Roma, 24 ottobre 2008 - Doveva essere un Libro sul futuro, ma rischia di rimanere legato al passato, «superato dagli eventi». Il Libro Verde sul welfare del ministro Sacconi, presentato appena tre mesi fa, appare "ingiallito" in fretta alle Acli, che hanno inviato oggi al ministero le proprie osservazioni in un documento di 15 pagine. Scade infatti domani il termine per le parti sociali per presentare commenti e suggerimenti alla proposta del governo. «Le vicende internazionali delle ultime settimane - spiega il presidente nazionale Andrea Olivero - ne hanno messo in discussione molti dei presupposti. La tendenza alla privatizzazione, la fiducia nella finanziarizzazione del welfare, alla luce del terremoto mondiale dei mercati e delle sue ripercussioni, appaiono oggi anacronistici, vanno ripensati profondamente». Le Acli portano l'esempio della previdenza complementare: i fondi aperti hanno perso nell'ultimo anno dal 3 al 12%; quelli negoziali lo 0,5%; il Tfr invece viaggia su una media di rivalutazione superiore al 3%.
Un nuovo patto sociale
Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani chiedono al ministro un «
nuovo patto sociale» per ridisegnare il futuro del welfare. Un patto che leghi insieme «le responsabilità di ogni persona, della società civile organizzata e delle Istituzioni variamente articolate»; espressione di una «democrazia autenticamente partecipativa»; realizzabile solo all'interno di un «modello sociale integrato». «Condividiamo senz'altro - dice Olivero - l'idea del ministro di investire sul protagonismo delle persone e sulla loro "vita attiva", ma questo può essere fatto solo investendo contemporaneamente sullo sviluppo delle reti sociali, perché la persona non è l'individuo, ma il soggetto nella concretezza delle sue relazioni familiari e sociali; e la vita attiva non è solo quella "produttiva", o "produttivistica", ma anche quella che si esprime attraverso la cura degli affetti e delle relazioni, o l'esercizio di una cittadinanza responsabile e solidale: l'impegno sociale, il volontariato». Il modello è quello di «un welfare mix fondato sulla solidarietà e sulla collaborazione tra istituzioni e non profit, capace di mutare le condizioni che generano bisogno e povertà ma anche in grado di promuovere responsabilità personale e sociale senza abbandonare chi è in difficoltà».
Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani chiedono al ministro un «
nuovo patto sociale» per ridisegnare il futuro del welfare. Un patto che leghi insieme «le responsabilità di ogni persona, della società civile organizzata e delle Istituzioni variamente articolate»; espressione di una «democrazia autenticamente partecipativa»; realizzabile solo all'interno di un «modello sociale integrato». «Condividiamo senz'altro - dice Olivero - l'idea del ministro di investire sul protagonismo delle persone e sulla loro "vita attiva", ma questo può essere fatto solo investendo contemporaneamente sullo sviluppo delle reti sociali, perché la persona non è l'individuo, ma il soggetto nella concretezza delle sue relazioni familiari e sociali; e la vita attiva non è solo quella "produttiva", o "produttivistica", ma anche quella che si esprime attraverso la cura degli affetti e delle relazioni, o l'esercizio di una cittadinanza responsabile e solidale: l'impegno sociale, il volontariato». Il modello è quello di «un welfare mix fondato sulla solidarietà e sulla collaborazione tra istituzioni e non profit, capace di mutare le condizioni che generano bisogno e povertà ma anche in grado di promuovere responsabilità personale e sociale senza abbandonare chi è in difficoltà».
No all'ulteriore de-regolamentazione del mercato del lavoro
La tesi centrale del Libro Verde afferma che "una società attiva è insieme più competitiva" e "più giusta e inclusiva". Secondo le Acli «l'assunto va trasformato in un interrogativo: come rendere una società competitiva più giusta e inclusiva?» Per questo, contrariamente a ciò che propone il documento del ministero, «l'ulteriore de-regolamentazione del lavoro non è la strada giusta per consentire di vivere una vita buona e dignitosa». «Semmai è opportuno - scrivono le Acli - ri-adeguare leggi e strumenti esistenti per garantire una continuità di cittadinanza del lavoro e una stabilità nella discontinuità dei tragitti lavorativi, anche per evitare che la flessibilità lavorativa si trasformi in precarietà professionale e di vita».
Tra le proposte delle Acli: «una legislazione che riconosca la formazione permanente come diritto civico, realmente esigibile lungo tutto l'arco della vita»; «un sistema nazionale di certificazione delle competenze» allo scopo di garantire la portabilità dei percorsi formativi nel mercato del lavoro e del percorso di vita; un ripensamento degli ammortizzatori sociali, con particolare attenzione alla fase d'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e prevedendo «un intervento di base esteso ai lavoratori atipici, fino ad oggi esclusi». Le Acli propongono di adottare «il conto individuale di sicurezza sociale» sul modello francese, come forma di aiuto economico per integrare il reddito dei lavoratori che non riescono a raggiungere soglie minime di retribuzione annua. E di riformulare la proposta di reddito minimo di cittadinanza, come reddito minimo garantito condizionato, legato cioè a precisi requisiti (di reddito, di situazione di bisogno ecc.) e connesso alla definizione di piani individuali di inserimento lavorativo. Sul piano della sicurezza del lavoro, infine, l'invito a predisporre un piano di tutela sociale a sostegno delle famiglie delle vittime di morti bianche e per i lavoratori che rimangono invalidi.
La tesi centrale del Libro Verde afferma che "una società attiva è insieme più competitiva" e "più giusta e inclusiva". Secondo le Acli «l'assunto va trasformato in un interrogativo: come rendere una società competitiva più giusta e inclusiva?» Per questo, contrariamente a ciò che propone il documento del ministero, «l'ulteriore de-regolamentazione del lavoro non è la strada giusta per consentire di vivere una vita buona e dignitosa». «Semmai è opportuno - scrivono le Acli - ri-adeguare leggi e strumenti esistenti per garantire una continuità di cittadinanza del lavoro e una stabilità nella discontinuità dei tragitti lavorativi, anche per evitare che la flessibilità lavorativa si trasformi in precarietà professionale e di vita».
Tra le proposte delle Acli: «una legislazione che riconosca la formazione permanente come diritto civico, realmente esigibile lungo tutto l'arco della vita»; «un sistema nazionale di certificazione delle competenze» allo scopo di garantire la portabilità dei percorsi formativi nel mercato del lavoro e del percorso di vita; un ripensamento degli ammortizzatori sociali, con particolare attenzione alla fase d'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e prevedendo «un intervento di base esteso ai lavoratori atipici, fino ad oggi esclusi». Le Acli propongono di adottare «il conto individuale di sicurezza sociale» sul modello francese, come forma di aiuto economico per integrare il reddito dei lavoratori che non riescono a raggiungere soglie minime di retribuzione annua. E di riformulare la proposta di reddito minimo di cittadinanza, come reddito minimo garantito condizionato, legato cioè a precisi requisiti (di reddito, di situazione di bisogno ecc.) e connesso alla definizione di piani individuali di inserimento lavorativo. Sul piano della sicurezza del lavoro, infine, l'invito a predisporre un piano di tutela sociale a sostegno delle famiglie delle vittime di morti bianche e per i lavoratori che rimangono invalidi.
Il protagonismo delle famiglie, anche quelle immigrate
La proposta contenuta nel Libro Verde della "centralità della persona, in sé e nelle sue proiezioni relazionali a partire dalla famiglia", è «fondamentale» per le Acli: «La famiglia è il punto di partenza e il metro di giudizio per promuovere l'inclusione sociale». «Ma il protagonismo della famiglia - aggiungono le associazioni cristiane dei lavoratori - va sostenuto sia nella sua capacità di auto-promozione e auto-tutela, che nelle sue difficoltà, attraverso politiche integrate e mirate, che superino la logica emergenziale e assistenziale». «Non tutte le famiglie sono uguali - spiega Olivero - per opportunità, risorse, competenze. La logica della sussidiarietà non può essere separata dalla solidarietà».Le Acli chiedono una riforma del welfare misurata sul «parametro familiare»: a partire dall'investimento sul lavoro femminile (riduzione del cuneo fiscale); l'aumento dei servizi materno-infantili; la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; l'agevolazione nell'acquisto della casa, il pagamento dei mutui e l'affitto per le giovani coppie; il sostegno per la cura dei malati e degli anziani (il Fondo per la non-autosufficienza); l'adozione di un nuovo regime fiscale "a misura di famiglia" (deduzioni e quoziente familiare). Anche le famigliare immigrate - affermano le Acli - sono «un investimento da promuovere», in quanto «costruttrici di una immigrazione più integrata e quindi più "sicura"». Nel Libro Verde non se ne parla, come non si parla mai del tema dell'immigrazione e dell'integrazione. Le Acli propongono nel loro documento una serie di misure specifiche: dall'accesso alla casa ai diritti previdenziali, dalla sicurezza sul lavoro all'apprendimento della lingua e della cultura italiana.
La proposta contenuta nel Libro Verde della "centralità della persona, in sé e nelle sue proiezioni relazionali a partire dalla famiglia", è «fondamentale» per le Acli: «La famiglia è il punto di partenza e il metro di giudizio per promuovere l'inclusione sociale». «Ma il protagonismo della famiglia - aggiungono le associazioni cristiane dei lavoratori - va sostenuto sia nella sua capacità di auto-promozione e auto-tutela, che nelle sue difficoltà, attraverso politiche integrate e mirate, che superino la logica emergenziale e assistenziale». «Non tutte le famiglie sono uguali - spiega Olivero - per opportunità, risorse, competenze. La logica della sussidiarietà non può essere separata dalla solidarietà».Le Acli chiedono una riforma del welfare misurata sul «parametro familiare»: a partire dall'investimento sul lavoro femminile (riduzione del cuneo fiscale); l'aumento dei servizi materno-infantili; la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; l'agevolazione nell'acquisto della casa, il pagamento dei mutui e l'affitto per le giovani coppie; il sostegno per la cura dei malati e degli anziani (il Fondo per la non-autosufficienza); l'adozione di un nuovo regime fiscale "a misura di famiglia" (deduzioni e quoziente familiare). Anche le famigliare immigrate - affermano le Acli - sono «un investimento da promuovere», in quanto «costruttrici di una immigrazione più integrata e quindi più "sicura"». Nel Libro Verde non se ne parla, come non si parla mai del tema dell'immigrazione e dell'integrazione. Le Acli propongono nel loro documento una serie di misure specifiche: dall'accesso alla casa ai diritti previdenziali, dalla sicurezza sul lavoro all'apprendimento della lingua e della cultura italiana.
La sostenibilità
«Non sono i costi il vero elemento di criticità del nostro sistema di welfare - affermano le Acli - ma la debolezza della rete territoriale dei servizi, con evidenti disparità tra nord e sud del Paese». Le Acli propongono il rilancio della legge 328 del 2000 che prevedeva lo sviluppo di sistemi territoriali integrati di servizi ed interventi con il coinvolgimento a pieno titolo del terzo settore nella fase di progettazione e gestione, non di mera esecuzione. Ma nel Libro Verde non c'è riferimento alcuno a questa normativa.«Riformare il welfare riducendo le risorse a disposizione del pubblico, significa porlo in liquidazione
» affermano invece le Acli, che ricordano alcuni dati Eurostat. La spesa italiana per prestazioni agli invalidi e inabili assorbe l'1,5% del Pil, contro il 2,1% dell'Europa; la spesa per prestazioni in favore delle famiglie, della maternità e dei figli a carico è la metà della media europea (1,1% del Pil contro il 2,1% europeo), la spesa per promuovere l'inclusione e la partecipazione sociale è vicina allo zero, mentre in Europa assorbe lo 0,4% del Pil. Stesso discorso per la spesa di sostegno all'accesso o alla conduzione della casa di abitazione. «Concordiamo - afferma il presidente Andrea Olivero - con l'idea del Libro Verde di un welfare propositivo e non difensivo, ma questo non si può fare se si continua a pensare le politiche sociali solo per difetto come crisi e come costo, anziché come promotrici di sviluppo umano, sociale ed anche economico».
«Non sono i costi il vero elemento di criticità del nostro sistema di welfare - affermano le Acli - ma la debolezza della rete territoriale dei servizi, con evidenti disparità tra nord e sud del Paese». Le Acli propongono il rilancio della legge 328 del 2000 che prevedeva lo sviluppo di sistemi territoriali integrati di servizi ed interventi con il coinvolgimento a pieno titolo del terzo settore nella fase di progettazione e gestione, non di mera esecuzione. Ma nel Libro Verde non c'è riferimento alcuno a questa normativa.«Riformare il welfare riducendo le risorse a disposizione del pubblico, significa porlo in liquidazione
» affermano invece le Acli, che ricordano alcuni dati Eurostat. La spesa italiana per prestazioni agli invalidi e inabili assorbe l'1,5% del Pil, contro il 2,1% dell'Europa; la spesa per prestazioni in favore delle famiglie, della maternità e dei figli a carico è la metà della media europea (1,1% del Pil contro il 2,1% europeo), la spesa per promuovere l'inclusione e la partecipazione sociale è vicina allo zero, mentre in Europa assorbe lo 0,4% del Pil. Stesso discorso per la spesa di sostegno all'accesso o alla conduzione della casa di abitazione. «Concordiamo - afferma il presidente Andrea Olivero - con l'idea del Libro Verde di un welfare propositivo e non difensivo, ma questo non si può fare se si continua a pensare le politiche sociali solo per difetto come crisi e come costo, anziché come promotrici di sviluppo umano, sociale ed anche economico».
(Comunicato Acli)
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