martedì 19 agosto 2008

Lezione di opposizione da Famiglia Cristiana

QUANDO I POLITICI FANNO DICHIARAZIONI SUPERFICIALI E IRRESPONSABILI
DRIBBLARE SUI FATTI VIZIETTO DEGLI ONOREVOLI
A un politico di una certa età, che ha attraversato tutto l'arco costituzionale, dovrebbe essere chiaro da che parte siamo stati e stiamo. Eppure, anziché entrare nel merito dei problemi da noi sollevati, si continua con la facile accusa di cattocomunismo.
Una volta eravamo conosciuti come un giornale di gente coraggiosa, "inviati" che andavano nell’Est europeo, sfidando polizie occhiutissime, a cercare le testimonianze del lungo martirio dei cristiani sotto il comunismo. Uno di noi andò nel luogo natale del cardinale Mindszenty, allora esule volontario nell’ambasciata americana di Budapest, per raccontare la sua vita. Un altro si conquistò la fiducia del cardinale Wyszynski e per primo rivelò e documentò la nascente, eroica resistenza dei cattolici polacchi.
Andavamo in Urss a cercare contatti con il dissenso religioso, portando aiuto in denaro a famiglie perseguitate a causa della fede, in buste chiuse da nascondere agli occhi della polizia. Quando vent’anni fa uscì il libro di uno di noi sul Millennio dell’evangelizzazione della Russia e sulla tragedia delle Chiese cristiane da Lenin fino ad Andropov, si ebbe l’elogio scritto di Giovanni Paolo II. Non siamo mai cambiati nel modo di affrontare le realtà del mondo con spirito di cristiani. Eppure, di tanto in tanto arrivano lettere: siete cattocomunisti. Perché? Perché critichiamo l’attuale Governo, come abbiamo fatto con tutti i Governi, anche democristiani, quando ci sembrava giusto e cristiano farlo.
Adesso la sciocca e inutile trovata di rilevare le impronte digitali ai bambini rom, aggiungendo violenza alla loro esistenza già piena di violenze anche da parte dei genitori, ha fatto scattare l’ira incontenibile di un politico, l’on. Giovanardi (dc, poi udc, ora Forza Italia e sottosegretario). Parlando di Famiglia Cristiana con un quotidiano "in rete", egli ha detto queste incredibili parole: «La maggior parte dei suoi articoli sono faziosi, usano un linguaggio degno dei centri sociali, come il Manifesto e Liberazione. Contesto il diritto di quel settimanale a essere venduto in chiesa e nelle parrocchie. Non rappresenta la vera dottrina della Chiesa e i cattolici se ne sono accorti. Insomma, si è convertito in un organo cattocomunista».
No, onorevole. Non siamo cattocomunisti. Tantomeno "criptocomunisti", come dichiarato dal loquacissimo Gasparri e da altri politici (Rotondi, Bertolini, Quagliariello), senza argomenti. Abbiamo definito "indecente" la proposta del ministro Maroni sui bambini rom, perché da un lato basta censirli, aiutarli a integrarsi con la società civile in cui vivono marginalizzati, ma dall’altro bisogna evitargli la vergogna di vedersi marcati per tutta la vita come membri di un gruppo etnico considerato in potenza tutto esposto alla criminalità.
Se ne sono accorti in tutta Europa, dove resta vivo l’orrore della discriminazione sociale delle minoranze: quella foto del bimbo ebreo nel ghetto di Varsavia con le mani alzate davanti alle Ss è venuta alla memoria come un simbolo. Per questo il Parlamento di Strasburgo e il Consiglio europeo hanno protestato. Esprit ha scritto: «Gli italiani sono incredibilmente duri contro i romeni e gli zingari». Sarà "incredibile", ma è vero. Speriamo che non si riveli mai vero il suo sospetto, che stia rinascendo da noi, sotto altre forme, il fascismo. Esprit non è cattocomunista.
Secondo Giovanardi non rappresentiamo la "vera dottrina della Chiesa". Nessuna autorità religiosa ci ha rimproverato nulla del genere. E lui non ha nessun titolo per giudicarci dal punto di vista teologico-dottrinale. Siamo stati, siamo e saremo sempre in prima linea su tutti i temi eticamente "irrinunciabili": divorzio, aborto, procreazione assistita, eutanasia, "dico", diritti della famiglia; abbiamo condannato l’inserimento dei radicali nelle liste del Pd. E ora basta.
Beppe Del Colle

LA LIBERTÀ DI STAMPA E LA GIUSTA PRECISAZIONE DI PADRE LOMBARDI AUTONOMIA DI GIUDIZIO MA SEMPRE FEDELI ALLA CHIESA
Il giornale cattolico, o cristiano, non è in senso stretto un giornale politico: non è a servizio di alcun partito, né si confonde con una precisa forza politica. Il giornale cattolico è palestra di opinioni, come tutti gli altri giornali, con riferimento alla luce ideale in cui si muove. Nessun argomento dev’essere tabù. Le opinioni possono essere dibattute, confrontate, chiarite, disapprovate, ma sempre in termini di rispetto. Tutti devono poter intervenire, tutti devono esporsi sul giornale. La politica del coprirsi e del coprire non serve a nulla
Mercoledì della scorsa settimana i quotidiani riportano un giudizio favorevole del settimanale statunitense Newsweek sui primi cento giorni del Governo Berlusconi, definiti nel titolo "un miracolo". Il giorno dopo i quotidiani anticipano un altro giudizio di un foglio straniero, il francese Esprit, che sta per uscire, sintetizzato, in un editoriale di Famiglia Cristiana (quello che appare in questo numero a pagina 23), in cui quel Governo è invece criticato.
Normale avvicendamento di opinioni politiche, espresse su riviste autorevoli? La logica vorrebbe che così fosse, ma il giudizio di Esprit è riportato da un settimanale cattolico, il più diffuso in Italia. Dunque, scandalo generale, titoli di fuoco, insulti dalla maggioranza: cattocomunisti, criptocomunisti, manganellatori fascisti. Interviene la Sala stampa vaticana, per bocca del direttore padre Lombardi, il quale precisa: «Famiglia Cristiana è una testata importante della realtà cattolica, ma non ha titolo per esprimere la linea né della Santa Sede né della Cei. Le sue posizioni sono responsabilità esclusiva della direzione».
"Sconfessione", addirittura "scomunica", commenta qualcuno. Beh, no. Pura e semplice verità. Famiglia Cristiana non solo non ha mai preteso di "esprimere la linea" politica della Santa Sede e della Cei, che hanno entrambe i loro giornali, ma ha sempre cercato di conformarsi al detto "in certis oboedientia, in dubiis libertas", confermato dal Vaticano II: totale, appassionata fedeltà alla dottrina della Chiesa, libertà di giudizio sulle vicende politiche e sociali fin dove non toccano i principi e i valori "irrinunciabili" che discendono dal Vangelo. Bastino due esempi tra tanti: i progetti avanzati dal Governo di Romano Prodi circa la legittimazione delle coppie di fatto e la proposta dell’attuale ministro Maroni di rilevare le impronte digitali ai bambini rom (da cui è nato il giudizio di Esprit in una complessa analisi dello stato della democrazia non soltanto in Italia, ma in tutta l’Europa). In entrambi i casi abbiamo ritenuto di non poter tacere la nostra opposizione e accettare l’invito a restare "super partes", che di tanto in tanto ci viene rivolto anche da un certo numero di nostri lettori. Nel giornalismo, "super partes" è poco più di un modo di dire, applicabile molto raramente, se non ci si vuole rassegnare al silenzio. A meno che, cent’anni dopo, non si voglia ripristinare per i cattolici il "non expedit". La democrazia è esattamente il contrario: esprimere in piena libertà i propri giudizi critici, in base a principi e valori – nel nostro caso quelli cristiani – condivisi da molti cittadini.
La stampa cattolica ha in più qualcosa che la differenzia da quasi tutto il resto dei media: non ha alle spalle nessun conflitto di interesse, pubblico o privato, non ha legami, né economici né politici, con nessun gruppo egemonico nella società civile. È più vicina ai poveri che ai ricchi. I settimanali diocesani sono delle Curie, Famiglia Cristiana e le riviste missionarie, e altre, sono edite in genere da Congregazioni religiose. A tutti è riconosciuta l’autonomia di giudizio, e la responsabilità su ciò che pubblicano appartiene alle rispettive direzioni.
Adesso che i cattolici, politicamente divisi, contano sempre meno a destra e a sinistra, è una linea non facile da mantenere. Ha scritto Franco Garelli su La Stampa: «In un tempo di grandi silenzi e allineamenti c’è una forza in queste prese di posizione da non sottovalutare, che ha i suoi costi sociali ma che è foriera di una presenza sociale più partecipe e riflessiva». Ben detto.
(Fonte: Famiglia Cristiana, n°34)

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