luglio 2009

CITTADINI IN-COMPIUTI

Tra gli altri ospiti, il presidente della Camera Gianfranco Fini, il segretario del Partito Democratico Dario Franceschini, il presidente del Forum delle Famiglie Francesco Belletti, il direttore della Caritas Italiana Vittorio Nozza, l'osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa Aldo Giordano

Roma, 24 luglio 2009 - Cittadini in-compiuti. Quale polis globale per il XXI secolo. E' dedicato quest'anno al tema della cittadinanza, tra limiti e possibili sviluppi, il tradizionale Incontro nazionale di studi delle Acli, giunto alla sua quarantaduesima edizione, in programma a Perugia dal 3 al 5 settembre. Ospite nella prima giornata: il presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini.
Partendo dal riconoscimento dell'«insufficienza» dell'attuale statuto, non più adeguato ad una società «mobile e plurale» come quella odierna, le Acli si propongono di elaborare un «nuovo modello di cittadinanza», capace di riconoscere le esigenze e i diritti dei nuovi lavoratori precari, delle donne, dei giovani, degli immigrati, delle famiglie. Cittadinanza vuol dire insieme «democrazia e inclusione sociale» - sostengono le Acli - ma questo è oggi possibile solamente passando «da una concezione stato-centrica della cittadinanza ad una nuova visione umano-centrica, che faccia coincidere, appunto, il cittadino con la persona».
Numerosi gli ospiti porteranno il loro contributo alle giornate di studio di Perugia. A partire da giovedì 3 settembre (ore 15.00, Teatro del Pavone, Piazza della Repubblica) con l'intervento del presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini. La relazione del presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero darà il via ai lavori della tre giorni. Prenderanno quindi la parola, tra gli altri, la presidente della Regione Umbria Maria Pia Lorenzetti, il presidente dell'Istituto Treccani Giuliano Amato (La cittadinanza come fondamento della democrazia politica ed economica), il sovrintendete ai beni culturali del comune di Roma Umberto Broccoli (Alle radici della cittadinanza: l'eredità del mondo classico).
La giornata di venerdì 4 settembre è dedicata ai laboratori tematici, che affronteranno la questione cittadinanza declinandola nei diversi ambiti della famiglia, dell'immigrazione, delle donne e dei giovani, del lavoro, dell'economia, dell'ambiente, dell'educazione e della partecipazione. Parteciperanno, tra gli altri, il neo-presidente del Forum delle Famiglie Francesco Belletti e la storica Anna Bravo dell'Università di Torino. Nel pomeriggio, porterà il suo contributo il segretario nazionale del Partito Democratico Dario Franceschini.
Sabato 5 settembre, infine, presso la Sala dei Notari nel Palazzo dei Priori (Piazza IV Novembre). la giornata conclusiva dell'Incontro di Studi, con la proposta di un manifesto per la nuova cittadinanza. Intervengono tra gli altri: mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana (La cittadinanza e la nuova questione sociale); Leonardo Becchetti, dell'Università di Tor Vergata (La cittadinanza economica); mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il consiglio d'Europa (Anche in Europa cittadini in-compiuti: quale ruolo per i cristiani nella società civile europea?).

martedì 21 luglio 2009

L'AQUILA: DOMANI SI RIUNISCE LA PRESIDENZA NAZIONALE DELLE ACLI. L'INAUGURAZIONE DELLA NUOVA SEDE. LE INIZIATIVE DI SOLIDARIETA'

Roma, 21 luglio 2009 - Domani, mercoledì 22 luglio, riunione eccezionale della presidenza nazionale delle Acli all'Aquila, per fare il punto sulle iniziative di solidarietà promosse in seguito al terremoto, e inaugurare ufficialmente la nuova sede dell'associazione. La vecchia sede, infatti, in Via Arco dei Francesi, in piena zona rossa, è tutt'ora inagibile e inaccessibile. Come molti dei circoli delle Acli, compreso lo storico "Acli Fanin", accanto alla Chiesa di Santa Maria di Roio, costituito nel 1946: il circolo Acli più antico dell'Aquila e d'Abruzzo, tra i più antichi d'Italia.
Primo appuntamento, dunque, alle ore 11.00 in Via Carducci 30, nel quartiere di Pettino, per l'inaugurazione ufficiale della nuova sede delle Acli provinciali e regionali, del Patronato e del Caf Acli. Presenti tra gli altri: l'arcivescovo metropolita mons. Giuseppe Molinari, il sindaco Massimo Cialente, il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero.
Nel pomeriggio, dalle 15.30, nella stessa sede, si riunisce la presidenza nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. Tra le questioni all'ordine del giorno, il punto sulle iniziative di solidarietà promosse dalle Acli in seguito al tragico terremoto del 6 aprile e i progetti in cantiere per il prossimo futuro. (c.s.)

venerdì 10 luglio 2009

Malattie rare metaboliche: spot Aismme

Malattie genetiche metaboliche : non c’è più tempo. Uno spot dell’AISMME per lo screening neonatale allargato. Con la voce di Veronica Pivetti

Padova, 11.07.2009. Si chiamano Stefano, Sara, Matteo, Milo, sono bambini che non hanno avuto la fortuna di nascere il Toscana od in una delle poche aree in Italia dove viene applicato lo screening neonatale allargato, un semplice test che consente l’identificazione precoce di 60 malattie metaboliche ereditarie, permettendo sin da subito l’applicazione di diete e cure che evitano l’instaurarsi di gravi danni nell’organismo quando anche non la morte. La loro malattia non è stata identificata immediatamente e così non sono stati curati in modo adeguato. Alcuni di loro sono morti, altri stanno solo aspettando, altri ancora vivranno, ma non potranno mai giocare come tutti gli altri bambini. Eppure sarebbe bastata una goccia del loro sangue e la sensibilità di Governo e Regioni per fare della loro una vita “normale”.
“Non deve più essere la sorte a scegliere per i 570 mila bambini che nascono ogni anno in Italia - spiega Cristina Vallotto, presidente di AISMME Onlus, l’Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie, che riunisce genitori di bambini affetti da queste malattie - Il test deve essere disponibile in tutte le Regioni nel nostro Paese”. Attualmente vengono screenati per legge solamente i nuovi nati nella Regione Toscana e le altre Regioni si stanno muovendo a macchia di leopardo, confidando sulla iniziativa personale di Amministratori pubblici o di istituzioni sanitarie: la Sicilia ha attivato la fase sperimentale del test, in Emilia Romagna se ne discute a livello istituzionale; su progetto sperimentale sin dal 2004 è stato applicato a tutti i neonati della Liguria e in una parte del Lazio; entro il 2009, grazie anche alle campagne di sensibilizzazione dell’AISMME, lo screening metabolico allargato troverà applicazione in tutto il Veneto, nel Friuli Venezia Giulia e nelle Provincie di Trento e Bolzano. Altrove tutto tace.
Un silenzio assordante, che l’AISMME sta da anni tentando di rompere. “Dall’anno della nostra fondazione, il 2005, stiamo facendo pressione sulle autorità nazionali e locali, politiche e sanitarie, e sensibilizzando la pubblica opinione – continua la Vallotto - perché lo screening neonatale allargato sia applicato su tutto il territorio nazionale. Siamo stati presenti sulle principali testate ed emittenti italiane ed abbiamo lavorato con campagne locali nelle diverse Regioni”. In questi giorni ha preso il via un’ulteriore campagna nazionale, forte di uno spot audio e video “Per non venire alla luce e poi ricadere nel buio” che verrà trasmesso sulle reti Mediaset, nelle emittenti locali e nelle principali radio italiane. Lo spot, con la regia di Fabio Sartor, è stato ufficialmente presentato il 28 febbraio a Roma, nel corso del convegno "Figli di un male minore?", organizzato nell’ambito della Seconda Giornata Mondiale delle Malattie Rare e sarà nelle prossime settimane in onda sulle principali reti televisive nazionali e locali. La voce allo spot è stata regalata dall’attrice Veronica Pivetti, mentre la location è il reparto di pediatria dell’Ospedale di Castelfranco Veneto, su gentile concessione del Direttore, il professor Luigi Pavanello.
“Abbiamo voluto realizzare uno spot che catturasse l’interesse e sollecitasse la curiosità, senza sfruttare i toni tragici o morbosi, le tinte forti di tanta pubblicità sociale - ha spiegato Manuela Pedron, vice Presidente di Aismme - Ne è venuto fuori un prodotto semplice ma bello, di facile comprensione, che ci auguriamo possa contribuire in modo efficace alle nostre campagne informative, aiutandoci nella nostra lotta per l’applicazione dello screening neonatale allargato a tutto il territorio italiano”.
“Quando sono stata contattata per girare questo spot non ho pensato neppure per un attimo di rifiutare - commenta Veronica Pivetti - E’ stata un’esperienza piacevole professionalmente, ma soprattutto importante dal punto di vista umano. Non avevo mai sentito parlare dello screening allargato e sono rimasta stupita da quanto poco serva, una goccia di sangue e pochi Euro, per dispiegare un programma di prevenzione così importante. Sono nata professionalmente come doppiatrice e ho lavorato moltissimo per cartoni animati, film e video per bambini. So quanto sia importante ‘dare la voce’, in particolare a chi, perché ancora non parla, è negata la parola”. “Quello dello spot è un messaggio importante - continua Veronica - dato in modo quieto e non allarmistico. Denota una grande serietà ma sottolinea anche l’importanza di un approccio sereno al problema. Troppo spesso la paura ci impedisce di affrontare esami e test che potrebbero dare esiti negativi. Questo spot ci insegna che non dobbiamo aver paura, non dobbiamo ficcare la testa sotto la sabbia per timore di soffrire. Nella vita può succedere di tutto, sta a noi mettere in campo tutti gli strumenti necessari per contenere i rischi. Bisogna avere il coraggio di voler conoscere sin da subito la verità, se questo può aiutarci a salvare una vita o a contenerne le sofferenze. Più controlli dunque, per i nostri bambini, e tutto l’amore che possiamo donare loro”.

(c.s.)

mercoledì 8 luglio 2009

ACLI: DOMANI A PADOVA SEMINARIO NAZIONALE SU "IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA"

In Italia, nel 2008, gli stranieri regolari residenti hanno raggiunto quota 4.000.000. Eppure manca ancora nel nostro Paese una «vera politica di integrazione» che sappia mettere insieme «diritti sociali, diritti politici e diritti di cittadinanza».
È quanto sostengono le Acli, che a questo tema dedicheranno domani, giovedì 9 luglio, a Padova (Sala Anziani del Municipio, via del Municipio 1 - ore 16), un seminario nazionale di studi. L'appuntamento - dal titolo: "Cittadini in-compiuti. Cittadinanza e immigrazione tra vecchi e nuovi confini" - è promosso dall'Area immigrazione della Presidenza nazionale delle Acli, in collaborazione con il Patronato e la Funzione studi.
Interverranno Antonio Russo, responsabile dell'Area Immigrazione delle Acli ("Diritto di cittadinanza e accesso al sistema di welfare"), Ennio Codini, dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ("I nuovi confini della cittadinanza") e Lorenza Carlassare, costituzionalista, dell'Università degli studi di Padova. Coordinerà il dibattito Marco Ferrero, presidente provinciale delle Acli di Padova e concluderà i lavori Andrea Olivero, presidente nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani.

martedì 7 luglio 2009

VARIANTE ALLA SS 12. FRANCHETTO: A CHE PUNTO SIAMO?

Vai su www.franchetto.net (raggiungibile anche cliccando www.franchetto.it). Nel sito internet di Gustavo Franchetto, consigliere regionale di Italia dei Valori , trovi la sua interrogazione sulla variante alla S.S. 12 di Verona. Dopo circa un anno, il politico IdV torna sull'argomento, per chiedere alla Giunta regionale a che punto sia l'iter del progetto. E poi, in momenti di crisi come questi, non bisogna incentivare la realizzazione di infrastrutture? Leggi tutto in Home page su www.franchetto.net

mercoledì 1 luglio 2009

Ddl sicurezza: Acli, seriamente preoccupati

Inascoltati tutti gli appelli. Irrisolta la questione delle "badanti" irregolari

Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani si dicono «seriamente preoccupate» per le conseguenze del disegno di legge sulla sicurezza che il Governo ha deciso di "blindare" con la fiducia anche al Senato, «nonostante i ripetuti appelli alla ragionevolezza - ricordano le Acli - promossi in questi mesi dalle organizzazioni sociali e dal mondo ecclesiale».
«Siamo preoccupati - spiega il presidente nazionale Andrea Olivero - per le misure restrittive e punitive che il disegno di legge introduce nei confronti dei cittadini immigrati, andando ad agire nella sfera dei diritti fondamentali e della dignità umana: il matrimonio, la salute, la scuola».
«Il Governo dovrà assumersi la responsabilità per aver voluto favorire, nei fatti e nelle intenzioni, un clima pericoloso di paura e di sospetto che alimenterà la clandestinità anziché combatterla, renderà gli immigrati irregolari ancora più invisibili, soprattutto sui posti di lavoro, provocherà forti limitazioni nell'esercizio dei diritti fondamentali, complicando la vita degli stessi immigrati regolarmente residenti».
Le Acli ricordano che rimane irrisolta la questione delle "badanti" irregolari e delle decine di migliaia di famiglie che le ospitano, avendo fatto richiesta di assunzione con il decreto flussi senza aver ricevuto ancora risposta. «Colpisce - commenta il presidente Olivero - la totale cecità del governo di fronte a questioni così evidenti come quella delle lavoratrici immigrate che assistono i nostri anziani». «Una cecità - continua Olivero - che tradisce un approccio puramente ideologico al tema dell'immigrazione e, più in generale, una mancanza di visione di futuro, una chiusura al mondo e ai cambiamenti che comunque avvengono e che non si è in grado di governare».

martedì 30 giugno 2009

AEROPORTO DI VERONA, SI RISCHIA LA PARALISI. L'INTERROGAZIONE DI FRANCHETTO

Nel sito internet del consigliere regionale di Italia dei Valori Gustavo Franchetto www.franchetto.net (raggiungibile anche cliccando www.franchetto.it) trovi la sua interrogazione sull’aeroporto Catullo di Verona-Villafranca.
Una delle domande che Franchetto pone alla Regione è: "qual è la reale situazione di bilancio dell’Aeroporto di Verona, dato in continua crescita negli annunci ufficiali, per poi scoprire che è in profondo rosso con ripercussioni sul personale dipendente?"
Leggi tutto in Home page su www.franchetto.net

lunedì 29 giugno 2009

venerdì 26 giugno 2009

Cacciari: Spazio alla generazione Serracchiani

(Apcom) - “E adesso occorre finalmente un grande congresso del Partito democratico. Le elezioni non sono certo andate bene, però quello ottenuto è un risultato da cui si può ripartire. Non c’è stata la debacle che Berlusconi sperava”. Massimo Cacciari in un’intervista a Repubblica dice la sua sul futuro del Pd e suggerisce di mettere alla guida del partito una nuova generazione, quella di Debora Serracchiani: “E’ necessaria una nuova squadra davvero rappresentativa della volontà di cambiamento - osserva il sindaco di Venezia -. Non ho in mente un nome in particolare. Perchè no anche la Serracchiani potrebbe presentarsi per la segreteria”. Cacciari esclude categoricamente una sua discesa in campo perché “la mia generazione dovrebbe capire che è arrivato il momento di lasciare il testimone. Dobbiamo ammettere che siamo stati sconfitti”. Quanto all’organizzazione del partito sul territorio il Primo cittadino di Venezia si augura che “queste elezioni siano servite a convincere il partito che la questione del Lombardo-Veneto è centrale e non è più rinviabile nel futuro. La necessità di una forte autonomia organizzativa in tutti i sensi è un elemento fondamentale delle scelte che il Pd dovrà fare al congresso”, Cacciari rilancia la proposta già fatta in passato insieme a Sergio Chiamparino di un Pd del Nord: “Se fosse stata portata avanti con serietà - dice - un pò più di fiato lo avremmo avuto anche in queste ultime elezioni, visto che Penati e Zoggia hanno perso per qualche migliaia di voti”.

giovedì 25 giugno 2009

MIGRANTI: "MORIRE DI SPERANZA"

Roma - Una veglia per ricordare le "vittime della speranza". Per il terzo anno consecutivo Acli, Centro Astalli, Caritas Italiana, Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Fondazione Migrantes, organizzano una preghiera ecumenica in memoria delle vittime dei viaggi verso l'Europa ("Morire di speranza") . Oggi, giovedì 25 giugno, alle ore 18.00, nella Basilica di Santa Maria Trastevere a Roma, presieduta dal vescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Partecipano comunità e associazioni di immigrati, rifugiati e organizzazioni di volontariato.
Nei primi quattro mesi del 2009 - secondo dati attendibili - i morti nel Canale di Sicilia sono stati 339. In tutto il 2008 erano stati 642. Dal 1988 le morti documentate dalla stampa internazionale sono state 14.661, tra cui si contano 6.327 dispersi. «Pregare per questi uomini e queste donne - scrivono gli organizzatori della veglia - vuole dire anche accendere i riflettori su una situazione che va sempre più aggravandosi».
«Sono ancora tragicamente troppo pochi coloro che riescono ad arrivare alla meta: molti, nessuno sa quanti, non ce la fanno nemmeno a raggiungere le coste nordafricane perché muoiono nella lunga traversata del deserto. Altri trovano la morte in quella striscia di mare che divide l'Africa dall'Europa. Sono uomini e donne in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni per le quali in molte parti del mondo ancora si muore. Sono esseri umani talmente disperati da rischiare di mettere a repentaglio la loro stessa vita pur di arrivare alle soglie della salvezza che l'Europa per loro e i propri figli rappresenta».
Le notizie delle ultime settimane sui respingimenti in mare da parte del governo italiano verso la Libia - continuano gli organizzatori - «sono fonte di grave preoccupazione». «Le centinaia di persone tra cui donne e bambini, oltre ad aver rischiato la vita in un viaggio ai limiti della realtà, vengono accompagnati - contro le principali norme del diritto internazionale e del mare - in un paese che non garantisce il rispetto dei diritti umani fondamentali. Di molti purtroppo non si hanno più notizie».
«Dimenticare, rimuovere, rassegnarsi alla normalità delle tragedie dell'immigrazione - concludono - vuol dire lasciare morire ancora una volta le vittime in viaggio verso l'Europa: 'le vittime della speranza'».

martedì 23 giugno 2009

DONADI (IDV) : GOVERNO INTERVENGA SU ALPI EAGLES

“Questo governo è incapace di difendere la competitività del sistema Paese e le nostre aziende. Esistono realtà aziendali che a vanno salvaguardate, come ad esempio la compagnia aerea Alpi Eagles, attualmente in crisi, con 300 dipendenti in cassa integrazione. Il principale ostacolo all’applicazione di un piano di rilancio della compagnia è la diffidenza degli istituti di credito". Lo dichiara in una nota l'on. Massimo Donadi, capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera.
"Per questa ragione - prosegue Donadi - abbiamo presentato un’interrogazione urgente al ministro Scajola, affinché avvii al più presto ogni iniziativa ed intervento presso gli istituto di credito, per il rilancio di un’azienda che ha creato un indotto estremamente rilevante non solo per il Veneto e la città di Venezia, ma anche per altre regioni italiane, assumendo l’impegno di sensibilizzare gli istituti di credito coinvolti nella vicenda”.

venerdì 19 giugno 2009

L'affondo di Giuliano Ferrara

"Caro Cav., un premier non si difende così", "non naviga per settimane tra mezze bugie", ma anzi "tocca a lui tirarsi su da questa condizione di minorità civile in cui si è ficcato, e reagire con scrupolo, intelligenza e forza d'animo. La situazione si è fatta grave, e persino seria".
Con un editoriale in prima pagina sul 'Foglio', Giuliano Ferrara critica severamente Silvio Berlusconi per la gestione delle vicende che lo hanno coinvolto nell'ultimo mese e mezzo. "Può essere che abbia ragione" Berlusconi a denunciare un "piano eversivo contro di lui", scrive l'Elefantino, ma "il problema è che le armi affilate di questa campagna provengono tutte da Berlusconi in persona e dal suo entourage".
Elenca Ferrara: "Una licenziosità di comportamento difficile da classificare e che abbiamo cercato di spiegare e difendere su queste colonne fin dove possibile, uno stile di vita esposto comunque ai noti meccanismi di condizionamento e di ricatto, vero o falso che sia il singolo racconto scandalistico, che sono l'eterna tentazione di coloro che frequentano in condizioni non perfettamente trasparenti gli uomini pubblici". E poi "un'autodifesa spesso risibile, esposta al ludibrio della stampa italiana e internazionale, difficile da capire nella logica di uno staff compos sui, capace di fare il proprio mestiere".
Ultimo esempio l'"utilizzatore finale" utilizzato da Ghedini: "Una bestialità culturale e civile" che "riduce la storia in cui si cerca di invischiare il suo cliente, il che è veramente grave, a qualcosa di simile a quella che capitò all'onorevole Cosimo Mele". A giudizio di Ferrara, però, il premier "non può comportarsi come un deputato di provincia preso con le mani nel vasetto della marmellata".
'Il Foglio' mette il premier davanti a un'alternativa secca: "O accetta di naufragare in un lieto fine fatto di feste e belle ragazze, oppure si mette in testa di ridare il senso e la dignità di una grande avventura politica" all'insieme delle sue opere". Perché "il premier non si fa rappresentare da dichiarazioni slabbrate, non naviga per settimane tra mezze bugie che alimentano sospetti anche e soprattutto sugli aspetti più candidi del suo comportamento, non si dà per accessibile al primo che passa".
Al contrario "un capo di governo parla al Paese, agisce sulle cose che contano, evita di farsi intrappolare nello scandalismo, parla un linguaggio di verità". Altrimenti, avverte Ferrara, "si andrà avanti con questo clima da 24 luglio permanente", ovvero la vigilia del Gran Consiglio che determinò la caduta di Mussolini, "in un clima di sospetti arroventato anche da una classe dirigente di maggioranza e di governo attenta alle proprie convenienze e opportunisticamente piegata, orecchio a terra, a captare i rumori e i rumors di un imminente declino".

(Fonte: RaiNews24)

mercoledì 17 giugno 2009

Pd: Nasce Alleanza Progressista

(ANSA) - Bruxelles, 17 GIU - Si chiama gruppo dell’alleanza progressista dei socialisti e dei democratici la nuova formazione all’europarlamento che includerà il Pd. Lo ha spiegato Dario Franceschini al termine di una riunione con la delegazione del Pd all’europarlamento. David Sassoli sarà il capo delegazione mentre per Gianluca Susta c’è l'indicazione come vice capogruppo. Il nuovo gruppo rappresenta “una nuova partenza”, ha affermato il segretario del Pd, Dario Franceschini.


PD: L.BERLINGUER, ASDE PER UNA RETE MONDIALE DI RIFORMISTI

(ASCA) - Roma, 17 giu - ''In Europa da oggi c'è una importante e positiva novità, l'Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici''. E' quanto afferma l'europarlamentare del Partito democratico Luigi Berlinguer al termine della riunione di insediamento degli eletti italiani. ''Il nuovo Gruppo si propone, a cominciare dal nome coniato ex novo, di costruire un ponte con i partiti riformisti e progressisti del mondo extraeuropeo. L'obiettivo ambizioso - spiega Berlinguer - è quello di dare vita, con il quotidiano lavoro nell'Europarlamento, a una rete mondiale del riformismo. E' una novità rilevante anche per il campo socialista tradizionale - sottolinea Berlinguer - perché ciò significa che non si vuole imporre ai propri alleati democratici l'ideologia e la denominazione socialista''. ''Sia chiaro, nessuno nel mondo del socialismo europeo pensa ad abrogare il socialismo - conclude Berlinguer -, così come appare altrettanto chiaro che nessuno intende oggi conservarlo come un santino con il rischio di sottrarlo alla necessaria riflessione teorico-politica sul suo rapporto con i bisogni della società contemporanea e con le nuove sfide che il mondo di oggi propone. Di fronte a risultati elettorali che hanno fatto segnare un arretramento complessivo, il nuovo centrosinistra europeo riparte affrontando problemi teorici, strategici, valoriali e s'interroga sulla sua collocazione nel mondo. E' la grande sfida dell'Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici''.

venerdì 5 giugno 2009

Il discorso di Obama al Cairo

Sono onorato di essere qui al Cairo, in questa città senza tempo, e di essere ospite di due importantissime istituzioni. Da oltre mille anni Al-Azhar rappresenta il faro della cultura islamica e da oltre un secolo l'Università del Cairo è la culla del progresso dell'Egitto. Insieme, queste due istituzioni rappresentano il connubio di tradizione e progresso. Sono grato di questa ospitalità e dell'accoglienza che il popolo egiziano mi ha riservato. Sono altresì orgoglioso di portare con me in questo viaggio le buone intenzioni del popolo americano, e di portarvi il saluto di pace delle comunità musulmane del mio Paese: assalaamu alaykum. Ci incontriamo qui in un periodo di forte tensione tra gli Stati Uniti e i musulmani in tutto il mondo, tensione che ha le sue radici nelle forze storiche che prescindono da qualsiasi corrente dibattito politico. Il rapporto tra Islam e Occidente ha alle spalle secoli di coesistenza e cooperazione, ma anche di guerre di religione e di conflitti. In tempi più recenti, questa tensione è stata alimentata dal colonialismo, che ha negato diritti e opportunità a molti musulmani, e da una Guerra Fredda nella quale i Paesi a maggioranza musulmana troppo spesso sono stati trattati come Paesi che agivano per procura, senza tener conto delle loro legittime aspirazioni. Oltretutto, i cambiamenti radicali prodotti dal processo di modernizzazione e dalla globalizzazione hanno indotto molti musulmani a considerare l'Occidente ostile nei confronti delle tradizioni dell'Islam. Violenti estremisti hanno saputo sfruttare queste tensioni in una minoranza, esigua ma forte, di musulmani. Gli attentati dell'11 settembre 2001 e gli sforzi continui di questi estremisti volti a perpetrare atti di violenza contro civili inermi ha di conseguenza indotto alcune persone nel mio Paese a considerare l'Islam come inevitabilmente ostile non soltanto nei confronti dell'America e dei Paesi occidentali in genere, ma anche dei diritti umani. Tutto ciò ha comportato maggiori paure, maggiori diffidenze. Fino a quando i nostri rapporti saranno definiti dalle nostre differenze, daremo maggior potere a coloro che perseguono l'odio invece della pace, coloro che si adoperano per lo scontro invece che per la collaborazione che potrebbe aiutare tutti i nostri popoli a ottenere giustizia e a raggiungere il benessere. Adesso occorre porre fine a questo circolo vizioso di sospetti e discordia. Io sono qui oggi per cercare di dare il via a un nuovo inizio tra gli Stati Uniti e i musulmani di tutto il mondo; l'inizio di un rapporto che si basi sull'interesse reciproco e sul mutuo rispetto; un rapporto che si basi su una verità precisa, ovvero che America e Islam non si escludono a vicenda, non devono necessariamente essere in competizione tra loro. Al contrario, America e Islam si sovrappongono, condividono medesimi principi e ideali, il senso di giustizia e di progresso, la tolleranza e la dignità dell'uomo. Sono ora cosciente che questo cambiamento non potrà avvenire nell'arco di una sola notte. Nessun discorso o proclama potrà mai sradicare completamente una diffidenza pluriennale. Né io sarò in grado, nel tempo che ho a disposizione, di porre rimedio e dare soluzione a tutte le complesse questioni che ci hanno condotti a questo punto. Sono però convinto che per poter andare avanti dobbiamo dire apertamente ciò che abbiamo nel cuore, e che troppo spesso viene detto soltanto a porte chiuse. Dobbiamo promuovere uno sforzo sostenuto nel tempo per ascoltarci, per imparare l'uno dall'altro, per rispettarci, per cercare un terreno comune di intesa. Il Sacro Corano dice: "Siate consapevoli di Dio e dite sempre la verità". Questo è quanto cercherò di fare: dire la verità nel miglior modo possibile, con un atteggiamento umile per l'importante compito che devo affrontare, fermamente convinto che gli interessi che condividiamo in quanto appartenenti a un unico genere umano siano molto più potenti ed efficaci delle forze che ci allontanano in direzioni opposte. Le mie convinzioni si basano parzialmente sulla mia stessa esperienza: sono cristiano, ma mio padre era originario di una famiglia del Kenya della quale hanno fatto parte generazioni intere di musulmani. Da bambino ho trascorso svariati anni in Indonesia, e ascoltavo al sorgere del Sole e al calare delle tenebre la chiamata dell'azaan. Quando ero ragazzo, ho prestato servizio nelle comunità di Chicago presso le quali molti trovavano dignità e pace nella loro fede musulmana. Ho studiato storia e ho imparato quanto la civiltà debba essere debitrice nei confronti dell'Islam. Fu l'Islam infatti - in istituzioni come l'Università Al-Azhar - a tenere alta la fiaccola del sapere per molti secoli, preparando la strada al Rinascimento europeo e all'Illuminismo. Fu l'innovazione presso le comunità musulmane a sviluppare scienze come l'algebra, a inventare la bussola magnetica, vari strumenti per la navigazione; a far progredire la maestria nello scrivere e nella stampa; la nostra comprensione di come si diffondono le malattie e come è possibile curarle. La cultura islamica ci ha regalato maestosi archi e cuspidi elevate; poesia immortale e musica eccelsa; calligrafia elegante e luoghi di meditazione pacifica. Per tutto il corso della sua Storia, l'Islam ha dimostrato con le parole e le azioni la possibilità di praticare la tolleranza religiosa e l'eguaglianza tra le razze. Anche che l'Islam ha avuto una parte importante nella Storia americana e di questo ne sono consapevole. La prima nazione a riconoscere il mio Paese è stato il Marocco. Firmando il Trattato di Tripoli nel 1796, il nostro secondo presidente, John Adams, scrisse: "Gli Stati Uniti non hanno a priori alcun motivo di inimicizia nei confronti delle leggi, della religione o dell'ordine dei musulmani". Sin dalla fondazione degli Stati Uniti, i musulmani americani hanno arricchito il mio Paese: hanno combattuto nelle nostre guerre, hanno prestato servizio al governo, si sono battuti per i diritti civili, hanno avviato aziende e attività, hanno insegnato nelle nostre università, hanno eccelso in molteplici sport, hanno vinto premi Nobel, hanno costruito i nostri edifici più alti e acceso la Torcia Olimpica. E quando di recente il primo musulmano americano è stato eletto come rappresentante al Congresso degli Stati Uniti, egli ha giurato di difendere la nostra Costituzione utilizzando lo stesso Sacro Corano che uno dei nostri Padri Fondatori - Thomas Jefferson - custodiva nella sua biblioteca personale. Ho pertanto conosciuto l'Islam in tre continenti, prima di venire in questa regione nella quale esso fu rivelato agli uomini per la prima volta. Questa esperienza illumina e guida la mia convinzione che una partnership tra America e Islam debba basarsi su ciò che l'Islam è, non su ciò che non è. Ritengo che rientri negli obblighi e nelle mie responsabilità di presidente degli Stati Uniti lottare contro qualsiasi stereotipo negativo dell'Islam, ovunque esso possa affiorare. Ma questo medesimo principio deve applicarsi alla percezione dell'America da parte dei musulmani. Proprio come i musulmani non ricadono in un approssimativo e grossolano stereotipo, così l'America non corrisponde a quell'approssimativo e grossolano stereotipo di un impero interessato al suo solo tornaconto. Gli Stati Uniti sono stati una delle più importanti culle del progresso che il mondo abbia mai conosciuto. Sono nati dalla rivoluzione contro un impero. Sono stati fondati sull'ideale che tutti gli esseri umani nascono uguali e per dare significato a queste parole essi hanno versato sangue e lottato per secoli, fuori dai loro confini, in ogni parte del mondo. Sono stati plasmati da ogni cultura, proveniente da ogni remoto angolo della Terra, e si ispirano a un unico ideale: E pluribus unum. "Da molti, uno solo". Si sono dette molte cose e si è speculato alquanto sul fatto che un afro-americano di nome Barack Hussein Obama potesse essere eletto presidente, ma la mia storia personale non è così unica come sembra. Il sogno della realizzazione personale non si è concretizzato per tutti in America, ma quel sogno, quella promessa, è tuttora valido per chiunque approdi alle nostre sponde, e ciò vale anche per quasi sette milioni di musulmani americani che oggi nel nostro Paese godono di istruzione e stipendi più alti della media. E ancora: la libertà in America è tutt'uno con la libertà di professare la propria religione. Ecco perché in ogni Stato americano c'è almeno una moschea, e complessivamente se ne contano oltre 1.200 all'interno dei nostri confini. Ecco perché il governo degli Stati Uniti si è rivolto ai tribunali per tutelare il diritto delle donne e delle giovani ragazze a indossare l'hijab e a punire coloro che vorrebbero impedirglielo. Non c'è dubbio alcuno, pertanto: l'Islam è parte integrante dell'America. E io credo che l'America custodisca al proprio interno la verità che, indipendentemente da razza, religione, posizione sociale nella propria vita, tutti noi condividiamo aspirazioni comuni, come quella di vivere in pace e sicurezza, quella di volerci istruire e avere un lavoro dignitoso, quella di amare le nostre famiglie, le nostre comunità e il nostro Dio. Queste sono le cose che abbiamo in comune. Queste sono le speranze e le ambizioni di tutto il genere umano. Naturalmente, riconoscere la nostra comune appartenenza a un unico genere umano è soltanto l'inizio del nostro compito: le parole da sole non possono dare risposte concrete ai bisogni dei nostri popoli. Questi bisogni potranno essere soddisfatti soltanto se negli anni a venire sapremo agire con audacia, se capiremo che le sfide che dovremo affrontare sono le medesime e che se falliremo e non riusciremo ad avere la meglio su di esse ne subiremo tutti le conseguenze. Abbiamo infatti appreso di recente che quando un sistema finanziario si indebolisce in un Paese, è la prosperità di tutti a patirne. Quando una nuova malattia infetta un essere umano, tutti sono a rischio. Quando una nazione vuole dotarsi di un'arma nucleare, il rischio di attacchi nucleari aumenta per tutte le nazioni. Quando violenti estremisti operano in una remota zona di montagna, i popoli sono a rischio anche al di là degli oceani. E quando innocenti inermi sono massacrati in Bosnia e in Darfur, è la coscienza di tutti a uscirne macchiata e infangata. Ecco che cosa significa nel XXI secolo abitare uno stesso pianeta: questa è la responsabilità che ciascuno di noi ha in quanto essere umano. Si tratta sicuramente di una responsabilità ardua di cui farsi carico. La Storia umana è spesso stata un susseguirsi di nazioni e di tribù che si assoggettavano l'una all'altra per servire i loro interessi. Nondimeno, in questa nuova epoca, un simile atteggiamento sarebbe autodistruttivo. Considerato quanto siamo interdipendenti gli uni dagli altri, qualsiasi ordine mondiale che dovesse elevare una nazione o un gruppo di individui al di sopra degli altri sarebbe inevitabilmente destinato all'insuccesso. Indipendentemente da tutto ciò che pensiamo del passato, non dobbiamo esserne prigionieri. I nostri problemi devono essere affrontati collaborando, diventando partner, condividendo tutti insieme il progresso. Ciò non significa che dovremmo ignorare i motivi di tensione. Significa anzi esattamente il contrario: dobbiamo far fronte a queste tensioni senza indugio e con determinazione. Ed è quindi con questo spirito che vi chiedo di potervi parlare quanto più chiaramente e semplicemente mi sarà possibile di alcune questioni particolari che credo fermamente che dovremo in definitiva affrontare insieme. Il primo problema che dobbiamo affrontare insieme è la violenza estremista in tutte le sue forme. Ad Ankara ho detto chiaramente che l'America non è - e non sarà mai - in guerra con l'Islam. In ogni caso, però, noi non daremo mai tregua agli estremisti violenti che costituiscono una grave minaccia per la nostra sicurezza. E questo perché anche noi disapproviamo ciò che le persone di tutte le confessioni religiose disapprovano: l'uccisione di uomini, donne e bambini innocenti. Il mio primo dovere in quanto presidente è quello di proteggere il popolo americano. La situazione in Afghanistan dimostra quali siano gli obiettivi dell'America, e la nostra necessità di lavorare insieme. Oltre sette anni fa gli Stati Uniti dettero la caccia ad Al Qaeda e ai Taliban con un vasto sostegno internazionale. Non andammo per scelta, ma per necessità. Sono consapevole che alcuni mettono in dubbio o giustificano gli eventi dell'11 settembre. Cerchiamo però di essere chiari: quel giorno Al Qaeda uccise circa 3.000 persone. Le vittime furono uomini, donne, bambini innocenti, americani e di molte altre nazioni, che non avevano commesso nulla di male nei confronti di nessuno. Eppure Al Qaeda scelse deliberatamente di massacrare quelle persone, rivendicando gli attentati, e ancora adesso proclama la propria intenzione di continuare a perpetrare stragi di massa. Al Qaeda ha affiliati in molti Paesi e sta cercando di espandere il proprio raggio di azione. Queste non sono opinioni sulle quali polemizzare: sono dati di fatto da affrontare concretamente. Non lasciatevi trarre in errore: noi non vogliamo che le nostre truppe restino in Afghanistan. Non abbiamo intenzione di impiantarvi basi militari stabili. È lacerante per l'America continuare a perdere giovani uomini e giovani donne. Portare avanti quel conflitto è difficile, oneroso e politicamente arduo. Saremmo ben lieti di riportare a casa anche l'ultimo dei nostri soldati se solo potessimo essere fiduciosi che in Afghanistan e in Pakistan non ci sono estremisti violenti che si prefiggono di massacrare quanti più americani possibile. Ma non è ancora così. Questo è il motivo per cui siamo parte di una coalizione di 46 Paesi. Malgrado le spese e gli oneri che ciò comporta, l'impegno dell'America non è mai venuto e mai verrà meno. In realtà, nessuno di noi dovrebbe tollerare questi estremisti: essi hanno colpito e ucciso in molti Paesi. Hanno assassinato persone di ogni fede religiosa. Più di altri, hanno massacrato musulmani. Le loro azioni sono inconciliabili con i diritti umani, il progresso delle nazioni, l'Islam stesso. Il Sacro Corano predica che chiunque uccida un innocente è come se uccidesse tutto il genere umano. E chiunque salva un solo individuo, in realtà salva tutto il genere umano. La fede profonda di oltre un miliardo di persone è infinitamente più forte del miserabile odio che nutrono alcuni. L'Islam non è parte del problema nella lotta all'estremismo violento: è anzi una parte importante nella promozione della pace. Sappiamo anche che la sola potenza militare non risolverà i problemi in Afghanistan e in Pakistan: per questo motivo stiamo pianificando di investire fino a 1,5 miliardi di dollari l'anno per i prossimi cinque anni per aiutare i pachistani a costruire scuole e ospedali, strade e aziende, e centinaia di milioni di dollari per aiutare gli sfollati. Per questo stesso motivo stiamo per offrire 2,8 miliardi di dollari agli afgani per fare altrettanto, affinché sviluppino la loro economia e assicurino i servizi di base dai quali dipende la popolazione. Permettetemi ora di affrontare la questione dell'Iraq: a differenza di quella in Afghanistan, la guerra in Iraq è stata voluta, ed è una scelta che ha provocato molti forti dissidi nel mio Paese e in tutto il mondo. Anche se sono convinto che in definitiva il popolo iracheno oggi viva molto meglio senza la tirannia di Saddam Hussein, credo anche che quanto accaduto in Iraq sia servito all'America per comprendere meglio l'uso delle risorse diplomatiche e l'utilità di un consenso internazionale per risolvere, ogniqualvolta ciò sia possibile, i nostri problemi. A questo proposito potrei citare le parole di Thomas Jefferson che disse: "Io auspico che la nostra saggezza cresca in misura proporzionale alla nostra potenza e ci insegni che quanto meno faremo ricorso alla potenza tanto più saggi saremo". Oggi l'America ha una duplice responsabilità: aiutare l'Iraq a plasmare un miglior futuro per se stesso e lasciare l'Iraq agli iracheni. Ho già detto chiaramente al popolo iracheno che l'America non intende avere alcuna base sul territorio iracheno, e non ha alcuna pretesa o rivendicazione sul suo territorio o sulle sue risorse. La sovranità dell'Iraq è esclusivamente sua. Per questo ho dato ordine alle nostre brigate combattenti di ritirarsi entro il prossimo mese di agosto. Noi onoreremo la nostra promessa e l'accordo preso con il governo iracheno democraticamente eletto di ritirare il contingente combattente dalle città irachene entro luglio e tutti i nostri uomini dall'Iraq entro il 2012. Aiuteremo l'Iraq ad addestrare gli uomini delle sue Forze di Sicurezza, e a sviluppare la sua economia. Ma daremo sostegno a un Iraq sicuro e unito da partner, non da dominatori. E infine, proprio come l'America non può tollerare in alcun modo la violenza perpetrata dagli estremisti, essa non può in alcun modo abiurare ai propri principi. L'11 settembre è stato un trauma immenso per il nostro Paese. La paura e la rabbia che quegli attentati hanno scatenato sono state comprensibili, ma in alcuni casi ci hanno spinto ad agire in modo contrario ai nostri stessi ideali. Ci stiamo adoperando concretamente per cambiare linea d'azione. Ho personalmente proibito in modo inequivocabile il ricorso alla tortura da parte degli Stati Uniti, e ho dato l'ordine che il carcere di Guantánamo Bay sia chiuso entro i primi mesi dell'anno venturo. L'America, in definitiva, si difenderà rispettando la sovranità altrui e la legalità delle altre nazioni. Lo farà in partenariato con le comunità musulmane, anch'esse minacciate. Quanto prima gli estremisti saranno isolati e si sentiranno respinti dalle comunità musulmane, tanto prima saremo tutti più al sicuro. La seconda più importante causa di tensione della quale dobbiamo discutere è la situazione tra israeliani, palestinesi e mondo arabo. Sono ben noti i solidi rapporti che legano Israele e Stati Uniti. Si tratta di un vincolo infrangibile, che ha radici in legami culturali che risalgono indietro nel tempo, nel riconoscimento che l'aspirazione a una patria ebraica è legittimo e ha anch'esso radici in una storia tragica, innegabile. Nel mondo il popolo ebraico è stato perseguitato per secoli e l'antisemitismo in Europa è culminato nell'Olocausto, uno sterminio senza precedenti. Domani mi recherò a Buchenwald, uno dei molti campi nei quali gli ebrei furono resi schiavi, torturati, uccisi a colpi di arma da fuoco o con il gas dal Terzo Reich. Sei milioni di ebrei furono così massacrati, un numero superiore all'intera popolazione odierna di Israele. Confutare questa realtà è immotivato, da ignoranti, alimenta l'odio. Minacciare Israele di distruzione - o ripetere vili stereotipi sugli ebrei - è profondamente sbagliato, e serve soltanto a evocare nella mente degli israeliani il ricordo più doloroso della loro Storia, precludendo la pace che il popolo di quella regione merita. D'altra parte è innegabile che il popolo palestinese - formato da cristiani e musulmani - ha sofferto anch'esso nel tentativo di avere una propria patria. Da oltre 60 anni affronta tutto ciò che di doloroso è connesso all'essere sfollati. Molti vivono nell'attesa, nei campi profughi della Cisgiordania, di Gaza, dei Paesi vicini, aspettando una vita fatta di pace e sicurezza che non hanno mai potuto assaporare finora. Giorno dopo giorno i palestinesi affrontano umiliazioni piccole e grandi che sempre si accompagnano all'occupazione di un territorio. Sia dunque chiara una cosa: la situazione per il popolo palestinese è insostenibile. L'America non volterà le spalle alla legittima aspirazione del popolo palestinese alla dignità, alle pari opportunità, a uno Stato proprio. Da decenni tutto è fermo, in uno stallo senza soluzione: due popoli con legittime aspirazioni, ciascuno con una storia dolorosa alle spalle che rende il compromesso quanto mai difficile da raggiungere. È facile puntare il dito: è facile per i palestinesi addossare alla fondazione di Israele la colpa del loro essere profughi. È facile per gli israeliani addossare la colpa alla costante ostilità e agli attentati che hanno costellato tutta la loro storia all'interno dei confini e oltre. Ma se noi insisteremo a voler considerare questo conflitto da una parte piuttosto che dall'altra, rimarremo ciechi e non riusciremo a vedere la verità: l'unica soluzione possibile per le aspirazioni di entrambe le parti è quella dei due Stati, dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace e in sicurezza. Questa soluzione è nell'interesse di Israele, nell'interesse della Palestina, nell'interesse dell'America e nell'interesse del mondo intero. È a ciò che io alludo espressamente quando dico di voler perseguire personalmente questo risultato con tutta la pazienza e l'impegno che questo importante obiettivo richiede. Gli obblighi per le parti che hanno sottoscritto la Road Map sono chiari e inequivocabili. Per arrivare alla pace, è necessario ed è ora che loro - e noi tutti con loro - facciamo finalmente fronte alle rispettive responsabilità. I palestinesi devono abbandonare la violenza. Resistere con la violenza e le stragi è sbagliato e non porta ad alcun risultato. Per secoli i neri in America hanno subito i colpi di frusta, quando erano schiavi, e hanno patito l'umiliazione della segregazione. Ma non è stata certo la violenza a far loro ottenere pieni ed eguali diritti come il resto della popolazione: è stata la pacifica e determinata insistenza sugli ideali al cuore della fondazione dell'America. La stessa cosa vale per altri popoli, dal Sudafrica all'Asia meridionale, dall'Europa dell'Est all'Indonesia. Questa storia ha un'unica semplice verità di fondo: la violenza è una strada senza vie di uscita. Tirare razzi a bambini addormentati o far saltare in aria anziane donne a bordo di un autobus non è segno di coraggio né di forza. Non è in questo modo che si afferma l'autorità morale: questo è il modo col quale l'autorità morale al contrario cede e capitola definitivamente. È giunto il momento per i palestinesi di concentrarsi su quello che possono costruire. L'Autorità Palestinese deve sviluppare la capacità di governare, con istituzioni che siano effettivamente al servizio delle necessità della sua gente. Hamas gode di sostegno tra alcuni palestinesi, ma ha anche delle responsabilità. Per rivestire un ruolo determinante nelle aspirazioni dei palestinesi, per unire il popolo palestinese, Hamas deve porre fine alla violenza, deve riconoscere gli accordi intercorsi, deve riconoscere il diritto di Israele a esistere. Allo stesso tempo, gli israeliani devono riconoscere che proprio come il diritto a esistere di Israele non può essere in alcun modo messo in discussione, così è per la Palestina. Gli Stati Uniti non ammettono la legittimità dei continui insediamenti israeliani, che violano i precedenti accordi e minano gli sforzi volti a perseguire la pace. È ora che questi insediamenti si fermino. Israele deve dimostrare di mantenere le proprie promesse e assicurare che i palestinesi possano effettivamente vivere, lavorare, sviluppare la loro società. Proprio come devasta le famiglie palestinesi, l'incessante crisi umanitaria a Gaza non è di giovamento alcuno alla sicurezza di Israele. Né è di giovamento per alcuno la costante mancanza di opportunità di qualsiasi genere in Cisgiordania. Il progresso nella vita quotidiana del popolo palestinese deve essere parte integrante della strada verso la pace e Israele deve intraprendere i passi necessari a rendere possibile questo progresso. Infine, gli Stati Arabi devono riconoscere che l'Arab Peace Initiative è stato sì un inizio importante, ma che non pone fine alle loro responsabilità individuali. Il conflitto israelo-palestinese non dovrebbe più essere sfruttato per distogliere l'attenzione dei popoli delle nazioni arabe da altri problemi. Esso, al contrario, deve essere di incitamento ad agire per aiutare il popolo palestinese a sviluppare le istituzioni che costituiranno il sostegno e la premessa del loro Stato; per riconoscere la legittimità di Israele; per scegliere il progresso invece che l'incessante e autodistruttiva attenzione per il passato. L'America allineerà le proprie politiche mettendole in sintonia con coloro che vogliono la pace e per essa si adoperano, e dirà ufficialmente ciò che dirà in privato agli israeliani, ai palestinesi e agli arabi. Noi non possiamo imporre la pace. In forma riservata, tuttavia, molti musulmani riconoscono che Israele non potrà scomparire. Allo stesso modo, molti israeliani ammettono che uno Stato palestinese è necessario. È dunque giunto il momento di agire in direzione di ciò che tutti sanno essere vero e inconfutabile. Troppe sono le lacrime versate; troppo è il sangue sparso inutilmente. Noi tutti condividiamo la responsabilità di dover lavorare per il giorno in cui le madri israeliane e palestinesi potranno vedere i loro figli crescere insieme senza paura; in cui la Terra Santa delle tre grandi religioni diverrà quel luogo di pace che Dio voleva che fosse; in cui Gerusalemme sarà la casa sicura ed eterna di ebrei, cristiani e musulmani insieme, la città di pace nella quale tutti i figli di Abramo vivranno insieme in modo pacifico come nella storia di Isra, allorché Mosé, Gesù e Maometto (la pace sia con loro) si unirono in preghiera. Terza causa di tensione è il nostro comune interesse nei diritti e nelle responsabilità delle nazioni nei confronti delle armi nucleari. Questo argomento è stato fonte di grande preoccupazione tra gli Stati Uniti e la Repubblica islamica iraniana. Da molti anni l'Iran si distingue per la propria ostilità nei confronti del mio Paese e in effetti tra i nostri popoli ci sono stati episodi storici violenti. Nel bel mezzo della Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno avuto parte nel rovesciamento di un governo iraniano democraticamente eletto. Dalla Rivoluzione Islamica, l'Iran ha rivestito un ruolo preciso nella cattura di ostaggi e in episodi di violenza contro i soldati e i civili statunitensi. Tutto ciò è ben noto. Invece di rimanere intrappolati nel passato, ho detto chiaramente alla leadership iraniana e al popolo iraniano che il mio Paese è pronto ad andare avanti. La questione, adesso, non è capire contro cosa sia l'Iran, ma piuttosto quale futuro intenda costruire. Sarà sicuramente difficile superare decenni di diffidenza, ma procederemo ugualmente, con coraggio, con onestà e con determinazione. Ci saranno molti argomenti dei quali discutere tra i nostri due Paesi, ma noi siamo disposti ad andare avanti in ogni caso, senza preconcetti, sulla base del rispetto reciproco. È chiaro tuttavia a tutte le persone coinvolte che riguardo alle armi nucleari abbiamo raggiunto un momento decisivo. Non è unicamente nell'interesse dell'America affrontare il tema: si tratta qui di evitare una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente, che potrebbe portare questa regione e il mondo intero verso una china molto pericolosa. Capisco le ragioni di chi protesta perché alcuni Paesi hanno armi che altri non hanno. Nessuna nazione dovrebbe scegliere e decidere quali nazioni debbano avere armi nucleari. È per questo motivo che io ho ribadito con forza l'impegno americano a puntare verso un futuro nel quale nessuna nazione abbia armi nucleari. Tutte le nazioni - Iran incluso - dovrebbero avere accesso all'energia nucleare a scopi pacifici se rispettano i loro obblighi e le loro responsabilità previste dal Trattato di Non Proliferazione. Questo è il nocciolo, il cuore stesso del Trattato e deve essere rispettato da tutti coloro che lo hanno sottoscritto. Spero pertanto che tutti i Paesi nella regione possano condividere questo obiettivo. Il quarto argomento di cui intendo parlarvi è la democrazia. Sono consapevole che negli ultimi anni ci sono state controversie su come vada incentivata la democrazia e molte di queste discussioni sono riconducibili alla guerra in Iraq. Permettetemi di essere chiaro: nessun sistema di governo può o deve essere imposto da una nazione a un'altra. Questo non significa, naturalmente, che il mio impegno in favore di governi che riflettono il volere dei loro popoli, ne esce diminuito. Ciascuna nazione dà vita e concretizza questo principio a modo suo, sulla base delle tradizioni della sua gente. L'America non ha la pretesa di conoscere che cosa sia meglio per ciascuna nazione, così come noi non presumeremmo mai di scegliere il risultato in pacifiche consultazioni elettorali. Ma io sono profondamente e irremovibilmente convinto che tutti i popoli aspirano a determinate cose: la possibilità di esprimersi liberamente e decidere in che modo vogliono essere governati; la fiducia nella legalità e in un'equa amministrazione della giustizia; un governo che sia trasparente e non si approfitti del popolo; la libertà di vivere come si sceglie di voler vivere. Questi non sono ideali solo americani: sono diritti umani, ed è per questo che noi li sosterremo ovunque. La strada per realizzare questa promessa non è rettilinea. Ma una cosa è chiara e palese: i governi che proteggono e tutelano i diritti sono in definitiva i più stabili, quelli di maggior successo, i più sicuri. Soffocare gli ideali non è mai servito a farli sparire per sempre. L'America rispetta il diritto di tutte le voci pacifiche e rispettose della legalità a farsi sentire nel mondo, anche qualora fosse in disaccordo con esse. E noi accetteremo tutti i governi pacificamente eletti, purché governino rispettando i loro stessi popoli. Quest'ultimo punto è estremamente importante, perché ci sono persone che auspicano la democrazia soltanto quando non sono al potere: poi, una volta al potere, sono spietati nel sopprimere i diritti altrui. Non importa chi è al potere: è il governo del popolo ed eletto dal popolo a fissare l'unico parametro per tutti coloro che sono al potere. Occorre restare al potere solo col consenso, non con la coercizione; occorre rispettare i diritti delle minoranze e partecipare con uno spirito di tolleranza e di compromesso; occorre mettere gli interessi del popolo e il legittimo sviluppo del processo politico al di sopra dei propri interessi e del proprio partito. Senza questi elementi fondamentali, le elezioni da sole non creano una vera democrazia. Il quinto argomento del quale dobbiamo occuparci tutti insieme è la libertà religiosa. L'Islam ha una fiera tradizione di tolleranza: lo vediamo nella storia dell'Andalusia e di Cordoba durante l'Inquisizione. Con i miei stessi occhi da bambino in Indonesia ho visto che i cristiani erano liberi di professare la loro fede in un Paese a stragrande maggioranza musulmana. Questo è lo spirito che ci serve oggi. I popoli di ogni Paese devono essere liberi di scegliere e praticare la loro fede sulla sola base delle loro convinzioni personali, la loro predisposizione mentale, la loro anima, il loro cuore. Questa tolleranza è essenziale perché la religione possa prosperare, ma purtroppo essa è minacciata in molteplici modi. Tra alcuni musulmani predomina un'inquietante tendenza a misurare la propria fede in misura proporzionale al rigetto delle altre. La ricchezza della diversità religiosa deve essere sostenuta, invece, che si tratti dei maroniti in Libano o dei copti in Egitto. E anche le linee di demarcazione tra le varie confessioni devono essere annullate tra gli stessi musulmani, considerato che le divisioni di sunniti e sciiti hanno portato a episodi di particolare violenza, specialmente in Iraq. La libertà di religione è fondamentale per la capacità dei popoli di convivere. Dobbiamo sempre esaminare le modalità con le quali la proteggiamo. Per esempio, negli Stati Uniti le norme previste per le donazioni agli enti di beneficienza hanno reso più difficile per i musulmani ottemperare ai loro obblighi religiosi. Per questo motivo mi sono impegnato a lavorare con i musulmani americani per far sì che possano obbedire al loro precetto dello zakat. Analogamente, è importante che i Paesi occidentali evitino di impedire ai cittadini musulmani di praticare la religione come loro ritengono più opportuno, per esempio legiferando quali indumenti debba o non debba indossare una donna musulmana. Noi non possiamo camuffare l'ostilità nei confronti di una religione qualsiasi con la pretesa del liberalismo. È vero il contrario: la fede dovrebbe avvicinarci. Ecco perché stiamo mettendo a punto dei progetti di servizio in America che vedano coinvolti insieme cristiani, musulmani ed ebrei. Ecco perché accogliamo positivamente gli sforzi come il dialogo interreligioso del re Abdullah dell'Arabia Saudita e la leadership turca nell'Alliance of Civilizations. In tutto il mondo, possiamo trasformare il dialogo in un servizio interreligioso, così che i ponti tra i popoli portino all'azione e a interventi concreti, come combattere la malaria in Africa o portare aiuto e conforto dopo un disastro naturale. Il sesto problema di cui vorrei che ci occupassimo insieme sono i diritti delle donne. So che si discute molto di questo e respingo l'opinione di chi in Occidente crede che se una donna sceglie di coprirsi la testa e i capelli è in qualche modo "meno uguale". So però che negare l'istruzione alle donne equivale sicuramente a privare le donne di uguaglianza. E non è certo una coincidenza che i Paesi nei quali le donne possono studiare e sono istruite hanno maggiori probabilità di essere prosperi. Vorrei essere chiaro su questo punto: la questione dell'eguaglianza delle donne non riguarda in alcun modo l'Islam. In Turchia, in Pakistan, in Bangladesh e in Indonesia, abbiamo visto Paesi a maggioranza musulmana eleggere al governo una donna. Nel frattempo la battaglia per la parità dei diritti per le donne continua in molti aspetti della vita americana e anche in altri Paesi di tutto il mondo. Le nostre figlie possono dare un contributo alle nostre società pari a quello dei nostri figli, e la nostra comune prosperità trarrà vantaggio e beneficio consentendo a tutti gli esseri umani - uomini e donne - di realizzare a pieno il loro potenziale umano. Non credo che una donna debba prendere le medesime decisioni di un uomo, per essere considerata uguale a lui, e rispetto le donne che scelgono di vivere le loro vite assolvendo ai loro ruoli tradizionali. Ma questa dovrebbe essere in ogni caso una loro scelta. Ecco perché gli Stati Uniti saranno partner di qualsiasi Paese a maggioranza musulmana che voglia sostenere il diritto delle bambine ad accedere all'istruzione, e voglia aiutare le giovani donne a cercare un'occupazione tramite il microcredito che aiuta tutti a concretizzare i propri sogni. Infine, vorrei parlare con voi di sviluppo economico e di opportunità. So che agli occhi di molti il volto della globalizzazione è contraddittorio. Internet e la televisione possono portare conoscenza e informazione, ma anche forme offensive di sessualità e di violenza fine a se stessa. I commerci possono portare ricchezza e opportunità, ma anche grossi problemi e cambiamenti per le comunità località. In tutte le nazioni - compresa la mia - questo cambiamento implica paura. Paura che a causa della modernità noi si possa perdere il controllo sulle nostre scelte economiche, le nostre politiche, e cosa ancora più importante, le nostre identità, ovvero le cose che ci sono più care per ciò che concerne le nostre comunità, le nostre famiglie, le nostre tradizioni e la nostra religione. So anche, però, che il progresso umano non si può fermare. Non ci deve essere contraddizione tra sviluppo e tradizione. In Paesi come Giappone e Corea del Sud l'economia cresce mentre le tradizioni culturali sono invariate. Lo stesso vale per lo straordinario progresso di Paesi a maggioranza musulmana come Kuala Lumpur e Dubai. Nei tempi antichi come ai nostri giorni, le comunità musulmane sono sempre state all'avanguardia nell'innovazione e nell'istruzione. Quanto ho detto è importante perché nessuna strategia di sviluppo può basarsi soltanto su ciò che nasce dalla terra, né può essere sostenibile se molti giovani sono disoccupati. Molti Stati del Golfo Persico hanno conosciuto un'enorme ricchezza dovuta al petrolio, e alcuni stanno iniziando a programmare seriamente uno sviluppo a più ampio raggio. Ma dobbiamo tutti riconoscere che l'istruzione e l'innovazione saranno la valuta del XXI secolo, e in troppe comunità musulmane continuano a esserci investimenti insufficienti in questi settori. Sto dando grande rilievo a investimenti di questo tipo nel mio Paese. Mentre l'America in passato si è concentrata sul petrolio e sul gas di questa regione del mondo, adesso intende perseguire qualcosa di completamente diverso. Dal punto di vista dell'istruzione, allargheremo i nostri programmi di scambi culturali, aumenteremo le borse di studio, come quella che consentì a mio padre di andare a studiare in America, incoraggiando un numero maggiore di americani a studiare nelle comunità musulmane. Procureremo agli studenti musulmani più promettenti programmi di internship in America; investiremo sull'insegnamento a distanza per insegnanti e studenti di tutto il mondo; creeremo un nuovo network online, così che un adolescente in Kansas possa scambiare istantaneamente informazioni con un adolescente al Cairo. Per quanto concerne lo sviluppo economico, creeremo un nuovo corpo di volontari aziendali che lavori con le controparti in Paesi a maggioranza musulmana. Organizzerò quest'anno un summit sull'imprenditoria per identificare in che modo stringere più stretti rapporti di collaborazione con i leader aziendali, le fondazioni, le grandi società, gli imprenditori degli Stati Uniti e delle comunità musulmane sparse nel mondo. Dal punto di vista della scienza e della tecnologia, lanceremo un nuovo fondo per sostenere lo sviluppo tecnologico nei Paesi a maggioranza musulmana, e per aiutare a tradurre in realtà di mercato le idee, così da creare nuovi posti di lavoro. Apriremo centri di eccellenza scientifica in Africa, in Medio Oriente e nel Sudest asiatico; nomineremo nuovi inviati per la scienza per collaborare a programmi che sviluppino nuove fonti di energia, per creare posti di lavoro "verdi", monitorare i successi, l'acqua pulita e coltivare nuove specie. Oggi annuncio anche un nuovo sforzo globale con l'Organizzazione della Conferenza Islamica mirante a sradicare la poliomielite. Espanderemo inoltre le forme di collaborazione con le comunità musulmane per favorire e promuovere la salute infantile e delle puerpere. Tutte queste cose devono essere fatte insieme. Gli americani sono pronti a unirsi ai governi e ai cittadini di tutto il mondo, le organizzazioni comunitarie, gli esponenti religiosi, le aziende delle comunità musulmane di tutto il mondo per permettere ai nostri popoli di vivere una vita migliore. I problemi che vi ho illustrato non sono facilmente risolvibili, ma abbiamo tutti la responsabilità di unirci per il bene e il futuro del mondo che vogliamo, un mondo nel quale gli estremisti non possano più minacciare i nostri popoli e nel quale i soldati americani possano tornare alle loro case; un mondo nel quale gli israeliani e i palestinesi siano sicuri nei loro rispettivi Stati e l'energia nucleare sia utilizzata soltanto a fini pacifici; un mondo nel quale i governi siano al servizio dei loro cittadini e i diritti di tutti i figli di Dio siano rispettati. Questi sono interessi reciproci e condivisi. Questo è il mondo che vogliamo. Ma potremo arrivarci soltanto insieme. So che molte persone - musulmane e non musulmane - mettono in dubbio la possibilità di dar vita a questo nuovo inizio. Alcuni sono impazienti di alimentare la fiamma delle divisioni, e di intralciare in ogni modo il progresso. Alcuni lasciano intendere che il gioco non valga la candela, che siamo predestinati a non andare d'accordo, e che le civiltà siano avviate a scontrarsi. Molti altri sono semplicemente scettici e dubitano fortemente che un cambiamento possa esserci. E poi ci sono la paura e la diffidenza. Se sceglieremo di rimanere ancorati al passato, non faremo mai passi avanti. E vorrei dirlo con particolare chiarezza ai giovani di ogni fede e di ogni Paese: "Voi, più di chiunque altro, avete la possibilità di cambiare questo mondo". Tutti noi condividiamo questo pianeta per un brevissimo istante nel tempo. La domanda che dobbiamo porci è se intendiamo trascorrere questo brevissimo momento a concentrarci su ciò che ci divide o se vogliamo impegnarci insieme per uno sforzo - un lungo e impegnativo sforzo - per trovare un comune terreno di intesa, per puntare tutti insieme sul futuro che vogliamo dare ai nostri figli, e per rispettare la dignità di tutti gli esseri umani. È più facile dare inizio a una guerra che porle fine. È più facile accusare gli altri invece che guardarsi dentro. È più facile tener conto delle differenze di ciascuno di noi che delle cose che abbiamo in comune. Ma nostro dovere è scegliere il cammino giusto, non quello più facile. C'è un unico vero comandamento al fondo di ogni religione: fare agli altri quello che si vorrebbe che gli altri facessero a noi. Questa verità trascende nazioni e popoli, è un principio, un valore non certo nuovo. Non è nero, non è bianco, non è marrone. Non è cristiano, musulmano, ebreo. É un principio che si è andato affermando nella culla della civiltà, e che tuttora pulsa nel cuore di miliardi di persone. È la fiducia nel prossimo, è la fiducia negli altri, ed è ciò che mi ha condotto qui oggi. Noi abbiamo la possibilità di creare il mondo che vogliamo, ma soltanto se avremo il coraggio di dare il via a un nuovo inizio, tenendo in mente ciò che è stato scritto. Il Sacro Corano dice: "Oh umanità! Sei stata creata maschio e femmina. E ti abbiamo fatta in nazioni e tribù, così che voi poteste conoscervi meglio gli uni gli altri". Nel Talmud si legge: "La Torah nel suo insieme ha per scopo la promozione della pace". E la Sacra Bibbia dice: "Beati siano coloro che portano la pace, perché saranno chiamati figli di Dio". Sì, i popoli della Terra possono convivere in pace. Noi sappiamo che questo è il volere di Dio. E questo è il nostro dovere su questa Terra. Grazie, e che la pace di Dio sia con voi.

(Fonte: L'Unità, 04 giugno 2009)