[Scelto per voi] di Franco Insardà
Un vero e proprio tsunami. Così è stato definito il successo elettorale di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche. Un cataclisma che ha ridisegnato la geografia parlamentare, facendo scomparire molti partiti. Sulla spinta di quel risultato il Cavaliere ha scelto i ministri, ha adottato una serie di provvedimenti, votati velocemente in Parlamento, che gli hanno dato una grande popolarità. Poi su di lui si sono abbattute pesantemente tre tegole: la scuola, l’Alitalia e l’impasse sulle misure anti-recessione. E potrebbero non essere le sole secondo il classico schema dell’effetto domino. Eppure Berlusconi in questi sei mesi di governo ha avuto e dato la netta sensazione di essere una specie di Re Mida. L’Alitalia stava per essere ceduta ad Air France e il Cavaliere, brandendo la spada dell’italianità, ha promesso una cordata italiana per ”salvare” la compagnia di bandiera. C’era da risolvere il problema dei rifiuti in Campania e lui ha riunito il Consiglio dei ministri a Napoli per adottare in tempi rapidi una soluzione. I cittadini chiedevano maggiore sicurezza e il governo ha mandato l’esercito. La sua popolarità ha raggiunto livelli inimmaginabili forse dallo stesso Berlusconi. Un 72 per certo di consensi che gli hanno fatto dire, citando con una punta d’invidia il 91 per cento dei voti del suo amico presidente del Kazakistan: «Adesso possono soltanto scendere». Qualcuno ha letto quella frase in modo diverso e ieri un sondaggio Swg confermava che nell’ultimo mese la fiducia degli italiani nel premier è in calo di cinque-sei punti, soprattutto tra gli elettori di centro. I motivi di questo appannamento sono da ricercarsi proprio nella vicenda della scuola, nella difficoltà di adottare misure contro la recessione e nel caso Alitalia, scoppiato nelle ultime 24 ore. Per la prima volta, quindi, il Cavaliere si trova costretto a fare i conti con la realtà e non soltanto con i sondaggi. Un milione di studenti in piazza, secondo le cifre degli organizzatori, per manifestare la loro contrarietà ai provvedimenti su scuola e università sono un chiaro segnale di malessere dell’intero Paese sul modo di affrontare i problemi reali e quotidiani che il governo sta mettendo in campo. La manifestazione ha lasciato un segno e il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ci ha tenuto a precisare che in piazza ci sarebbero state centomila persone ha annunciato:«Chi occupa abusivamente le scuole impedendo ad altri di studiare sarà denunciato». L’annuncio della detassazione delle tredicesime era stato visto sia dalle famiglie che dalle associazioni di commercianti come un segnale importante per tentare di uscire dalla recessione. Ma le parole del ministro Tremonti hanno gelato tutti. Berlusconi in testa. « Non ci sono soldi» ha detto il ministro dell’Economia nel vertice con gli altri ministri economici . E poi ha aggiunto che parlare di recessione è una formula ottimistica. Lo stesso premier, perdendo un po’ del suo proverbiale ottimismo, commentando la preoccupazione del presidente della Repubblica ha dichiarato: «Siamo tutti preoccupati. Stiamo lavorando, diciamo che abbiamo approvato diverse cose con cui possiamo dare un certo impulso all’economia reale e ai lavori pubblici». Sulle tredicesime, però, ha glissato: « Abbiamo tante cose su cui stiamo lavorando». I cittadini hanno in questo modo la sensazione che il governo si interessi poco alle loro cose e si adoperi soltanto per andare in aiuto delle banche. Le tegole che potrebbero abbattersi sul governo non finiscono qui. Se la Cai dovesse sfilarsi dalla partita Alitalia molti comincerebbero a pensare che la cordata voluta dal Cavaliere si sia trasformata in un nodo scorsoio che si stringe intorno al collo degli italiani. Berlusconi non ne uscirebbe davvero bene. Ha mandato all’aria la trattativa con Air France, ha di fatto consegnato ai soci di Cai l’Alitalia senza debiti e adesso dovrebbe registrare il fallimento dell’operazione. Sarebbe un danno notevole alla sua immagine e alla sua popolarità. Tra l’altro l’opposizione ha denunciato che la famosa norma ”salvamanager”, contenuta nel decreto Alitalia, sarebbe ricomparsa in un disegno in materia di gestione delle crisi aziendali. Tremonti allora minacciò di andare via, ora l’opposizione vuole chiarimenti. Ma sul tavolo c’è anche la partita del contratto degli statali che, nonostante il sì di Cisl e Uil, fa annunciare lo sciopero generale al segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, incoraggiato anche dalla manifestazione di ieri. E poi tocca alle Regioni che sono sul piede di guerra. Il presidente dei Governatori, Vasco Errani ha detto: «dal governo abbiamo preso soltanto schiaffi. È ora di dare piena applicazione all’intesa siglata con il presidente del Consiglio, lo scorso 2 ottobre». Segnali di insofferenza giungono pure da esponenti della maggioranza. Infatti i capogruppo di Camera e Senato dell’Mpa, Carmelo Lo Monte e Giovanni Pistorio, hanno scritto una lettera a Berlusconi nella quale lamentano «un profondo disappunto in merito a una serie di decisioni del governo che stanno drasticamente riducendo le risorse per il Mezzogiorno». Chiedono al premier la convocazione di una riunione di maggioranza sull’utilizzo improprio dei fondi Fas e «sulla necessità che questi siano destinati al Sud come prevede la legge». Per il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa: «Il disappunto dei parlamentari dell’Mpa è solo la punta dell’iceberg di un più ampio disagio dentro la maggioranza nei confronti di un’azione di governo volta solo a garantire le pretese della Lega». Dulcis in fundo c’è la riforma per le Europee. Anche qui Berlusconi è stato costretto a fare marcia indietro. La riforma tornerà in commissione Affari Costituzionali «per cercare una convergenza così come richiesto e auspicato dal Capo dello Stato» ha annunciato il premier, dopo un incontro con Gianfranco Fini e ha aggiunto: «Se si trova un’intesa bene, altrimenti a noi va benissimo la legge attuale».
(Fonte: Liberal, 31/10/2008)
venerdì 31 ottobre 2008
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