lunedì 17 novembre 2008

Silvio si è fermato a Trento

[Sceltro per voi]
di Marco Damilano – (Fonte: L’Espresso)

Il prossimo boccone si chiama Croce rossa italiana. "La nostra gente è stanca della gestione romanocentrica. I volontari sono in gran parte padani, se si va avanti così rischiamo di perderli. Sarebbe un guaio", ha dettato Umberto Bossi in persona: "Per il futuro bisognerà valutare le capacità manageriali, al Nord ci sono tanti nomi competenti". Traduzione dal padano all'italiano: la Lega punta a commissariare il vertice della Cri e a metterci una persona di fiducia. E non importa che la poltrona da cui si controllano 5 mila dipendenti e un buco di bilancio degno dell'Alitalia sia ambita anche da Alleanza nazionale, con Francesco Rocca, uomo del sindaco Gianni Alemanno. Bossi reclama quella postazione e la otterrà: tra alleati di governo non ci si spara sulla Croce rossa.La Lega pigliatutto è il volto più autentico del centrodestra, ben visibile all'indomani delle elezioni provinciali in Trentino. La sera del 10 novembre, nella sede della Lega di Trento in via di Torre Verde, il deputato bossiano Maurizio Fugatti, stanghette degli occhiali nere colorate di verde, ostentava soddisfazione: "In provincia siamo il primo partito del centrodestra". Lo stesso tripudio espresso dal quotidiano 'La Padania': 'Trento, il Carroccio avanza alle elezioni', ha titolato il giorno dopo i risultati il foglio leghista. E a palazzo Madama, il capo dei senatori padani Federico Bricolo ha chiesto al suo gruppo di applaudire il collega Sergio Divina, candidato alla presidenza della Provincia trentina. Peccato che per il resto del centrodestra la performance elettorale sia stata una catastrofe, con il Pdl bloccato a un misero 12,3 per cento, dopo aver preso il 27,4 alle elezioni politiche del 13 aprile. In termini assoluti la sconfitta è ancora più bruciante: in sei mesi il partito di Silvio Berlusconi ha più che dimezzato i voti, passando dagli 86 mila elettori di aprile ai 33 mila di novembre. La prima sconfitta dell'era berlusconiana, nelle vallate trentine dove l'onda azzurra è stata bloccata dal presidente del centrosinistra Lorenzo Dellai detto il Principe, lui sì un vero tritasassi elettorale, 20 anni al potere, mai un'elezione persa. Un Obama trentino di poche parole, alla guida di una coalizione Pd-Lista civica che piace tantissimo a Enrico Letta e a Bruno Tabacci, i più agguerriti sostenitori della necessità di esportare a Roma il modello trentino: il Pd alleato con un forte partito di centro.
Eppure, fino al giorno prima, i leghisti erano convinti della vittoria di Divina. Avevano in tasca gli ultimi sondaggi che davano il partito di Bossi oltre il 20 per cento, nell'unica regione del Nord dove non aveva mai sfondato. E il Senatur era venuto a benedire il trionfo annunciato: "Domani è il giorno della liberazione, nessuno potrà fermarlo". Accompagnato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, volato apposta da Mosca all'Adige per mettere in guardia i trentini: "Con Dellai sono guai".Invece, nei guai è finita l'alleanza Pdl-Lega. Sulla paternità della sconfitta i leghisti non hanno dubbi: "Noi abbiamo triplicato i voti, è il Pdl che è andato giù, molto sotto le aspettative. Se Berlusconi si fosse impegnato in prima persona, avremmo vinto", punta il dito il capogruppo alla Camera Roberto Cota. È la linea del Senatur: senza il Cavaliere il Pdl non esiste. La Lega esiste eccome, invece. Viste dagli azzurri, però, le cose stanno in maniera opposta. "Vuole sapere perché a Trento abbiamo perso? Vada a vedere cosa sta succedendo in Senato", spiega uno dei peones berlusconiani più incavolati. Nell'aula di palazzo Madama in questi giorni si vota sul pacchetto sicurezza ed è un carnevale verde padano. Una sarabanda leghista: ogni giorno un emendamento, ogni votazione una trovata. Prima il permesso di soggiorno a punti per gli immigrati. Poi il registro dei clochard, che obbliga il ministero dell'Interno a schedare i barboni. E ancora, la norma che permette ai comuni di "avvalersi di associazioni tra cittadini al fine di segnalare eventi che possono arrecare danno alla sicurezza o situazioni di disagio sociale e cooperare al presidio del territorio": in altre parole, per la prima volta le ronde padane sono riconosciute da una legge dello Stato, "il nostro capolavoro", quasi si commuove Mario Borghezio, un tenerone. Infine, l'emendamento che prevede referendum locali sui campi nomadi o sulla costruzione di nuove moschee: non si capisce cosa c'entri con la sicurezza dei cittadini, ma è benzina per il motore padano che si assicura nuove, epocali battaglie sul territorio contro nomadi e islamici.
A ogni passaggio si ripete la stessa scena: i colleghi del Pdl mugugnano, ma poi votano disciplinatamente per gli emendamenti leghisti. Mentre i senatori del Nord non ricambiano la cortesia. È bastato che Gianfranco Fini con Massimo D'Alema parlasse di commisssione Bicamerale sulla riforma federale per scatenare l'ira leghista: "Un carrozzone", lo definisce il solito Cota. E di Bicamerale non si parlerà più.
Insomma, è la Lega pigliatutto, la Lega che detta legge e mette gli occhi sulle poltrone che contano: non solo il commissario della Croce rossa. Un'egemonia che fa ballare la maggioranza: i primi a ribellarsi sono stati quelli della Lega Sud, i parlamentari dell'Mpa del governatore siciliano Raffaele Lombardo che da settimane votano sistematicamente contro il governo. An e Forza Italia soffrono in silenzio, almeno per ora. "Da quando è nato il Pdl abbiamo smesso di fare politica", si sfogano gli azzurri, stretti tra il movimentismo del Carroccio e l'attivismo istituzionale di Fini. E gli effetti si vedono: non c'è solo il Trentino a dimostrare che la Lega aumenta i suoi voti e il Pdl li perde. Nel Nord-est, secondo l'ultima indagine Demos, il partito di Bossi raccoglie la fiducia di quattro elettori su dieci, il consenso del Pdl si ferma a quota 34 per cento. Dati che confermano il trend: la Lega toglie voti al Pdl, ma poi non riesce a guidare l'alleanza alla vittoria.In Veneto ci sono ben 11 punti di distacco tra la Lega e il partitone berlusconiano: 42 per cento contro 33. Nella regione dove sta per aprirsi la partita più pesante: Bossi reclama la presidenza della Regione per il sindaco di Verona Flavio Tosi, il Veneto alla Lega è uno dei patti non scritti su cui si regge il governo Berlusconi. Il presidente forzista Giancarlo Galan non ci sta, da tempo ha lanciato l'allarme: "Con la Lega si perde, da Roma non possono dirci cosa dobbiamo fare", il flop elettorale del Pdl in Trentino gli dà ragione. Galan è un grande amico di Dellai, chi lo conosce racconta che ha tifato apertamente per il candidato del centrosinistra contro l'avversario leghista. E ora, il Doge veneto potrebbe seguire l'esempio del Principe trentino: mollare la Lega e fondare un partito territoriale aperto anche ad alleanze con il Pd. Un ribaltone negli equilibri che di certo non lascerebbe indifferente la Lega a Roma. Il Veneto val bene il governo.

(Fonte: L’Espresso, 17 novembre 2008)

Nessun commento: