Enrico Letta ha appena ricevuto una telefonata di Dario Franceschini. Il leader Pd lo ha messo al corrente delle dichiarazioni da Bruxelles di Silvio Berlusconi. «Il premier dice che la nostra proposta non è sostenibile. Eppure hanno appena stanziato otto miliardi in due anni per rimpinguare uno strumento pensato per il mercato del lavoro di trent'anni fa. Ma se anche quelle risorse non bastassero per una riforma, perché Berlusconi non viene in Parlamento con una bozza di riforma delle pensioni? Siamo pronti a discutere di questo, così come siamo favorevoli ad un contributo di solidarietà delle fasce più ricche, dai parlamentari in su». Il responsabile welfare del Pd - finora fra i più dialoganti nel suo partito verso le scelte dell'asse Tremonti-Sacconi - alza i toni della critica, ma sfida il governo a chiedere il consenso dell'opposizione su proposte concrete. Il governo teme ripercussioni sulla tenuta dei conti pubblici. Voi non siete preoccupati? «La linea del governo su questo punto è quella di Giulio Tremonti. Capisco la sua prudenza, ma è ora che faccia i conti con i costi occulti che questa crisi può provocare». Quali? «Quest'anno potrebbero perdere il lavoro più di 500mila persone. Una catastrofe sociale che potrebbe causare un calo pesante dei consumi, e dunque scaricarsi sui conti delle imprese. La maggioranza ironizza, ci taccia di demagogia, dice che non è il tempo delle riforme strutturali. Beh, si sbagliano di grosso. Il consenso dell'opposizione per fare le riforme lo può avere oggi, non quando la crisi sarà alle nostre spalle. Per allora le priorità saranno altre: in Italia le cose sono sempre andate così». Nelle intenzioni del governo gli otto miliardi stanziati grazie all'accordo con le Regioni dovrebbero comunque permettere di allargare i beneficiari della cassa integrazione, ad esempio a favore dei dipendenti delle piccole imprese. «E' certamente un passo avanti, ma la vera emergenza oggi sono i lavoratori parasubordinati, ovvero quella fascia di italiani, in gran parte giovani, che resteranno senza lavoro, senza cassa integrazione e senza sussidio di disoccupazione». Ci dice con esattezza cosa proponete? «Un assegno unico per tutti coloro che perdono il lavoro. Un nuovo sistema di ammortizzatori che superi la discrezionalità del sistema della cassa integrazione, ordinaria e straordinaria. Non chiediamo il reddito minimo garantito, che pure andrebbe varato: ci rendiamo conto che in questo momento costerebbe troppo». Quanto costerebbe una simile riforma? «Gli esperti de lavoce.info calcolano una decina di miliardi di euro a regime. Non è poco, ma non è distante anni luce da quanto il governo ha deciso per la cassa in deroga. Possiamo discutere anche di un intervento graduato per tipo di contratto». Giuliano Cazzola punta il dito contro gli squilibri del sistema previdenziale. Un buco nero che assorbe tanto i contributi previdenziali dei giovani quanto le risorse per maternità e sussidi. Cosa risponde? «Che ha ragione, ma ciò dimostra quanto sia valida la nostra proposta. Perché sarebbe due volte ingiusto far pagare i costi della crisi a chi già avrà una pensione più bassa dei propri genitori. Per questo, se le risorse verranno destinate alla riforma degli ammortizzatori, siamo disponibili a discutere di una riforma delle pensioni a partire dall'equiparazione dell'età uomo-donna nel settore pubblico. Il governo la smetta con gli annunci e ci presenti un progetto. Fino a prova contraria - lo dico a Brunetta - le proposte le deve fare chi governa». Ipotizziamo che il governo scarti l'ipotesi di un intervento sulle pensioni. Alternative? «E' necessario reperire in fretta uno o due miliardi di euro? Non consideriamo scandaloso introdurre un contributo ad hoc per le fasce più ricche. Vedo che ama dirlo spesso anche Tremonti: calano i prezzi, le tariffe di luce e gas, gli interessi sui mutui. Fino a prova contraria, per chi ha un lavoro sicuro il 2009 sarà un anno migliore del 2008».
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