La finanza senza regole e la crisi delle famiglie chiedono più politica. Ma non deleghe in bianco (da Aesse 10 2008)
In tempi di crisi economica, di fronte all’impoverimento di tante famiglie – in difficoltà ad arrivare a fine mese, a pagare i mutui per l’acquisto della casa o gli affitti e le bollette salite alle stelle – sembra un po’ strano parlare di legge elettorale. Si rischia di essere percepiti lontani dai problemi, appassionati di “politichese” piuttosto che attenti alla realtà che ci circonda. Lo sanno bene i partiti politici, che approfittando con realismo di questo disinteresse generale, stanno pensando di completare il memorabile “porcellum” di tre anni or sono con la riforma anche della legge elettorale per le Europee. E di apporre qualche modifica solo formale alla attuale legge elettorale, per evitare il referendum che, rinviato lo scorso anno, rimane una scadenza ineludibile per il mondo politico italiano. Eppure il tema non può essere passato sotto silenzio, perché da esso dipende in misura non secondaria il futuro del nostro Paese. Non è indifferente poter scegliere il proprio rappresentante in Parlamento tra due o più candidati, vagliandone la biografia, le capacità, le idee. Come potrebbe un cittadino diversamente sentirsi protagonista e non suddito? Il sistema delle liste bloccate che abbiamo conosciuto nelle ultime due tornate elettorali cancella la democrazia intesa come partecipazione, dando tutto il potere a una casta – le segreterie dei partiti o i leader, più o meno carismatici, di questa stagione – e sottraendolo al popolo. Qualcuno ricorda che analogo sistema esiste in molte altre democrazie, ma si dimentica delle differenze: si può accettare la lista chiusa solo dove vi siano vere primarie – regolamentate e sicure – oppure collegi uninominali piuttosto piccoli, tali da consentire ai cittadini di conoscere i candidati. «La democrazia è rimasta un sostantivo, non è diventata verbo: democratizzare», ci ha ricordato nelle scorse settimane il professor Belderrain, dell’Università argentina di La Plata. Via via negli anni abbiamo costruito un sistema efficiente per governare la complessità del mondo contemporaneo – adottando sistemi quasi sempre rigorosamente democratici nella forma – ma poco ci siamo preoccupati, in Italia come in gran parte degli Stati occidentali, di ampliare gli spazi dell’esercizio del potere da parte del popolo. Il sistema della delega, sicuramente necessario per semplificare le dinamiche dell’esercizio del potere, non può essere assolutizzato: al contrario, a ogni delega deve corrispondere un più convinto impegno verso la partecipazione, dal basso, di tutti i cittadini. Se questo non avviene, se ci si arrende alla logica del presunto efficientismo dei partiti, la politica si allontanerà ancor più dal cuore delle persone e, cosa più grave, non saprà rispondere alle attese di servizio al bene comune.La finanza senza regole, la speculazione dei monopolisti, la crisi dei sistemi di welfare richiedono più politica, intesa come democrazia, partecipazione e trasparenza. Non una delega in bianco.
Andrea Olivero
ITALIANI NEL MONDO: PROTESTE DALL'AMERICA LATINA CONTRO I TAGLI DEL GOVERNO IN FINANZIARIA
Meno 50 milioni rispetto al 2008. La protesta delle Acli da Brasile, Argentina e UruguaySan Paolo, 8 ottobre 2008 - Arriva dall'America Latina la protesta contro i tagli ai capitoli degli italiani all'estero previsti dalla finanziaria 2009: meno 50 milioni di euro contro gli 82 milioni stanziati per i nostri connazionali l'anno precedente.Da San Paolo in Brasile, ma anche dall'Argentina e dall'Uruguay, dove si stanno svolgendo i congressi nazionali delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, giunge la presa di posizione delle Acli che chiedono al Governo di «riportare il capitolo di bilancio destinato agli italiani all'estero allo stesso livello della passata finanziaria». «Non si possono illudere a parole i nostri connazionali nel mondo e poi nei fatti operare in senso contrario» denuncia il presidente delle Acli italiane delle Acli internazionali (Fai) Andrea Olivero.Per il responsabile della "Rete mondiale aclista", Michele Consiglio, «i tagli comporterebbero gravi e seri problemi per tutta la comunità degli italiani all'estero». Colpiti in particolare i corsi di lingua e cultura, l'assistenza e il funzionamento degli organi Comites e Cgie. «La lingua e la cultura - spiega Consiglio - rappresentano gli elementi fondamentali per alimentare l'identità italiana e promuovere l'Italia nel mondo attraverso i formifabili "ambasciatori popolari" che sono i nostri italiani presenti all'estero. «L'assistenza è un modo per essere vicino a quanti, soprattutto anziani, vivono all'estero in condizioni indigenti. L'indebolimento delle istituzione rappresentative, Comites e Cgie, ridurrebbe fortemente il coinvolgimento la partecipazione democratica dei nostri connazionali». «Non è questo il modo - concludono le Acli - di valorizzare l'esperienza e il patrimonio rappresentato dai nostri migranti».
IMMIGRAZIONE: LE ACLI CONTRO IL PERMESSO DI SOGGIORNO A PUNTI. "NON SI GIOCA CON LA VITA DELLE PERSONE
"Roma, 8 ottobre 2008 - Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani respingono come «offensiva della dignità degli immigrati» la proposta di introdurre con un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza il "permesso di soggiorno a punti" per i cittadini extracomunitari, alla stregua della patente di guida.«Non si gioca con la vita delle persone» afferma il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero. «Il permesso di soggiorno è uno strumento normativo che ratifica un diritto, non è un concorso a punti. La legislazione sull'immigrazione, così come quella penale, ha gli strumenti per revocare eventualmente questo titolo qualora se ne verifichino le condizioni. Tutto il resto è discriminatorio. Chi fa proposte di questo tipo si assume la responsabilità politica e morale di favorire quel clima pericoloso di "regressione culturale" di cui ha parlato autorevolmente il presidente della Conferenza episcopale».La perplessità delle Acli non riguarda solamente la boutade del permesso a punti. Il presidente Olivero raccoglie la denuncia di mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti, e rilancia: «Dobbiamo invertire la "tendenza al ribasso" nei confronti degli immigrati, caratterizzata dall'erosione degli standard umanitari e dell'introduzione di norme meramente restrittive o punitive». E al ministro dell'Interno Roberto Maroni, che oggi alla Camera ha voluto scongiurare il rischio razzismo invitando ad evitare allarmismi, il presidente delle Acli risponde: «Nessun allarmismo, ma neanche è possibile far finta di non vedere ciò che accade». «Soprattutto - concludono le Acli - si stenta davvero a riconoscere quali siano le politiche di integrazione "vere" e "reali" di cui parla oggi il ministro».
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