sabato 28 febbraio 2009
Il Pd: «Assegno per i disoccupati»
Il dramma dei precari che, insieme a molti altri lavoratori che credevano di avere un posto garantito, potrebbero restare a casa per colpa della crisi, per Dario Franceschini, segretario del Pd, è una materia che avrebbe tutte le caratteristiche di “necessità e urgenza”. Insomma, il governo che di decreti legge ha fatto largo uso, sarebbe bene che ne facesse uno anche per affrontare l'emergenza disoccupazione.Franceschini fa la sua proposta: «Dare un assegno mensile di disoccupazione per tutti quelli che perdono il posto di lavoro. Berlusconi - invita il segretario Pd - porti il provvedimento in aula, se vuole presenti pure un decreto legge, visto che ne ha già fatti tanti, e noi lo sosterremo».
Partito Democratico lancia patto con il Nord
Dario Franceschini sceglie Varese, città simbolo della Lega, per la prima uscita pubblica dopo la sua elezione per lanciare un patto con i cittadini del Nord. «Saremo - ha detto il segretario del Pd accusando il governo di aver tradito il Nord - al fianco delle persone che qui vivono. Vogliamo fare un patto per stare accanto a chi si batte per la sicurezza, per le infrastrutture, per la difesa delle piccole e medie imprese, dei lavoratori che rischiano di perdere il posto e del federalismo fiscale, purché sia equo e solidale». Nel primo pomeriggio, a Malpensa Franceschini aveva incontrato i lavoratori dell'aeroporto e aveva attaccato il governo: «Malpensa è il simbolo del tradimento del nord da parte di Bossi e di Berlusconi». Come già sottolineato all'assemblea che ha segnato la sua elezione alla guida del Pd, Franceschini non ha rinnegato nulla della segreteria di Veltroni: «I suoi errori sono i miei. Mi assumo tutte le responsabilità». E ha sollecitato il partito a una maggiore unità e apertura verso chi non viene dai Ds o dalla Margherita. Soprattutto ha invitato ad evitare litigi in pubblico, a risolvere le controversie all'interno e a sostenere all'esterno la causa comune.Duro è stato poi l'attacco alle ronde: «La battaglia parlamentare sarà fermissima e durissima. Hanno inventato questa cosa assurda delle ronde. L'idea di affidare la sicurezza a privati cittadini è fuori da ogni democrazia». Però non ha sottovalutato il tema della sicurezza che, ha sottolineato, «colpisce le fasce più deboli, le periferie urbane, le aree del disagio». Non c'è nulla di più offensivo, ha spiegato, che parlare di microcriminalità quando un anziano, per esempio, viene scippato della pensione. «Il governo - ha detto - maschera la realtà attraverso il messaggio televisivo. Berlusconi ha parlato di 30 mila militari per le strade. Chi li ha visti? La verità è che hanno tagliato i fondi per le forze dell'ordine».
(Fonte: Il Messaggero 27/02/2009)
(Fonte: Il Messaggero 27/02/2009)
venerdì 27 febbraio 2009
Errani: Rilanciare il Partito Democratico
"Prima di tutto è una scelta di cambiamento e di innovazione giusta e necessaria come del resto avevamo chiesto all'assemblea di sabato scorso". E "cioè costruire un nuovo rapporto tra centro e territorio". Così il presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, commenta, a margine di un convegno, il suo nuovo incarico nella segreteria nazionale del Partito democratico.
"La mia presenza è anche merito dell'esperienza dell'Emilia Romagna- prosegue Errani- del suo riformismo, delle sue qualità". E "credo che possa dare un contributo importante a quello che è l'obiettivo fondamentale: rilanciare il progetto del Pd". Rilanciarlo, conclude il governatore, "per far in modo che il Pd venga percepito sempre di più dai cittadini come un partito utile a cambiare questo paese per costruire politiche sociali, economiche e industriali più ambientalmente e socialmente sostenibili".
"La mia presenza è anche merito dell'esperienza dell'Emilia Romagna- prosegue Errani- del suo riformismo, delle sue qualità". E "credo che possa dare un contributo importante a quello che è l'obiettivo fondamentale: rilanciare il progetto del Pd". Rilanciarlo, conclude il governatore, "per far in modo che il Pd venga percepito sempre di più dai cittadini come un partito utile a cambiare questo paese per costruire politiche sociali, economiche e industriali più ambientalmente e socialmente sostenibili".
(Fonte: Dire)
giovedì 26 febbraio 2009
Spero in alleato che faccia opposizione
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - "E' la speranza di avere un alleato". Così Antonio Di Pietro risponde a Maurizio Costanzo che gli chiede, durante la registrazione della sua trasmissione, un commento sul cambio alla segreteria democratica. Se dovesse scegliere come interlocutore tra Dario Franceschini, Francesco Rutelli, Walter Veltroni e Pierluigi Bersani, il leader dell'Idv risponde: "Il problema non è chi mi piace di più ma di trovare una squadra credibile che faccia opposizione e che si proponga per governare domani. Può piacere o no il mio modo di fare politica, ma almeno si sa come la penso".
Il Pd non è in calo e Dario batte Walter
Nessun calo per il Partito Democratico dopo le dimissioni di Walter Veltroni. Anzi, il Pd è stabile al 29,5% dal 26 gennaio. In esclusiva su Affaritaliani.it i risultati - in controtendenza rispetto agli altri sondaggisti - di Nicola Piepoli, presidente di Consortium. La fiducia in Dario Franceschini segretario è al 34%, sei punti sopra il suo predecessore.
"I dati del 23 febbraio confermano il gradimento nel presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e nell'esecutivo di Centrodestra, entrambi stabili al 50%. Veltroni in una settimana, grazie alle dimissioni, è salito di tre punti percentuali al 28. Ma il neo-segretario dei Democratici Franceschini ha un gradimento nettamente superiore: 34%.
Per quanto riguarda le intenzioni di voto, da lunedì 9 febbraio la maggioranza è ferma al 51%. Il Popolo della Libertà vale il 41%, la Lega Nord il 9 e l'Mpa l'1%. Anche se il computo nazionale danneggia il movimento di Raffaele Lombardo, che prendendo 600.000 voti in Sicilia, in realtà, è all'1,5% circa. Il Partito Democratico, nonostante le dimissioni di Veltroni e il cambio al vertice, è stabile al 29,5% dal 26 gennaio scorso. Non è affatto crollato come sostengono i miei colleghi. L'Italia dei Valori è stabile al 6% dal 19 gennaio e l'Udc al 5,5 dal 12 del mese scorso. Rifondazione Comunista si attesta al 2%, salita nelle ultime tre settimane (prima era all'1,5). Il Pdci è stabile all'1% dal 16 dicembre, stesso valore per i Verdi addirittura dall'ottobre 2008. La Destra, infine, è scesa dal 2 all'1,5% rispetto a quindici giorni fa. Le cifre dei partiti sono pietrificate e penso che queste saranno quelle delle elezioni europee".
Il sondaggio Consortium è stato realizzato lunedì 23 febbraio, campione di 1.000 casi rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne in base ai parametri ISTAT di sesso, età e macro-area di residenza; metodologia C.A.T.I.
"I dati del 23 febbraio confermano il gradimento nel presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e nell'esecutivo di Centrodestra, entrambi stabili al 50%. Veltroni in una settimana, grazie alle dimissioni, è salito di tre punti percentuali al 28. Ma il neo-segretario dei Democratici Franceschini ha un gradimento nettamente superiore: 34%.
Per quanto riguarda le intenzioni di voto, da lunedì 9 febbraio la maggioranza è ferma al 51%. Il Popolo della Libertà vale il 41%, la Lega Nord il 9 e l'Mpa l'1%. Anche se il computo nazionale danneggia il movimento di Raffaele Lombardo, che prendendo 600.000 voti in Sicilia, in realtà, è all'1,5% circa. Il Partito Democratico, nonostante le dimissioni di Veltroni e il cambio al vertice, è stabile al 29,5% dal 26 gennaio scorso. Non è affatto crollato come sostengono i miei colleghi. L'Italia dei Valori è stabile al 6% dal 19 gennaio e l'Udc al 5,5 dal 12 del mese scorso. Rifondazione Comunista si attesta al 2%, salita nelle ultime tre settimane (prima era all'1,5). Il Pdci è stabile all'1% dal 16 dicembre, stesso valore per i Verdi addirittura dall'ottobre 2008. La Destra, infine, è scesa dal 2 all'1,5% rispetto a quindici giorni fa. Le cifre dei partiti sono pietrificate e penso che queste saranno quelle delle elezioni europee".
Il sondaggio Consortium è stato realizzato lunedì 23 febbraio, campione di 1.000 casi rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne in base ai parametri ISTAT di sesso, età e macro-area di residenza; metodologia C.A.T.I.
(Fonte: Affaritaliani.it)
Franceschini: "Faremo opposizione dura"
Pd, la pax di Dario: basta liti interne e tutto il potere alla periferia
Oggi la prima riunione della nuova segreteria
di Nino Bertoloni Meli (fonte: Il Messaggero)
Oggi la prima riunione della nuova segreteria
di Nino Bertoloni Meli (fonte: Il Messaggero)
ROMA (26 febbraio) - “Qui si lavora, non si litiga” potrebbe essere il motto del Pd gestione Franceschini. Il patto non scritto ma già visibilmente operante stretto fra tutti i big e tutte le anime del partito, è che a Dario il traghettatore va assicurata tranquillità di conduzione, «altrimenti cadiamo tutti nel baratro», chiosa Sergio Chiamparino assurto ai vertici del partito. Tanta attenzione a evitare polemiche e altrettanta a preparare ben bene le elezioni europee e amministrative dalle quali si capirà se questo Pd post veltroniano ha ancora spazio e futuro o se, causa mancato amalgama e altro, l’esperienza va archiviata. Le scelte finora fatte da Franceschini rispondono molto a questo schema da pax interna: basta liti, guardare fuori, alla società. E preparare la campagna elettorale più importante per la vita seppur breve del Pd.Come ha tradotto tutto questo il nuovo segretario nelle sue prime mosse? Inventando uno schema organizzativo assolutamente inedito: tutto il potere alla periferia, nel nuovo vertice non c’è nessun romano né alcun dirigente formatosi politicamente nella Capitale, il più vicino è di Rieti periferia laziale, tutti gli altri vengono dai quattro punti cardinali. Una differenza enorme rispetto al vertice veltroniano, un vero e proprio capovolgimento: con Walter c’erano il romanissimo Bettini, il romano d’alto lignaggio Gentiloni, e poi Fioroni viterbese ma formatosi nei palazzi capitolini e Verini che quegli stessi palazzi ha frequentato e ”occupato” ai tempi del Campidoglio, l’unico ”esterno” era il trentino Tonini. Un vertice, quello veltroniano, impregnato come tanti altri delle storie, dei passi, dei passaggi, delle polemiche, delle divisioni, dei retaggi del passato. Tutto questo la ”pax democrat” non lo contempla più almeno da qui a giugno. Come fare per evitare di ricadere nelle diatribe interne? Semplice, con una mossa del cavallo che raggiunge il duplice scopo: promuovere dirigenti importanti sì ma periferici da un lato, in modo che, dall’altro, le polemiche e le divisioni di prima non si ripresentino a far bella mostra di sé in un partito impegnato alle elezioni per la sopravvivenza.Il ”chi è” della nuova segreteria franceschiniana sta lì a dimostrarlo. Accanto ai già noti Vasco Errani, governatore dell’Emilia, e Sergio Chiamparino sindaco di Torino, nonché Maurizio Migliavacca emiliano pure lui ed ex uomo macchina di Piero Fassino ai tempi dei Ds, tutti gli altri sono meno noti e provengono tutti dalla periferia. Ci sono il reatino Fabio Melilli, grande amico di Franco Marini e ”indicato” da Fioroni; il milanese di belle speranze Maurizio Martina, segretario della Lombardia, ex Ds; Elisa Meloni segretaria provinciale del Pd senese, di provenienza diessina anche lei; Federica Mogherini, neo deputata e fassiniana; c’è infine quel Giuseppe Lupo che ha destato le maggiori attenzioni perché, diciamo, non proprio da copertina dei magazine: è stato segnalato da Sergio D’Antoni visto che Lupo proviene dalla Cisl palermitana, ha fatto sempre il sindacalista, è entrato in politica l’anno scorso direttamente con il Pd che lo ha eletto all’assemblea regionale siciliana, ha 42 anni e quando l’altra sera è stato chiamato da Franceschini ha faticato a capacitarsi. «Io Dario l’avevo visto finora solo due volte, a un convegno di ”Quarta fase” ad Assisi e sabato scorso all’assemblea», ha confessato a chi gli ha parlato. Le proporzioni nella nuova segreteria sono un/terzo-due/terzi: su nove, segretario compreso, tre sono di provenienza ex Margherita e sei ex diessina. Per non trasformarsi in segreteria telefonica non faranno riunioni via cavo, si vedranno una volta alla settimana a Roma. Lo stesso avverrà con i segretari regionali che ieri hanno eletto il proprio coordinatore nella persona di Andrea Manciulli, capo del Pd toscano in quota ex ds, che entra pure in segreteria (la prima riunione è prevista per oggi).I primi passi di Franceschini sono all’insegna del gran lavoro interno e poca esposizione esterna. «Mancano 99 giorni alle Europee», ha ricordato davanti ai segretari locali come se sfogliasse il calendario, e ha spronato al lavoro in loco, «dobbiamo riprenderci i voti in periferia». Il prossimo appuntamento importante sarà l’assemblea dei circoli fissata al 21 marzo che segnerà l’inizio ufficiale della campagna elettorale. In questo contesto, l’assemblea programmatica è destinata a trasformarsi in una kermesse pre elettorale e non più in quell’appuntamento da resa dei conti che era diventata in corso d’opera. In serata, davanti ai parlamentari, il nuovo segretario si è calato nella politica politica e ha annunciato: «Faremo opposizione dura».
(Fonte: Il Messaggero)
(Fonte: Il Messaggero)
mercoledì 25 febbraio 2009
Stop intercettazioni: Regalo ai criminali
(IRIS) - ROMA, 25 FEB - "Il centrodestra si appresta a fare un enorme regalo ai criminali. Se passasse questo testo sulle intercettazioni, migliaia di reati non sarebbero scoperti. L'eventuale fiducia sarebbe un fatto gravissimo e renderebbe ancora più evidenti le spaccature nella maggioranza" Massimo Donadi, presidente dei deputati dell'Idv, parla del provvedimento per regolare il ricorso alle intercettazioni. "Il ddl sulle intercettazioni è criminogeno ed avrebbe un effetto disastroso sulla sicurezza dei cittadini. Siamo pronti ad un referendum per impedire che si faccia scempio della giustizia per tutelare qualche interesse particolare" aggiunge l'esponente dell'opposizione.
Legge elettorale/ Donadi: Errore escludere referendum da election day
"Sarà uno sperpero enorme di denaro pubblico"
"Sarà uno sperpero enorme di denaro pubblico"
Roma, 25 feb. (Apcom) - "I partiti hanno paura dei cittadini e del loro giudizio. Escludere il referendum dall'election day è un errore e costerà quattrocento milioni di euro". Lo afferma il capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera Massimo Donadi.
"Uno sperpero enorme di denaro pubblico di cui non c'è assolutamente bisogno - continua Donadi -, soprattutto in un periodo di forte crisi economica. Siamo di fronte ad una palese violazione dei diritti dei cittadini".
"Uno sperpero enorme di denaro pubblico di cui non c'è assolutamente bisogno - continua Donadi -, soprattutto in un periodo di forte crisi economica. Siamo di fronte ad una palese violazione dei diritti dei cittadini".
martedì 24 febbraio 2009
Franceschini: “Non c'è tempo da perdere”
Senza perdere tempo, il segretario del Pd Dario Franceschini comincia a realizzare quanto dichiarato nel suo discorso all'Assemblea Costituente. Nuove dirigenze, e rinnovamento. A partire dalla segreteria: nove persone, la maggior parte giovani. Una decisione presa «in solitudine» e «in fretta, perché mancano solo cento giorni alle europee», afferma il segretario.Azzerati i vecchi organismi dirigenti, dal coordinamento al governo ombra, l'organismo che guiderà il partito è stato scelto «senza trattare con nessuno», e attingendo dai territori in base alle funzioni istituzionali. La nuova segreteria dunque, oltre che da Franceschini, sarà composta da: Vasco Errani (presidente della Regione Emilia Romagna), Sergio Chiamparino (sindaco di Torino), Fabio Melilli (presidente della provincia di Rieti), Maurizio Martina (segretario regionale del Pd in Lombardia), Elisa Meloni (segretario provinciale del Pd di Siena), Federica Mogherini (parlamentare), Giuseppe Lupo (consigliere regionale in Sicilia). Maurizio Migliavacca, che assumerà poi la funzione di dirigente dell'area organizzazione. «Come mi ero impegnato a fare con l'assemblea che mi ha eletto segretario, ho fatto la mia segreteria in solitudine - dichiara Franceschini - e mi assumo la responsabilità delle mie scelte». «La costruzione di organismi dirigenti di solito richiede tempi di riflessione più lunghi però in questo caso c'era l'urgenza di avere in campo da subito organismi non provvisori», ha chiarito Franceschini. «Oggi mancano cento giorni alle europee quindi non c'è tempo da perdere», ha aggiunto il segretario del Pd. Per la nuova segreteria politica, Franceschini ha scelto «persone con funzioni istituzionali e legate al territorio che lavoreranno in stretto raccordo con i venti segretari regionali». Migliavacca sarà invece il nuovo dirigente dell'area organizzazione, subentrando a Beppe Fioroni che dirigerà uno dei nuovi dipartimenti. Espletato questo primo passaggio, da domani Franceschini si dedicherà alla individuazione, appunto, dei nuovi responsabili dei dipartimenti tematici. I criteri saranno quelli di «esperienza della materia e attività parlamentare». La scelta sarà fatta coinvolgendo i presidenti dei gruppi e i vicepresidenti delle Camere. Domani pomeriggio i leader Pd incontrerà per la prima volta i segretari regionali, poi alle 20 le assemblee dei gruppi di Camera e Senato.
(Fonte: L’Unità, 24 febbraio 2009)
(Fonte: L’Unità, 24 febbraio 2009)
Immigrazione: Proposte dei cattolici
Acli, Caritas, Centro Astalli, Migrantes, Papa Giovanni XXIII, Sant'Egidio: "Solo una legge giusta può dare più sicurezza"
In vista del ritorno alla Camera del disegno di legge sulla sicurezza approvato dal Senato ad inizio febbraio, le Acli, la Caritas, la Comunità di Sant'Egidio, la Comunità Papa Giovanni XXIII, la Fondazione Centro Astalli la Fondazione Migrantes, incontrano i membri della Commissione Affari Costituzionali e i capigruppo alla Camera dei deputati.
Domani, mercoledì 25 febbraio, ore 15.00, presso Palazzo Marini (Sala San Claudio), Piazza San Claudio 166.
Le organizzazioni cattoliche chiedono modifiche al testo del disegno di legge su questioni riguardanti aspetti fondamentali della vita degli immigrati, tra cui il matrimonio, le cure mediche, la residenza, la "tassa" sui permessi di soggiorno, il reato di clandestinità, il prolungamento della permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione. Sulla base di un documento-appello mandato a tutti i parlamentati nelle scorse settimane e intitolato "Solo una legge giusta può dare più sicurezza".
In vista del ritorno alla Camera del disegno di legge sulla sicurezza approvato dal Senato ad inizio febbraio, le Acli, la Caritas, la Comunità di Sant'Egidio, la Comunità Papa Giovanni XXIII, la Fondazione Centro Astalli la Fondazione Migrantes, incontrano i membri della Commissione Affari Costituzionali e i capigruppo alla Camera dei deputati.
Domani, mercoledì 25 febbraio, ore 15.00, presso Palazzo Marini (Sala San Claudio), Piazza San Claudio 166.
Le organizzazioni cattoliche chiedono modifiche al testo del disegno di legge su questioni riguardanti aspetti fondamentali della vita degli immigrati, tra cui il matrimonio, le cure mediche, la residenza, la "tassa" sui permessi di soggiorno, il reato di clandestinità, il prolungamento della permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione. Sulla base di un documento-appello mandato a tutti i parlamentati nelle scorse settimane e intitolato "Solo una legge giusta può dare più sicurezza".
Di Pietro: Ok Franceschini
(AGI) - Antonio Di Pietro ha salutato con favore la prima uscita pubblica del neosegretario del Pd, Dario Franceschini. “Non e’ mai troppo tardi”, ha dichiarato il leader dell’Italia dei Valori interpellato dai giornalisti alla Camera, “benvenuto a chi ha capito, come noi dell’Italia dei Valori, che il problema piu’ importante e’ liberarci dal pericolo Berlusconi”.
Duro e’ stato poi il giudizio di Di Pietro sul disegno di legge sulle intercettazioni da oggi in aula a Montecitorio, attraverso il quale, ha detto, Berlusconi “toglie spazio all’informazione e possibilita’ di agire ai magistrati”.
Duro e’ stato poi il giudizio di Di Pietro sul disegno di legge sulle intercettazioni da oggi in aula a Montecitorio, attraverso il quale, ha detto, Berlusconi “toglie spazio all’informazione e possibilita’ di agire ai magistrati”.
Franceschini, contro la crisi salari più alti
«Se fossimo al Governo, faremmo una cosa chiara: nella crisi non bisogna dimenticare chi da solo non ce la fa. Quindi una indennità di disoccupazione a tutti coloro che perdono il posto di lavoro, a cominciare dai precari. E un intervento per aumentare i salari più bassi e mettere le famiglie in condizione di vivere». Questo è quello che ha detto il neosegretario del Pd, Dario Franceschini, in una intervista al Tg1. Franceschini sulla crisi economica critica Berlusconi: «Ho letto: è tornato l'antiberlusconismo. Non capisco cosa voglia dire. Quando un Presidente del Consiglio nega l'esistenza stessa della crisi economica, quella che tutte le famiglie sentono sulla loro pelle. Quando pensa di andare contro lo Stato di diritto, affidando la sicurezza non più soltanto ai carabinieri, alle forze di polizia, ma a squadre di privati cittadinni. Allora i riformisti, ma anche i moderati, alzano la voce con forza».Sul Pd Franceschini dice: «La prima cosa è la più semplice: smettere di litigare. I nostri elettori sono stanchi di avere persone che fanno parte della stessa squadra, che cercano il protagonismo, che cercano di farsi vedere, di differenziarsi, invece di andare insieme contro l'avversario. Lo stesso discorso vale per l'opposizione: il momento delle alleanze verrà fra qualche anno, adesso dovremmo, tutti insieme, cercare di contrastare il governo Berlusconi».
lunedì 23 febbraio 2009
Franceschini, l'abbraccio di Ferrara
Il nuovo segretario del Pd ha giurato sulla Costituzione di fronte allo 'storico' muretto del Castello Estense. Breve discorso davanti alla folla: "Ferrara sarà un luogo simbolico"
Ferrara, 23 febbraio 2009 - "Non litigate più!". L’abbraccio della pensionata, più che di una militante del Pd o di un’ex partigiana, sembra quello di una cara zia. Preoccupata che Dario Franceschini, nelle (inevitabili) bufere politiche che lo attendono nel nuovo incarico nazionale, possa perdere la salute e il sorriso. Ieri però, stretto davanti al Castello dall’abbraccio di un mezzo migliaio di persone, il neo segretario del Partito Democratico si è mostrato fiducioso: "Noi alla fine vinceremo...", ha chiuso il proprio breve intervento.
Non un discorso, non un comizio; si è trattato infatti di un’iniziativa simbolica e (termine usato dallo stesso Franceschini) "anomala". Un giuramento sulla Costituzione, assieme al padre Giorgio che di quel testo - fogli ingialliti dal tempo - è custode sin dalla sua ormai lontana esperienza parlamentare, tra il ’53 e il ’58. Un atto che di norma un segretario di partito non è tenuto a compiere; ma per Franceschini, in Italia, la ‘norma’ e la normalità traballano.
Traballa anche la gente assiepata. Sin da un’ora prima della rapida cerimonia, a fianco della lapide del muretto del Castello si infittisce il capannello di gente, ma soprattutto quello di televisioni e fotografi. Un paio di furgoni con la parabola sul tetto proprio sotto la statua del Savonarola, per far capire che d’ora in poi l’attenzione anche mediatica sull’ex assessore alla Cultura sarà massimo; ma anche emittenti dalle sigle meno note - YouDem, il canale satellitare dei ‘veltroniani’, e Glock Tv legato invece al Pd provinciale -, e tante macchine fotografiche in mano alla gente comune. "Vengo dal paesello, fatemi passare per favore" dice una signora bionda, cercando di conquistare un posto in prima fila a suon di gentilezza.
Attorno alle transenne improvvisate, due gruppetti di partigiani (le delegazioni dell’Anpi e dei Partigiani Cattolici) issano fotografie e stendardi; per i politici non ci sono invece posti riservati, anzi l’invito - garbato - è quello di evitare colpi di gomito ed esibizionismi. Così i rappresentanti delle istituzioni locali (il presidente della Provincia Pier Giorgio Dall’Acqua e la vicesindaco Rita Tagliati) si defilano, lasciando uno spicchio di... pole position alla delegazione del Pd estense formata dal segretario Paolo Calvano e dai candidati Marcella Zappaterra e Tiziano Tagliani. Dall’altra parte del semicerchio, sbuca Pierluigi Castagnetti, ex segretario nazionale del Ppi. Mescolati alla folla, volti noti della politica locale - dal consigliere regionale Roberto Montanari al rettore Patrizio Bianchi, dall’assessore alla Cultura Massimo Maisto al parlamentare Sandro Bratti - che cedono però volentieri la ribalta. Si sbraccia invece per conquistare la prima fila l’ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti.E’ comunque una giovane, Giulia Resca, a dare il saluto iniziale, ricordando l’occasione ma soprattutto i nomi delle undici vittime dell’eccidio del Castello ("trucidate solo perchè credevano nella libertà", sottolinea la ragazza).
Poi Dario e Giorgio Franceschini si stringono la mano, serrando le dita sui fogli della Costituzione raccolti in una cartellina di plastica; poche parole, la promessa solenne di "esercitare le funzioni di segretario del Partito Democratico nell’interesse esclusivo della nazione", poi partono le note dell’Inno d’Italia. Un attimo di silenzio, poi tutti i presenti si lanciano nel coro; guidati idealmente da Giorgio Franceschini che sembra il più convinto di tutti nel levare alta la voce, stretto nel cappotto blu e fiero dello sguardo del figlio. Il primo ringraziamento, nel breve intervento con cui il neo segretario del Pd chiude l’iniziativa, è proprio per lui e per la moglie Gardenia: "Devo chiedere scusa a papà e mamma - l’esordio di Franceschini pare quello di un figlio che ha combinato una marachella -, per l’emozione che gli ho dato, e con mia madre in particolare che è rimasta nascosta in mezzo alla gente".
Da lì, comunque, dalla macchia più che dal mucchio di una folla colorata e sorridente, partono applausi e invocazioni: "Vièn chì da nualtar...", grida un uomo mentre Franceschini sta per andarsene. "Trop luntàn!", replica in dialetto il successore di Veltroni per far capire che il nuovo incarico non gli farà perdere il collegamento con la sua città. Con quella Ferrara "che dentro di me è l’emblema della tradizione civile e democratica di tutto il nostro Paese", afferma Franceschini. Poche parole, non un discorso nè un comizio ("non è il momento e non è il luogo", sottolinea), ma di certo un simbolo di quella che in qualche modo è una nuova Resistenza. "Costituzione, antifascismo, laicità dello Stato sino a poco tempo fa erano valori condivisi da tutti i partiti che pure si contrapponevano politicamente in modo duro. Oggi sembra che non sia più così, ma noi ci impegneremo perchè torni ad esserlo. Ed alla fine vinceremo".
Si prepara una "lunga battaglia", chiude Franceschini ormai nella morsa dei microfoni di tv e radio, ed il ‘nemico’ ha il volto di Silvio Berlusconi: "Ha in mente un paese in cui il potere è tacitamente consegnato a una sola persona", dice rilanciando lo slogan dell’insediamento all’assemblea nazionale. E’ l’ultimo squarcio del ‘giuramento’, c’è tempo per qualche autografo, qualche bacio affettuoso agli amici e poi, attraverso via Cairoli, il saluto e la ripartenza.
di Stefano Lolli
Ferrara, 23 febbraio 2009 - "Non litigate più!". L’abbraccio della pensionata, più che di una militante del Pd o di un’ex partigiana, sembra quello di una cara zia. Preoccupata che Dario Franceschini, nelle (inevitabili) bufere politiche che lo attendono nel nuovo incarico nazionale, possa perdere la salute e il sorriso. Ieri però, stretto davanti al Castello dall’abbraccio di un mezzo migliaio di persone, il neo segretario del Partito Democratico si è mostrato fiducioso: "Noi alla fine vinceremo...", ha chiuso il proprio breve intervento.
Non un discorso, non un comizio; si è trattato infatti di un’iniziativa simbolica e (termine usato dallo stesso Franceschini) "anomala". Un giuramento sulla Costituzione, assieme al padre Giorgio che di quel testo - fogli ingialliti dal tempo - è custode sin dalla sua ormai lontana esperienza parlamentare, tra il ’53 e il ’58. Un atto che di norma un segretario di partito non è tenuto a compiere; ma per Franceschini, in Italia, la ‘norma’ e la normalità traballano.
Traballa anche la gente assiepata. Sin da un’ora prima della rapida cerimonia, a fianco della lapide del muretto del Castello si infittisce il capannello di gente, ma soprattutto quello di televisioni e fotografi. Un paio di furgoni con la parabola sul tetto proprio sotto la statua del Savonarola, per far capire che d’ora in poi l’attenzione anche mediatica sull’ex assessore alla Cultura sarà massimo; ma anche emittenti dalle sigle meno note - YouDem, il canale satellitare dei ‘veltroniani’, e Glock Tv legato invece al Pd provinciale -, e tante macchine fotografiche in mano alla gente comune. "Vengo dal paesello, fatemi passare per favore" dice una signora bionda, cercando di conquistare un posto in prima fila a suon di gentilezza.
Attorno alle transenne improvvisate, due gruppetti di partigiani (le delegazioni dell’Anpi e dei Partigiani Cattolici) issano fotografie e stendardi; per i politici non ci sono invece posti riservati, anzi l’invito - garbato - è quello di evitare colpi di gomito ed esibizionismi. Così i rappresentanti delle istituzioni locali (il presidente della Provincia Pier Giorgio Dall’Acqua e la vicesindaco Rita Tagliati) si defilano, lasciando uno spicchio di... pole position alla delegazione del Pd estense formata dal segretario Paolo Calvano e dai candidati Marcella Zappaterra e Tiziano Tagliani. Dall’altra parte del semicerchio, sbuca Pierluigi Castagnetti, ex segretario nazionale del Ppi. Mescolati alla folla, volti noti della politica locale - dal consigliere regionale Roberto Montanari al rettore Patrizio Bianchi, dall’assessore alla Cultura Massimo Maisto al parlamentare Sandro Bratti - che cedono però volentieri la ribalta. Si sbraccia invece per conquistare la prima fila l’ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti.E’ comunque una giovane, Giulia Resca, a dare il saluto iniziale, ricordando l’occasione ma soprattutto i nomi delle undici vittime dell’eccidio del Castello ("trucidate solo perchè credevano nella libertà", sottolinea la ragazza).
Poi Dario e Giorgio Franceschini si stringono la mano, serrando le dita sui fogli della Costituzione raccolti in una cartellina di plastica; poche parole, la promessa solenne di "esercitare le funzioni di segretario del Partito Democratico nell’interesse esclusivo della nazione", poi partono le note dell’Inno d’Italia. Un attimo di silenzio, poi tutti i presenti si lanciano nel coro; guidati idealmente da Giorgio Franceschini che sembra il più convinto di tutti nel levare alta la voce, stretto nel cappotto blu e fiero dello sguardo del figlio. Il primo ringraziamento, nel breve intervento con cui il neo segretario del Pd chiude l’iniziativa, è proprio per lui e per la moglie Gardenia: "Devo chiedere scusa a papà e mamma - l’esordio di Franceschini pare quello di un figlio che ha combinato una marachella -, per l’emozione che gli ho dato, e con mia madre in particolare che è rimasta nascosta in mezzo alla gente".
Da lì, comunque, dalla macchia più che dal mucchio di una folla colorata e sorridente, partono applausi e invocazioni: "Vièn chì da nualtar...", grida un uomo mentre Franceschini sta per andarsene. "Trop luntàn!", replica in dialetto il successore di Veltroni per far capire che il nuovo incarico non gli farà perdere il collegamento con la sua città. Con quella Ferrara "che dentro di me è l’emblema della tradizione civile e democratica di tutto il nostro Paese", afferma Franceschini. Poche parole, non un discorso nè un comizio ("non è il momento e non è il luogo", sottolinea), ma di certo un simbolo di quella che in qualche modo è una nuova Resistenza. "Costituzione, antifascismo, laicità dello Stato sino a poco tempo fa erano valori condivisi da tutti i partiti che pure si contrapponevano politicamente in modo duro. Oggi sembra che non sia più così, ma noi ci impegneremo perchè torni ad esserlo. Ed alla fine vinceremo".
Si prepara una "lunga battaglia", chiude Franceschini ormai nella morsa dei microfoni di tv e radio, ed il ‘nemico’ ha il volto di Silvio Berlusconi: "Ha in mente un paese in cui il potere è tacitamente consegnato a una sola persona", dice rilanciando lo slogan dell’insediamento all’assemblea nazionale. E’ l’ultimo squarcio del ‘giuramento’, c’è tempo per qualche autografo, qualche bacio affettuoso agli amici e poi, attraverso via Cairoli, il saluto e la ripartenza.
di Stefano Lolli
(Fonte: Il Resto del Carlino, 23 febbraio 2009)
Il Giuramento di Franceschini
Il primo atto del Segretario
Il giuramento di Franceschini davanti al Castello Estense
Contornato da quasi cinquecento persone, il nuovo segretario del Pd, Dario Franceschini, ha compiuto a Ferrara il suo primo atto da segretario nazionale del Pd. Ha giurato fedeltà alla Costituzione davanti al Castello Estense, vicino alla lapide che ricorda i martiri della repressione fascista.
Inviati e televisioni da tutt'Italia; fedelissimi, popolo del Pd e semplici curiosi si sono accalcati ieri pomeriggio davanti al muretto del Castello Estense, esattamente nel punto in cui la lapide ricorda i martiri della "lunga notte del 1943" per ascoltare il giuramento del nuovo segretario nazionale del Pd, Dario Franceschini. Con a fianco il padre Giorgio, il leader del Pd ha giurato solennemente su quella Costituzione che, dice Farnceschini, il suo avversario politico e attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi vuole in qualche modo aggirare. "Il presidente del Consiglio ha in mente un paese in cui il potere viene sempre più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona. Questo è contro la Costituzione a cui lui ha giurato fedeltà. "Non è il momento della delusione, dell'astensionismo o del disimpegno - ha aggiunto il nuovo leader del Pd - è il momento in cui tutti gli italiani che credono nei valori condivisi che hanno fatto nascere la nostra Costituzione, dall'antifascismo e dalla resistenza, in modo pacifico, civile e democratico comincino una lunga battaglia per difendere la democrazia italiana".Quelli che attendono il centrosinistra saranno mesi difficili, anni difficili, ma noi alla fine vinceremo. Ne è convinto Franceschini che ha fissato nella difesa dei valori il primo punto della sua attività da segretario.
"Fino a qualche decennio fa - ha detto - la Costituzione, l'antifascismo e la laicità erano valori condivisi da tutte le forze politiche, che si fronteggiavano anche duramente. Oggi sembra che noi sia più così. Noi vogliamo che torni ad essere così. Saranno mesi difficili, anni difficili, ma noi alla fine vinceremo".
(Fonte: La Nuova Ferrara, 22 febbraio 2009)
Il giuramento di Franceschini davanti al Castello Estense
Contornato da quasi cinquecento persone, il nuovo segretario del Pd, Dario Franceschini, ha compiuto a Ferrara il suo primo atto da segretario nazionale del Pd. Ha giurato fedeltà alla Costituzione davanti al Castello Estense, vicino alla lapide che ricorda i martiri della repressione fascista.
Inviati e televisioni da tutt'Italia; fedelissimi, popolo del Pd e semplici curiosi si sono accalcati ieri pomeriggio davanti al muretto del Castello Estense, esattamente nel punto in cui la lapide ricorda i martiri della "lunga notte del 1943" per ascoltare il giuramento del nuovo segretario nazionale del Pd, Dario Franceschini. Con a fianco il padre Giorgio, il leader del Pd ha giurato solennemente su quella Costituzione che, dice Farnceschini, il suo avversario politico e attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi vuole in qualche modo aggirare. "Il presidente del Consiglio ha in mente un paese in cui il potere viene sempre più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona. Questo è contro la Costituzione a cui lui ha giurato fedeltà. "Non è il momento della delusione, dell'astensionismo o del disimpegno - ha aggiunto il nuovo leader del Pd - è il momento in cui tutti gli italiani che credono nei valori condivisi che hanno fatto nascere la nostra Costituzione, dall'antifascismo e dalla resistenza, in modo pacifico, civile e democratico comincino una lunga battaglia per difendere la democrazia italiana".Quelli che attendono il centrosinistra saranno mesi difficili, anni difficili, ma noi alla fine vinceremo. Ne è convinto Franceschini che ha fissato nella difesa dei valori il primo punto della sua attività da segretario.
"Fino a qualche decennio fa - ha detto - la Costituzione, l'antifascismo e la laicità erano valori condivisi da tutte le forze politiche, che si fronteggiavano anche duramente. Oggi sembra che noi sia più così. Noi vogliamo che torni ad essere così. Saranno mesi difficili, anni difficili, ma noi alla fine vinceremo".
(Fonte: La Nuova Ferrara, 22 febbraio 2009)
Difendere la Costituzione
Il neo-segretario a Ferrara: "Il premier ha in mente un paese in cui il potere sia concentrato nelle mani di una sola persona"
Con alle spalle il castello di Ferrara, un luogo simbolico della resistenza dove il 15 novembre del 1943 undici cittadini vennero trucidati dal fascismo, Dario Franceschini, come promesso nel discorso di candidatura davanti ai delegati dell'Assemblea Nazionale del Pd, ha compiuto il primo atto politico del suo mandato da segretario del Partito Democratico. Alla presenza di diverse centinaia di persone, di Ferrara e fuori città, venuti a sostenerlo nel primo giorno del suo nuovo incarico, il neo eletto segretario ha voluto iniziare l'esperienza alal guida del partito giurando sulla Costituzione italiana portata direttamente dal papà Giorgio, partigiano durante la seconda guerra mondiale. "Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare le leggi e la Costituzione ed esercitare le funzioni di segretario del Partito democratico nell'interesse esclusivo della nazione". Appena ha finito di pronunciare queste parole Franceschini ha dichiarato ai cronisti presenti: "E' anomalo che un dirigente politico legga la formula di giuramento alla Costituzione che è imposta soltanto al presidente del Consiglio dei ministri - ha detto - credo che ci aspettino mesi molto duri". Quello di oggi, ha aggiunto il neo segretario, "non è il momento nè il luogo per fare discorsi; voglio ringraziare voi e la città per la sua tradizione civile, democratica e antifascista. Mi scuso con mio papà per l'emozione che gli ho dato, e anche mia mamma che oggi è qui con voi". Fino a qualche decennio fa, ha continuato, "la Costituzione, l'antifascismo e la laicità erano valori condivisi da tutte le forze politiche anche se contrapposte. Oggi sembra che non sia più così. Noi vogliamo che torni ad essere così. Saranno mesi e anni difficili, ma noi alla fine vinceremo".Dopo quel gesto, Dario Franceschini ha rivolto un appello alla base del Pd e attacato il governo, in particolare il premier Silvio Berlusconi: "Non è il momento della delusione, dell'astensionismo, nè del disimpegno. E' il momento in cui tutti gli italiani comincino una lunga battaglia per difendere la democrazia italiana" dice il segretario. Ed è a questo punto che Franceschini torna a criticare il premier che "ha in mente un paese in cui il potere viene sempre più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona. Questo è contro la Costituzione a cui lui ha giurato fedeltà".
domenica 22 febbraio 2009
Franceschini: "Premier contro Carta"
(ANSA) - FERRARA, 22 FEB - Berlusconi è contro la Costituzione, lo afferma il noesegretario del Pd Dario Franceschini. “Berlusconi - osserva - pensa ad un paese in cui il potere viene sempre più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona. Questo è contro la Costituzione a cui lui ha giurato fedeltà”. Quelli che attendono il centrosinistra saranno “mesi difficili, anni difficili, ma noi alla fine vinceremo”.
Il Veneto democratico con Franceschini
Franceschini: Giaretta, "Ottimo l’annuncio che darà più spazio nel partito ai territori".
"Chi con una certa supponenza aveva battezzato Dario Franceschini "il signor nessuno” si deve oggi ricredere. Quello del nuovo segretario del Partito Democratico è stato un grande discorso di un vero leader, pronunciato con l’umiltà necessaria di fronte alla gravità della sfida ma anche con il coraggio delle parole chiare sui temi difficili".Il segretario regionale del Partito Democratico del Veneto Paolo Giaretta saluta con queste parole la relazione di Dario Franceschini, che a breve riceverà il mandato dall’Assemblea Nazionale, riunita in queste ore alla Fiera di Roma, a guidare il partito fino al congresso di ottobre."L’Assemblea Nazionale, l’organo più importante della rappresentanza democratica - rileva Giaretta - si è espresso nettamente, con grande consapevolezza del passaggio difficile, mettendo in fila i problemi: prima fare bene alle Amministrative e alle Europee di giugno e subito dopo questa scadenza importante affrontare il congresso e le primarie. A guidare le scelte dell’Assemblea c’è stata molta determinazione e il senso della criticità del momento. È riemerso forte l’orgoglio di partito, l’idea che il progetto del PD è troppo bello per farlo affondare per debolezza o viltà"."Ora le parole si sono esaurite - conclude il leader dei democratici veneti - e saranno i fatti che dovranno dimostrare, già dai prossimi giorni, che Dario Franceschini rappresenta quella parte del gruppo dirigente consapevole che si devono correggere alcuni difetti che hanno appesantito il volo di Veltroni, come l’eccesso di centralismo. Due sono gli annunci importanti fatti dal nuovo leader: la necessità di concentrarsi sui temi che riguardano le condizioni di vita dei cittadini e la forte scelta di un partito che cammina sulle gambe dei territori e non su quelle della nomeclatura, con una maggiore attenzione ai contributi di idee e di uomini che può dare la periferia. Da domani, dunque, si ricomincia".
Giacon: "Franceschini riparte dal coraggio della verità".
"Franceschini è l’uomo giusto al momento giusto. È stato chiaro e coraggioso, ha parlato con il cuore. Mi ha colpito quando ha dichiarato, "Non tratterò con nessuno, sceglierò io direttamente i dirigenti nazionali”, confermando così lo sforzo di archiviare il correntismo ed il fiorire di fazioni e fondazioni che tanto hanno messo a rischio il progetto democratico".Lo afferma Paolo Giacon, responsabile della segreteria politica di Paolo Giaretta, presente all’assemblea nazionale oggi a Roma, assieme a una nutrita delegazione di costituenti veneti. Giacon, in tempi non sospetti, aveva fondato il gruppo facebook "sostenitori di Dario Franceschini"."Franceschini è partito quasi sottovoce, emozionatissimo - racconta il dirigente veneto - Piano piano la frequenza degli applausi è cresciuta e l’assemblea ha riconosciuto in lui un nuovo leader autorevole, una nuova guida, non un reggente ma un segretario con pieni poteri. Franceschini ha promesso di usare subito tutti i suoi poteri da segretario, azzerando il governo ombra ed il coordinamento nazionale. Ha promesso spazio ai giovani e alle donne, soprattutto a quelli che provengono dalla gavetta del territorio e nuove forme di collegialità. Ha dichiarato che sarà un segretario a termine: rimarrà fino ad ottobre, data del congresso, interpretando il suo ruolo come servizio. Ha anche ammesso errori e condiviso le medesime responsabilità di Walter Veltroni".Giacon valuta dunque la relazione di Dario Franceschini "una relazione a tutto campo che intercetta pienamente la sensibilità, le emozioni e le esigenze della platea democratica", "Il leader vuole costruire un tessuto di valori condiviso: laicità dello Stato, solidarietà, sicurezza, centralità della persona e del lavoro. Non si è sottratto dal toccare i temi più scottanti dell’attualità politica come il testamento biologico e i recenti decreti legge del Governo. È ritornato poi sulla lotta serrata all’evasione fiscale - spiega il dirigente veneto - Ha rivendicato la necessità di costruire un partito capace di fare opposizione propositiva ma nello stesso tempo dura ed autorevole di fronte alla drammatica incapacità del governo di affrontare questa crisi. Ha parlato di una forma moderna di autoritarismo di Berlusconi che non vuole governare il paese ma vuole diventare padrone d’Italia, arrivando al cinismo di attaccare la costituzione attorno al letto di una ragazza morente".Secondo Giacon, intorno a Dario Franceschini il partito ha ritrovato la sua unità. "Oggi il PD ha ritrovato la sua unità attorno ad un nuovo leader - conclude - Ora non ci resta che concentrare il nostro sforzo verso il prossimo appuntamento elettorale. Il PD dovrà intercettare il voto moderato, riformista, dei tanti delusi della Lega Nord e del Popolo della Libertà. Sono dunque in piena sintonia con le novità e il rilancio di Franceschini. Non è il momento della delusione e della fuga ma di un atto di fiducia e di amore verso il partito che abbiamo sognato e aspettato per anni. È il momento di raccogliere tutte le forze per difendere la democrazia italiana. Domani a Ferrara, quando il nuovo segretario giurerà sulla Costituzione, saremo tutti idealmente con lui".
Silvestri (Giovani Democratici), "L’elezione di Franceschini è la migliore risposta alla crisi del Pd".
"La giornata di oggi è stata all’insegna di due parole chiave: responsabilità e fiducia. La scelta dell’Assemblea Nazionale è stata infatti animata dal senso di responsabilità e dalla necessità di non aprire nuove fasi di conflitti interni, dando fiducia a Dario Franceschini, nuovo segretario con pieni poteri".Lo afferma Filippo Silvestri, segretario regionale dei Giovani Democratici del Veneto, il movimento giovanile del PD. "L’elezione di Franceschini, leader autorevole e credibile, è la migliore risposta alle difficoltà di questi giorni – continua Silvestri - Ho apprezzato in particolare il richiamo a costruire un’opposizione non populista ma nello stesso tempo autorevole, determinata e concreta, criticando la deriva di autoritarismo del Governo Berlusconi"."Si apre una grande opportunità per noi giovani del PD - conclude il leader dei Giovani Democratici del Veneto - Siamo chiamati ad essere i garanti e i protagonisti del rinnovamento della proposta politica democratica".
"Chi con una certa supponenza aveva battezzato Dario Franceschini "il signor nessuno” si deve oggi ricredere. Quello del nuovo segretario del Partito Democratico è stato un grande discorso di un vero leader, pronunciato con l’umiltà necessaria di fronte alla gravità della sfida ma anche con il coraggio delle parole chiare sui temi difficili".Il segretario regionale del Partito Democratico del Veneto Paolo Giaretta saluta con queste parole la relazione di Dario Franceschini, che a breve riceverà il mandato dall’Assemblea Nazionale, riunita in queste ore alla Fiera di Roma, a guidare il partito fino al congresso di ottobre."L’Assemblea Nazionale, l’organo più importante della rappresentanza democratica - rileva Giaretta - si è espresso nettamente, con grande consapevolezza del passaggio difficile, mettendo in fila i problemi: prima fare bene alle Amministrative e alle Europee di giugno e subito dopo questa scadenza importante affrontare il congresso e le primarie. A guidare le scelte dell’Assemblea c’è stata molta determinazione e il senso della criticità del momento. È riemerso forte l’orgoglio di partito, l’idea che il progetto del PD è troppo bello per farlo affondare per debolezza o viltà"."Ora le parole si sono esaurite - conclude il leader dei democratici veneti - e saranno i fatti che dovranno dimostrare, già dai prossimi giorni, che Dario Franceschini rappresenta quella parte del gruppo dirigente consapevole che si devono correggere alcuni difetti che hanno appesantito il volo di Veltroni, come l’eccesso di centralismo. Due sono gli annunci importanti fatti dal nuovo leader: la necessità di concentrarsi sui temi che riguardano le condizioni di vita dei cittadini e la forte scelta di un partito che cammina sulle gambe dei territori e non su quelle della nomeclatura, con una maggiore attenzione ai contributi di idee e di uomini che può dare la periferia. Da domani, dunque, si ricomincia".
Giacon: "Franceschini riparte dal coraggio della verità".
"Franceschini è l’uomo giusto al momento giusto. È stato chiaro e coraggioso, ha parlato con il cuore. Mi ha colpito quando ha dichiarato, "Non tratterò con nessuno, sceglierò io direttamente i dirigenti nazionali”, confermando così lo sforzo di archiviare il correntismo ed il fiorire di fazioni e fondazioni che tanto hanno messo a rischio il progetto democratico".Lo afferma Paolo Giacon, responsabile della segreteria politica di Paolo Giaretta, presente all’assemblea nazionale oggi a Roma, assieme a una nutrita delegazione di costituenti veneti. Giacon, in tempi non sospetti, aveva fondato il gruppo facebook "sostenitori di Dario Franceschini"."Franceschini è partito quasi sottovoce, emozionatissimo - racconta il dirigente veneto - Piano piano la frequenza degli applausi è cresciuta e l’assemblea ha riconosciuto in lui un nuovo leader autorevole, una nuova guida, non un reggente ma un segretario con pieni poteri. Franceschini ha promesso di usare subito tutti i suoi poteri da segretario, azzerando il governo ombra ed il coordinamento nazionale. Ha promesso spazio ai giovani e alle donne, soprattutto a quelli che provengono dalla gavetta del territorio e nuove forme di collegialità. Ha dichiarato che sarà un segretario a termine: rimarrà fino ad ottobre, data del congresso, interpretando il suo ruolo come servizio. Ha anche ammesso errori e condiviso le medesime responsabilità di Walter Veltroni".Giacon valuta dunque la relazione di Dario Franceschini "una relazione a tutto campo che intercetta pienamente la sensibilità, le emozioni e le esigenze della platea democratica", "Il leader vuole costruire un tessuto di valori condiviso: laicità dello Stato, solidarietà, sicurezza, centralità della persona e del lavoro. Non si è sottratto dal toccare i temi più scottanti dell’attualità politica come il testamento biologico e i recenti decreti legge del Governo. È ritornato poi sulla lotta serrata all’evasione fiscale - spiega il dirigente veneto - Ha rivendicato la necessità di costruire un partito capace di fare opposizione propositiva ma nello stesso tempo dura ed autorevole di fronte alla drammatica incapacità del governo di affrontare questa crisi. Ha parlato di una forma moderna di autoritarismo di Berlusconi che non vuole governare il paese ma vuole diventare padrone d’Italia, arrivando al cinismo di attaccare la costituzione attorno al letto di una ragazza morente".Secondo Giacon, intorno a Dario Franceschini il partito ha ritrovato la sua unità. "Oggi il PD ha ritrovato la sua unità attorno ad un nuovo leader - conclude - Ora non ci resta che concentrare il nostro sforzo verso il prossimo appuntamento elettorale. Il PD dovrà intercettare il voto moderato, riformista, dei tanti delusi della Lega Nord e del Popolo della Libertà. Sono dunque in piena sintonia con le novità e il rilancio di Franceschini. Non è il momento della delusione e della fuga ma di un atto di fiducia e di amore verso il partito che abbiamo sognato e aspettato per anni. È il momento di raccogliere tutte le forze per difendere la democrazia italiana. Domani a Ferrara, quando il nuovo segretario giurerà sulla Costituzione, saremo tutti idealmente con lui".
Silvestri (Giovani Democratici), "L’elezione di Franceschini è la migliore risposta alla crisi del Pd".
"La giornata di oggi è stata all’insegna di due parole chiave: responsabilità e fiducia. La scelta dell’Assemblea Nazionale è stata infatti animata dal senso di responsabilità e dalla necessità di non aprire nuove fasi di conflitti interni, dando fiducia a Dario Franceschini, nuovo segretario con pieni poteri".Lo afferma Filippo Silvestri, segretario regionale dei Giovani Democratici del Veneto, il movimento giovanile del PD. "L’elezione di Franceschini, leader autorevole e credibile, è la migliore risposta alle difficoltà di questi giorni – continua Silvestri - Ho apprezzato in particolare il richiamo a costruire un’opposizione non populista ma nello stesso tempo autorevole, determinata e concreta, criticando la deriva di autoritarismo del Governo Berlusconi"."Si apre una grande opportunità per noi giovani del PD - conclude il leader dei Giovani Democratici del Veneto - Siamo chiamati ad essere i garanti e i protagonisti del rinnovamento della proposta politica democratica".
Avanti. Senza paura
Un discorso con dei tratti intimi: la riflessione sui titoli dei giornali, i dialoghi con Veltroni. “In questi giorni ho letto di tutto su di me, e i miei amici mi hanno chiesto di fare un discorso che susciti calore ed emozione. Invece serve franchezza, serve guardarci negli occhi per capire i nostri limiti e ribadire l’orgoglio delle cose fatte. Ma dobbiamo rimboccarci le maniche tutti insieme. Spero che Arturo si candidi, perchè serve un confronto vero e autentico". Ed elenca tra le cose da rivendicare: il radicamento con 6.000 circoli, la velocità nel mescolare le provenienze perché “dove si sono fatte le primarie non si è visto lo schema ex DS contro ex Margherita”. E poi la scelta politica di rompere le vecchie alleanze (che attribuirà a Veltroni) e l’orgoglio per “il grande senso di responsabilità che ha non un PD contenitore, ma una cosa nuova. Non abbiate paura, non ci saranno crisi”.
L’omaggio a Veltroni. “Walter ci ha detto una cosa generosa e ha fatto una cosa rara quando ha detto “non ce l’ho fatta, me ne vado”. Voglio dirvi cosa gli ho detto in privato: “Non è vero, senza di te non ci sarebbero state né le primarie né il PD, staremmo ancora a parlare di FED, soggetti politici, pasticci, alleanze vecchie tutti contro uno, impossibilitate a governare”. Poi passa a parlare dei limiti: “il più forte è stata la nostra polemica, la qualità del governo era annullata dalle polemiche. Ed in campagna elettorale è sembrato che andassimo a una rottura con l’Ulivo e con Prodi. Non è così, il PD è il figlio dell’Ulivo. Romano Prodi ha pagato ingiustamente per un giudizio che non merita, ha governato in situazioni difficili, facendo cose straordinarie”.
Non tornare indietro. "Non abbiate paura", non ci sarà risultato elettorale per quanto negativo o scontro tra dirigenti per quanto feroce che "ci possano fare rinunciare all'idea che il nostro futuro è solo un futuro comune". Franceschini ammette le difficoltà che il PD dovrà affrontare nei prossimi mesi: “'Non posso - dice - nascondere la crisi in cui siamo, ma abbiamo costruito non solo un contenitore ma una nuova appartenenza ed è questa che crea dolore, delusioni perché è dettata dal sentimento di essere in una casa nuova, in una casa comune''.
Senza padrini, né protettori. "Mi hanno chiesto di fare il segretario, non il reggente, e io so che è un compito terribile perché la situazione richiederebbe una soluzione forte, più autorevole. Io sono consapevole della fragilità del modo in cui avviene l'elezione". Lo dice Dario Franceschini annunciando la sua segreteria come una segreteria di "servizio". "Non li ho chiesti e non ho fatto patti - dice - non avrò népadrini né protettori". Dario Franceschini spiega di aver accettato di candidarsi a segretario del Pd come un mandato di servizio assicurando di non avere mire personali per il futuro, e che quindi a ottobre terminerà il suo lavoro. "Io non l'ho chiesto - ha spiegato - volevo rifiutare. Ma poi sarebbe sembrata una fuga. Interpreto questo ruolo come servizio, sara' come un compito difficilissimo". Spiega che si occuperà di gestire questa delicata fase "per affrontare le europee e garantire poi lo svolgimento del congresso". Ribadisce "io non l'ho chiesto, non ho fatto patti, non ho padrini, nè protettori. Non sono qui per preparare il mio destino personale - garantisce - il mio lavoro finisce ad ottobre". Franceschini ha annunciato che convocherà al più presto la direzione per stabilire le nuove regole". Se verrà eletto segretario oggi, inoltre, azzererà il governo ombra e il coordinamento nazionale. Lo ha ribadito davanti all'Assemblea Costituente: "Se mi eleggerete ricominceremo da lunedì. Azzererò il coordinamento, il governo ombra, non la direzione che è stata eletta". "Metterò in piedi nuove forme di collegialità con aperture al territorio, ai sindaci, ai segretari regionali". Ma, ha avvertito, "non farò trattative con nessuno, sceglierò io. Sceglierò io e chi batte le mani adesso non venga domani a chiedere di nominare qualcuno. Sentirò gli uomini del partito ma senza coinvolgerli nella gestione del partito".
Collocazione europea. "Lavoreremo per costruire un luogo comune di socialisti e non socialisti, non entreremo nel Pse ma non potremo mai stare in un luogo in cui non ci siano i socialisti europei. Non fosse altro perché qui stiamo nello stesso partito". Nel suo intervento Franceschini parla anche del nodo irrisolto della collocazione europea. "Lavoreremo- aggiunge - per costruire in Europa un luogo in cui stiano insieme tutti i riformismi, quelli socialisti e i non socialisti. I tempi in Italia li abbiamo determinati noi. A quelli europei possiamo solo concorrere".
Laicità. Parli pure la Chiesa a difesa dei suoi valori, ma "per tutti noi è inviolabile il principio sacro della laicità dello Stato". Dario Franceschini incassa l'applauso dei delegati affrontando di petto i temi bioetici: perchè nel Pd si registrano differenze "ancora così profonde" semplicemente perché sono "temi straordinariamente nuovi. Temi così nuovi - dice il candidato a segretario - su cui siamo impreparati. Ma la coscienza di un laico e un cattolico non si fanno le stesse domande, non provano le stesse paure e le stesse speranze?". Ecco, bisogna "andarsi incontro, in un lavoro comune, dobbiamo dialogare". Franceschini non glissa sul testamento biologico, prende una posizione chiara lanciando una domanda: "E' accettabile pensare di votare una norma come quella imposta dalla destra che impone l'alimentazione artificiale a una persona anche contro la sua volontà?". Certo, conclude, "io rispetterò e difenderò chi nel partito non se la sente di condividere questa scelta, ma "mai dimenticando che per tutti noi è inviolabile il principio sacro della laicità dello Stato".
Alleanze. Nessun ritorno al passato per quanto riguarda la questione delle alleanze. Lo sottolinea Dario Franceschini parlando dal palco dell'assemblea nazionale del Partito. ''Vocazione maggioritaria - si chiede Franceschini - o coalizione? Io mi chiedo perche' porre così la questione visto che indietro non torneremo''. Il futuro segretario del Partito cita il fatto che dopo l'approvazione della soglia di sbarramento alle politiche si era parlato di una possibile caduta delle giunte nelle quali il Pd era alleato con la sinistra radicale e osserva ''non mi pare sia caduta nessuna giunta''.' 'Ma e' chiaro - aggiunge - che dovremo costruire delle alleanze per vincere. Parlare con L'Udc e con i vecchi alleati''.
Sindacati. Nel suo intervento Franceschini si rivolge anche ai leader sindacati e ai lavorato. ''Noi siamo dalla parte dei lavoratori e quello che serve è un unico grande sindacato unitario'', afferma. Poi, rivolgendosi direttamente ai leader sindacali chiede di evitare che si ripeta quanto accaduto recentemente con un sindacato che è andato in piazza diviso: ''Evitateci questo dolore''.
Lotta all’evasione fiscale. Altro capitolo toccato è quello dell'evasione fiscale: la lotta agli evasori è per Franceschini una priorità, soprattutto in un momento in cui la gente è in difficoltà causa della crisi economica e se ''perderemo voti di qualche evasore - afferma - saremo lieti di perdere i voti di chi tradisce la comunità in cui vive''.
Governo. Franceschini riserva un affondo anche a Silvio Berlusconi e al suo governo. "Berlusconi ha in mente una forma moderna di autoritarismo, e ho misurato le parole. Non vuole governare il Paese, vuole diventare padrone d'Italia". Secondo Franceschini, il premier "vive come un ingombro il Parlamento e il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica, arriva al cinismo di attaccare la Costituzione attorno al letto di un ragazza morente, al cinismo di sfruttare la paura per legalizzare le ronde, contro tutti i diritti umani". Per questo, "le nostre divisioni sono più colpevoli perchè in Europa - fa notare - solo nel nostro Paese abbiamo un presidente del Consiglio che offende la Costituzione, disprezza i principi della democrazia. Di fronte a ciò, e i riformisti alzano la voce e mettono in campo tutte le forze per difendere la Costituzione". ''Se mi eleggerete segretario - conclude Franceschini, riscuotendo la standing ovation dell’Assemblea - il mio primo atto domani sarà a Ferrara. E, di fronte al castello Estense dove furono trucidati nel 1943 tredici cittadini innocenti farò quello che un segretario di partito non ha mai fatto, perché: chiederò a mio padre che ha 87 anni ed è un partigiano di portare la Costituzione e le giurerò fedeltà ''.
Un nuovo giorno
Con 1047 voti, Dario Franceschini è stato eletto nuovo segretario del Partito Democratico. Arturo Parisi, l'altro candidato alla segreteria del Partito, ha ottenuto 92 voti.
Nel suo breve discorso dopo la proclamazione da parte di Anna Finocchiaro si è detto contento per il cambio di clima tra l'inizio e la fine della giornata: "Adesso possiamo guardare al futuro". Poi ha citato le parole di un giornale clandestino degli allora partigiani Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini nel quale in romagnolo c'era scritto "se è notte si farà giorno. Oggi abbiamo dimostrato che stiamo lavorando per un giorno nuovo. Ho puntato i piedi per farla oggi l'Assemblea proprio perchè ho visto quello che hanno scritto in questi giorni i giornali, non potevamo fare altri sette giorni cosi'. E' stato un bene rimettersi a questa assemblea costituente che ha tanta voglia di costruire. Aveva ragione Walter Veltroni. E' tornato l'ottimismo e questa è la prova che l'unico ad aver capito che cosa bisogna fare è stato Veltroni. Serviva una scossa, un segnale di cambiamento e ringraziamo Veltroni per la sua scelta che è stata un atto d'amore verso il partito che ha fondato. Già so cosa diranno i giornali. Il mio è stato un discorso troppo di sinistra, troppo moderato, ma non mi interessa. Ho detto cose democratiche". E indicato quattro valori sui quali costruirà la sua azione: la Costituzione, la Resistenza, la laicità dello Stato, l'unità sindacale: sono i valori indicati dal neo eletto segretario del Pd Dario Franceschini nel breve discorso pronunciato subito dopo la proclamazione della sua elezione.I primi commenti sono quelli dell'ex segretario, Walter Veltroni: "La prima persona alla quale parlai delle mie dimissioni è stato Dario Franceschini. Gli dissi in quell’occasione che avrei voluto fosse lui a guidare il Partito democratico verso le elezioni e il congresso. Come ho detto nel mio discorso di saluto, Dario è un uomo politico leale, forte e che crede in quel progetto del partito democratico come un soggetto nuovo che sia perno del riformismo italiano. Questa era l’ispirazione del Pd nell’atto di nascita del partito al Lingotto, nelle primarie e anche nella campagna elettorale. Le parole di Dario di oggi sono per me la conferma di questo giudizio. Dario è la persona giusta per guidare il partito verso le nuove sfide che penso potranno vedere per il Pd quei successi che merita. A lui voglio dare un abbraccio e rivolgere il più caloroso e affettuoso augurio di buon lavoro".Franceschini ha lasciato l'Assemblea sulle note della Canzone popolare di Ivano Fossati e domani ha già il primo appuntamento in agenda. Come annunciato dal palco dell’Assemblea domani sarà a Ferrara, la sua città. Alle 16, presso il Castello Estense (corso Martiri della Libertà), Franceschini giurerà sulla Costituzione.
venerdì 20 febbraio 2009
Compagni di classe raccontano Franceschini
E il giovane Dc Dario a sorpresa vinse al liceo
Marcello Pradarelli
Nella tasca dell’eskimo infilava il «Popolo»Giocava a trionfo nella sezione del PciBravissimo in italiano, ma studiava poco
Già l’Unità era considerato un giornale troppo di destra e quel pazzo di Franceschini arrivava in classe con il Popolo, organo ufficiale della Dc, infilato nella tasca dell’eskimo. Un’asimmetria totale tra look e politica, al limite dello sfregio specie per la mitica sezione E del liceo scientifico, da sempre la più rivoluzionaria e casinista del Roiti. Era proprio una questione di classe: esistevano solo destra e sinistra - possibilmente estrema - i democristiani non erano contemplati, i giovani democristiani, poi, appartenevano a una galassia solo immaginaria.Ma le elezioni scolastiche, quelle dei famosi decreti delegati, le vinse proprio Dario con la lista Associazione studentesca democratica. Soffiò il posto di rappresentante di classe a Patrizio Fergnani, cattolico impegnato di sinistra, e spadroneggiò anche nel resto dell’istituto con grande sorpresa e amarezza di Alessandro Bratti, compagno di banco di Dario e compagno a tutti gli effetti, con un piede nel Pci e l’altro nel Collettivo studentesco che contestava il Pci.Il Popolo in classe, però, era davvero troppo. «Gliel’abbiamo anche bruciato» rammenta Bratti, che fa una chiamata di correo a carico di Giorgio Ascanelli, proprio quell’ingegner Ascanelli che ha lavorato per il team Ferrari e ora è direttore tecnico della scuderia Toro Rosso. Dario sapeva come vendicarsi della goliardica intolleranza dei comunisti. Lasciava passare qualche giorno, poi colpiva. Gli bastava sfilare il tubino della miscela dal «Ciao» di Bratti per costringere il compagno di banco a farsela a piedi fino a casa.«Ci siamo divertiti un sacco - ride il deputato Bratti - e studiare studiavamo poco, solo Ascanelli si dava da fare, Dario era nella media della classe, bravissimo in italiano, una frana in matematica. Era scarso anche a pallavolo, però era bravo come addetto stampa della 4 Torri» la società di volley che fece di Bratti un mito, specie fra le ragazze. A basket invece Dario il democristiano se la cavava bene e nei tornei scolastici non ce n’era per nessuno contro la terza, la quarta e la quinta E.Fergnani, segretario del circolo Pd-Foro Boario, in nome del rendimento scolastico di ieri reclama un seggio a Strasburgo oggi: «Alla maturità dopo Ascanelli, cui negarono il 60 solo perchè ce l’avevano con tutta la classe, c’ero io, Franceschini era molto dietro. Se tanto mi dà tanto ambisco a diventare parlamentare europeo». Quanto indietro fosse Dario nessuno lo svela, una fonte non scolastica svela che strappò un poco onorevole 36, ma che poi si rifece con gli interessi a Giurisprudenza senza mai perdere un colpo. Lo studente Franceschini è in gamba a trionfo. Il luogo prediletto per giocare a carte era la sezione Enti locali del Pci, che alloggiava nella Torre dell’Orologio. Bratti aveva la chiave perchè suo papà Luciano era il segretario: busso, liscio e volo tra una falce e martello e una foto di Gramsci. E lui rimane imperterrito democristiano, sebbene di sinistra.Marina Gionchetti, ora avvocato civilista, se lo ricorda bene il primo Dario: «Facevo anche io lo scientifico, ma ci siamo conosciuti quando la Dc fece un corso di formazione di tre giorni a Limone del Garda». Correva l’anno 1974, Dario aveva 16 anni, Marina 14. «L’anno dopo abbiamo fondato l’Asd e abbiamo vinto le elezioni scolastiche. Incredibile vero? Era convincente, nelle assemblee non lo fischiavano mai, mica come Perazzolo (oggi in Fi, ndr) che all’Ariosto non lo facevano parlare. Vincevamo perchè eravamo moderni, cesaroli nemmeno un po’. Io portavo gli zoccoli e le gonne lunghe (che era l’identikit femminista), Dario l’eskimo, i capelli lunghi e le Clark. Eravamo come gli altri giovani, solo che eravamo democristiani». E un po’ matti. Alla festa dell’Amicizia di Palmanova i giovani Dc capeggiati da Dario sfilarono per le strade gridando uno slogan che Marina ha stampato in testa: «L’Emilia è rossa/La faremo bianca!»Bratti non si scandalizza: «Avevamo idee diverse, ma Dario è stato sempre un progressista». A vent’anni, nel 1978, Dario è costretto a diventare adulto politicamente. Conosce Zaccagnini e più di una volta fa il pendolare politico tra Ferrara e Ravenna, dove abita il segretario nazionale. Conosce Moro, che tiene seminari ai giovani dc, e quando le Brigate Rosse rapiscono il presidente della Dc, tocca a Dario andare in una piazza Municipale strapiena di bandiere rosse e bianche a parlare a nome dei movimenti giovanili dei partiti.Quando finisce il discorso, sotto il palco l’aspetta Silvia, la ragazza che poi ha sposato e gli ha dato due figlie. Insieme corrono a Giurisprudenza, dove Dario deve dare il primo esame: ordinamento della Comunità europea. «E’ stato il primo di noi a laurearsi». Parola di Bratti, che rifinisce il ritratto a scopi di attualità: «E’ bravo Dario. E anche furbo».
(Fonte: La Nuova Ferrara, 20 febbraio 2009)
Marcello Pradarelli
Nella tasca dell’eskimo infilava il «Popolo»Giocava a trionfo nella sezione del PciBravissimo in italiano, ma studiava poco
Già l’Unità era considerato un giornale troppo di destra e quel pazzo di Franceschini arrivava in classe con il Popolo, organo ufficiale della Dc, infilato nella tasca dell’eskimo. Un’asimmetria totale tra look e politica, al limite dello sfregio specie per la mitica sezione E del liceo scientifico, da sempre la più rivoluzionaria e casinista del Roiti. Era proprio una questione di classe: esistevano solo destra e sinistra - possibilmente estrema - i democristiani non erano contemplati, i giovani democristiani, poi, appartenevano a una galassia solo immaginaria.Ma le elezioni scolastiche, quelle dei famosi decreti delegati, le vinse proprio Dario con la lista Associazione studentesca democratica. Soffiò il posto di rappresentante di classe a Patrizio Fergnani, cattolico impegnato di sinistra, e spadroneggiò anche nel resto dell’istituto con grande sorpresa e amarezza di Alessandro Bratti, compagno di banco di Dario e compagno a tutti gli effetti, con un piede nel Pci e l’altro nel Collettivo studentesco che contestava il Pci.Il Popolo in classe, però, era davvero troppo. «Gliel’abbiamo anche bruciato» rammenta Bratti, che fa una chiamata di correo a carico di Giorgio Ascanelli, proprio quell’ingegner Ascanelli che ha lavorato per il team Ferrari e ora è direttore tecnico della scuderia Toro Rosso. Dario sapeva come vendicarsi della goliardica intolleranza dei comunisti. Lasciava passare qualche giorno, poi colpiva. Gli bastava sfilare il tubino della miscela dal «Ciao» di Bratti per costringere il compagno di banco a farsela a piedi fino a casa.«Ci siamo divertiti un sacco - ride il deputato Bratti - e studiare studiavamo poco, solo Ascanelli si dava da fare, Dario era nella media della classe, bravissimo in italiano, una frana in matematica. Era scarso anche a pallavolo, però era bravo come addetto stampa della 4 Torri» la società di volley che fece di Bratti un mito, specie fra le ragazze. A basket invece Dario il democristiano se la cavava bene e nei tornei scolastici non ce n’era per nessuno contro la terza, la quarta e la quinta E.Fergnani, segretario del circolo Pd-Foro Boario, in nome del rendimento scolastico di ieri reclama un seggio a Strasburgo oggi: «Alla maturità dopo Ascanelli, cui negarono il 60 solo perchè ce l’avevano con tutta la classe, c’ero io, Franceschini era molto dietro. Se tanto mi dà tanto ambisco a diventare parlamentare europeo». Quanto indietro fosse Dario nessuno lo svela, una fonte non scolastica svela che strappò un poco onorevole 36, ma che poi si rifece con gli interessi a Giurisprudenza senza mai perdere un colpo. Lo studente Franceschini è in gamba a trionfo. Il luogo prediletto per giocare a carte era la sezione Enti locali del Pci, che alloggiava nella Torre dell’Orologio. Bratti aveva la chiave perchè suo papà Luciano era il segretario: busso, liscio e volo tra una falce e martello e una foto di Gramsci. E lui rimane imperterrito democristiano, sebbene di sinistra.Marina Gionchetti, ora avvocato civilista, se lo ricorda bene il primo Dario: «Facevo anche io lo scientifico, ma ci siamo conosciuti quando la Dc fece un corso di formazione di tre giorni a Limone del Garda». Correva l’anno 1974, Dario aveva 16 anni, Marina 14. «L’anno dopo abbiamo fondato l’Asd e abbiamo vinto le elezioni scolastiche. Incredibile vero? Era convincente, nelle assemblee non lo fischiavano mai, mica come Perazzolo (oggi in Fi, ndr) che all’Ariosto non lo facevano parlare. Vincevamo perchè eravamo moderni, cesaroli nemmeno un po’. Io portavo gli zoccoli e le gonne lunghe (che era l’identikit femminista), Dario l’eskimo, i capelli lunghi e le Clark. Eravamo come gli altri giovani, solo che eravamo democristiani». E un po’ matti. Alla festa dell’Amicizia di Palmanova i giovani Dc capeggiati da Dario sfilarono per le strade gridando uno slogan che Marina ha stampato in testa: «L’Emilia è rossa/La faremo bianca!»Bratti non si scandalizza: «Avevamo idee diverse, ma Dario è stato sempre un progressista». A vent’anni, nel 1978, Dario è costretto a diventare adulto politicamente. Conosce Zaccagnini e più di una volta fa il pendolare politico tra Ferrara e Ravenna, dove abita il segretario nazionale. Conosce Moro, che tiene seminari ai giovani dc, e quando le Brigate Rosse rapiscono il presidente della Dc, tocca a Dario andare in una piazza Municipale strapiena di bandiere rosse e bianche a parlare a nome dei movimenti giovanili dei partiti.Quando finisce il discorso, sotto il palco l’aspetta Silvia, la ragazza che poi ha sposato e gli ha dato due figlie. Insieme corrono a Giurisprudenza, dove Dario deve dare il primo esame: ordinamento della Comunità europea. «E’ stato il primo di noi a laurearsi». Parola di Bratti, che rifinisce il ritratto a scopi di attualità: «E’ bravo Dario. E anche furbo».
(Fonte: La Nuova Ferrara, 20 febbraio 2009)
giovedì 19 febbraio 2009
Malgrado pil e Mills, Berlusconi sorride
ROMA (19 febbraio) - «Per Silvio Berlusconi sarebbe potuta essere facilmente una settimana disastrosa, ma il primo ministro sorride ancora». Così il settimanale britannico "The Economist" sintetizza gli ultimi giorni nella vita politica italiana: dai dati negativi del Pil italiano e il processo di Milano a David Mills, alla sconfitta di Renato Soru in Sardegna e le conseguenti dimissioni di Walter Veltroni dalla guida del Pd. «Anzi, ancora meglio per Berlusconi - si legge nell'edizione in uscita sabato prossimo - Le dimissioni (di Veltroni) hanno distolto l'attenzione dai giudici di Milano che hanno condannato il suo ex consigliere di finanza offshore, David Mills, a quattro anni e mezzo di prigione per accuse di tangenti legate a Berlusconi». Le dimissioni di Veltroni sono state una «tacita ammissione» del suo «quasi totale fallimento come leader. Poco dopo la sconfitta alle elezioni nazionali, il suo candidato a sindaco di Roma è stato schiacciato. Il suo piano per cooperare con Berlusconi per portare a termine le riforme nell'interesse nazionale è stato spazzato via dal premier in modo umiliante». L'Economist cita anche il ruolo di Antonio Di Pietro e di Massimo D'Alema nel rendere più difficile la leadership di Veltroni e si chiede «chi potrà sostituirlo? L'ex ministro dell'Industria, Pierluigi Bersani, potrebbe risultare un po' troppo austero per gli elettori italiani. Molti elettori di sinistra vorrebbero vedere una faccia nuova, come un giovane e dinamico imprenditore in grado di prendere il posto del premier "tycoon". Il 51enne Soru sarebbe stato l'ideale, se non avesse preso una simile batosta».
(Fonte: Il Messaggero)
mercoledì 18 febbraio 2009
Veltroni: Verrà il tempo di un'altra Italia
“Ho sempre avuto un'idea della politica come missione civile, che sia un mezzo e non un fine. Lascio con assoluta serenità e senza sbattere la porta. Spero che la mia scelta possa tutelare il partito dalla sindrome del logoramento che c'è stata nelle settimane passate”. Sono le ultime parole di Walter Veltroni in una conferenza stampa da segretario del PD. Un incontro convocato per spiegare le ragioni delle sue dimissioni, per confessare di lasciare perché “Non ce l'ho fatta a fare il partito che sognavo io e che sognavano tre milioni di elettori. Ma non chiedete al mio successore risultati subito".
Veltroni esordisce parlando di “rimpianto, per un'idea buona ma partita troppo tardi, perché il Pd doveva nascere già nel 1996", dopo la vittoria elettorale di Prodi. “L'idea dell'Ulivo - spiega Veltroni - era la possibilità di cambiare il Paese, cosa che il governo Prodi, che al suo interno aveva due ministri che sarebbero poi diventati presidenti della Repubblica, aveva iniziato a fare. E se l'esperienza di quel governo fosse andato avanti tutto il corso della storia italiana sarebbe stato diverso”. E oggi che il Partito democratico è nato, aggiunge il leader dimissionario, è la “realizzazione di un sogno perché dal dopoguerra “non c'è mai stato un ciclo veramente riformista”. Anche perché i primi risultati si sono visti in questi 16 mesi, ricordati dallo stesso Veltroni: “La semplificazione della vita politica e sociale del Paese. Un concetto, questo, che non è figlio della volontà di ridurre le differenze, ma è l'idea di una democrazia che decida, per non contrapporre decisione e democrazia”. Poi c'è stata l’ innovazione programmatica, per affrontare le nuove sfide della società, dal Lingotto al programma elettorale, alle proposte del governo ombra. E l'innovazione della forma partito: “Speravo se ne potesse realizzare uno nuovo, aperto, con una partecipazione forte dal basso, non come nella destra dove c'è uno solo che decide. Io a tratti il Partito democratico l'ho visto: alle primarie, in campagna elettorale, tra le migliaia di volontari che ci hanno aiutato, nella grande manifestazione del Circo Massimo, dove c’erano solo le bandiere del PD, nessun simbolo del passato”. Fino alle iniziative a difesa della Costituzione e di confronto con le parti sociali sulla crisi economica.
Un partito per cambiare l’Italia. Il Pd non è nato come un “partito-Vinavil, un contenitore per tenere insieme tutto e il contrario di tutto. È un progetto ambizioso e a lungo termine, finalizzato a far diventare il riformismo maggioranza nel paese, un partito inserito nella società, capace di raccoglierne le istanze e gli umori. Capace di voltare pagina e superare questa Italia da Gattopardo”. Tuttavia “io non ci sono riuscito ed è per questo che lascio e chiedo scusa”. Nel Tempio di Adriano, a Piazza Di Pietra scatta l’applauso. “La destra ha vinto - riprende - il successo del Pdl per noi è difficile da capire. Berlusconi ha vinto una battaglia di egemonia nella società, perché ha avuto i mezzi e la possibilità anche di stravolgere i valori della società stessa, costruendo un sistema di disvalori contro i quali bisogna combattere con coraggio, anche quando il vento è più basso, ma sapendo che se la vela è posizionata nella giusta direzione, prima o poi arriverà il vento alle spalle che spingerà in avanti. Io non ce l’ho fatta e chiedo scusa. Sento di non aver corrisposto alla spinta di innovazione che c'era e di non averlo fatto forse per un riflesso interiore che mi ha portato al tentativo di tenerci uniti”. Del resto, “in questo partito c'è bisogno di più solidarietà, che ci si senta tutti maggiormente squadra, che vi sia una partecipazione comune ad un disegno che è compito di chi è chiamato a dirigere assicurare. Per questo, se non ci sono riuscito, la responsabilità è solo mia. Penso che il passaggio che si farà nei prossimi giorni si dovrà accompagnare a energie nuove, dovremmo fare un partito capace di raccogliere sempre di più la sua esperienza, capace di non chiedere più a nessuno da dove vieni, ma solo "dove vai". Per il futuro indica l’alt alla sinistra “salottiera, giustizialista e conservatrice. Serve un centrosinistra che creda nella legalità, che abbia coraggio di cambiare, che riscopra il contatto con la società: fuori dalle stanze e dentro la vita reale delle persone”. “Ma io non sono riuscito a fare tutto ciò ed è per questo che mi faccio da parte. E' una scelta dolorosa ma giusta, anche per mettere al riparo il Pd da ulteriori tensioni e logoramenti. Era chiaro già nei giorni scorsi che si dovesse aprire una pagina nuova. Certo, non chiedete con l'orologio in mano a chi verrà dopo di me di ottenere subito dei risultati perché «un grande progetto richiede anni, come è capitato con Mitterand o Lula”. E anche in Germania o Gran Bretagna il centrosinistra ha perso e nessuno si è dimesso. “Noi invece abbiamo cambiato sei o sette leadership, mentre Berlusconi è sempre lì che vinca o che perda. Quindi - dice il leader del Pd - a chi verrà dopo di me si conceda il tempo di lavorare, quello che io non mi sono conquistato sul campo”.
Verrà il tempo di un’altra Italia. “Il Pd dovrà unire il Paese, mentre la destra lo vuole dividere. Unirlo tra forze sociali, tra nord e sud, tra giovani e anziani. Verrà un tempo in cui questo possa accadere. Io spero di avere dato un contributo. Ora lascio ma con assoluta serenità e senza sbattere la porta. Ma al contrario cercherò di dare una mano a questo progetto. Quando camminerò per la mia città - dice infine Veltroni, che ha rivelato di aver già chiesto che gli venga revocata la scorta - avrò la sensazione di aver passato la mia vita a fare cose per gli altri. Sono più portato ad essere uomo delle istituzioni che uomo di partito, del fare più che dei discorsi e delle interviste”. E lascia con un'esortazione finale: “Non bisogna tornare indietro, non venga mai la tentazione di pensare che c’è un ieri migliore dell’oggi. Oggi ci sono le condizioni perché questo partito possa finalmente realizzare il sogno di una maggioranza riformista in questo Paese, il sogno di una stagione in cui il riformismo si fa maggioranza”.
Il libro delle storie invisibili
Roma, 18 febbraio 2009 - "Sono cose che succedono solo agli altri". "Deve capire, signora, che lei deve imparare a convivere con i suoi dolori". "Tutti sono utili, nessuno è indispensabile". "Non è un discorso di costi, o meglio, le protezioni sono costose nel senso che rallentano il lavoro". "Non so come comportarmi, perché in azienda ci devo tornare". "Non sono più come una volta..l'infortunio mi ha ucciso dentro".
Sono 912.615 gli infortuni sul lavoro registrati nel corso del 2007. Ma le voci di chi ha subito un incidente dicono più di mille statistiche: dolore, rabbia, delusione, umiliazione ma soprattutto dignità e coraggio. Le Acli le hanno un raccolte in un libro, realizzato in collaborazione con l'Inail, dedicato alla prevenzione e all'informazione sul tema della sicurezza sul lavoro: "Bastava poco. Storie di vite invisibili" è il titolo della pubblicazione, disponibile nelle sedi territoriali del Patronato Acli (in copie limitate) e scaricabile integralmente dai siti www.patronato.acli.it/interna.asp?idPag=668 e www.inail.it
Il libro è un racconto e insieme una ricerca, realizzata dal Patronato Acli e dall'Iref, l'Istituto di ricerca delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. Sono presentate, selezionate tra tante, nove esperienze di infortuni e mancata prevenzione sui luoghi di lavoro. Un'antologia di storie che diventano anche paradigma per la conoscenza di norme e comportamenti, garanzie e procedure, riflessioni e azioni. L'obiettivo di fondo è quello di mettere in luce le conseguenze che gli infortuni hanno sulla vita delle persone che li subiscono ma anche le loro ricadute all'interno della famiglia; di seguire queste persone per un percorso più lungo di quello necessario a "liquidare il danno", con ciò individuando i limiti e le inadeguatezze del nostro sistema di tutela della salute, fino ai casi paradossali e imprevisti dalle norme, ma non per questo unici e rari.
«Un infortunio sul lavoro può sconvolgere la vita di tante persone, ma non deve mai essere considerato una fatalità ineluttabile - afferma il presidente del Patronato Acli Michele Rizzi - ogni spazio di intervento per evitarlo deve essere individuato». Come testimoniano le storie raccolte, molto spesso "Bastava poco".
Sono 912.615 gli infortuni sul lavoro registrati nel corso del 2007. Ma le voci di chi ha subito un incidente dicono più di mille statistiche: dolore, rabbia, delusione, umiliazione ma soprattutto dignità e coraggio. Le Acli le hanno un raccolte in un libro, realizzato in collaborazione con l'Inail, dedicato alla prevenzione e all'informazione sul tema della sicurezza sul lavoro: "Bastava poco. Storie di vite invisibili" è il titolo della pubblicazione, disponibile nelle sedi territoriali del Patronato Acli (in copie limitate) e scaricabile integralmente dai siti www.patronato.acli.it/interna.asp?idPag=668 e www.inail.it
Il libro è un racconto e insieme una ricerca, realizzata dal Patronato Acli e dall'Iref, l'Istituto di ricerca delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. Sono presentate, selezionate tra tante, nove esperienze di infortuni e mancata prevenzione sui luoghi di lavoro. Un'antologia di storie che diventano anche paradigma per la conoscenza di norme e comportamenti, garanzie e procedure, riflessioni e azioni. L'obiettivo di fondo è quello di mettere in luce le conseguenze che gli infortuni hanno sulla vita delle persone che li subiscono ma anche le loro ricadute all'interno della famiglia; di seguire queste persone per un percorso più lungo di quello necessario a "liquidare il danno", con ciò individuando i limiti e le inadeguatezze del nostro sistema di tutela della salute, fino ai casi paradossali e imprevisti dalle norme, ma non per questo unici e rari.
«Un infortunio sul lavoro può sconvolgere la vita di tante persone, ma non deve mai essere considerato una fatalità ineluttabile - afferma il presidente del Patronato Acli Michele Rizzi - ogni spazio di intervento per evitarlo deve essere individuato». Come testimoniano le storie raccolte, molto spesso "Bastava poco".
martedì 17 febbraio 2009
GIARETTA (PD): GRUPPO DIRIGENTE SIA GENEROSO COME VELTRONI
(ASCA) - Padova, 17 feb - ''Dobbiamo considerare quello di Veltroni un gesto di grande generosità nei confronti del partito''. Lo dichiara Paolo Giaretta, senatore e segretario regionale del Partito Democratico Veneto.'' La sconfitta in Sardegna è stata grave e non possiamo nasconderlo - continua il leader dei democratici veneti -.Mi auguro che di fronte al gesto di generosità di Veltroni, che ha rimesso a disposizione il proprio mandato per salvaguardare il progetto del Partito Democratico, anche il gruppo dirigente sia capace di gesti altrettanto coraggiosi, di discontinuità e di innovazione, qualora domani il segretario confermasse l'intenzione a lasciare''. ''La soluzione definitiva alla leadership sarà nel congresso nazionale - conclude Giaretta - Ma anche nella fase transitoria che si apre, è necessario saper fare un salto di generazione e saper promuovere un volto nuovo della politica, che dia finalmente il senso che il PD non è una faticosa convivenza tra i due partiti di origine ma è davvero quel partito nuovo che si aspettano i nostri elettori''.
lunedì 16 febbraio 2009
XXIX Convegno Bachelet Azione Cattolica
(ASCA) La politica appare sempre più in difficoltà nella cura del bene comune. Scelte e comportamenti ''finiscono spesso per produrre caste di politici e amministratori privi di un'autentica etica pubblica'', con l'aggravante frequente dell'assenza ''di una adeguata ed oggettiva infromazione ai cittadini che appaiono sempre più vittime di media scandalistici o evasivi o strumentalizzati, e quindi di fatto emarginati dal circuito democratico della rappresentanza e poco stimolati alla partecipazione nelle varie dimensioni della politica''. E' una denuncia forte quella che viene dal XXIX Convegno Bachelet, promosso dall'Azione Cattolica Italiana sui temi della ''Crisi della politica e bene comune: alla ricerca di una rinnovata etica pubblica. A parlare è lo stesso presidente del consiglio scientifico dell'Istituto Bachelet, Gian Candido De Martin, osservando che il senso della questione morale in politica ''non è mera istanza di valori astratti non negoziabili, ma è coessenziale al modo di intendere in concreto la democrazia al servizio del bene comune possibile''. Quale il contributo dei cattolici per il superamento di una situazione come quella descritta? Giuseppe Tognon della Lumsa e poi una tavola rotonda animata da esponenti di alcuni movimenti cattolici (da Cesana di Cl ad Olivero delle Acli, a Loriga dei Focolarini, ad altri), hanno tentato di fornire alcune risposte. La politica, ha ricordato Tognon, non è in grado di riprodursi da sola, non contiene in sè le proprie ragioni, perché le prende sempre a prestito. Di qui la necessita' di avere sempre, sopra la tattica e l'attualità ''l'ethos collettivo''. Premessa è l'assunzione dell'amicizia nella prospettiva del bene comune. Amicizia come virtù politica, impegno politico in una missione comunitaria contro l'egoismo fatto sistema. Perché la politica non può essere ridotta ''occasione, a fortuna, a fatto tra i fatti, atto tra gli atti, a un qualcosa da indossare come un vestito, e come tale, quando si voglia, da cambiare, senza che ci sia un amico a guardarti tradire''.
sabato 14 febbraio 2009
SOCIAL WATCH
GIOVEDI' A MONTECITORIO LA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO 2008
Rispondere alla crisi finanziaria ripartendo dai diritti umani. Sarà presentato giovedì 19 febbraio, a Montecitorio (Sala della Mercede - Palazzo Marini), dalle ore 10,30 alle 13,30, l'edizione italiana del Social Watch 2008, il rapporto statistico annuale dedicato ai progressi e alle regressioni nella lotta alla povertà e alla parità tra uomini e donne. Un monitoraggio continuo sullo sviluppo sociale nazionale e internazionale giunto oramai alla tredicesima edizione, dal primo rapporto del 1996.
Social Watch è una rete internazionale di organizzazioni dei cittadini impegnata nello sradicamento della povertà e delle sue cause, per un'equa distribuzione della ricchezza e la realizzazione dei diritti umani. La Coalizione italiana Social Watch da Acli, Arci, Wwf, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Lunaria, Mani Tese, Ucodep. Il rapporto Social Watch è realizzato con il contributo finanziario dell'Unione Europea.
Interverranno alla presentazione del Rapporto: Jason Nardi, coordinatore della Coalizione italiana Social Watch; Gianfranco Bologna, direttore scientifico Wwf Italia; Angela Comelli, coordinatrice Mani Tese; Sergio Giovagnoli, responsabile nazionale welfare Arci; Giulio Marcon, presidente Lunaria; Francesco Petrelli, presidente Ucodep; Antonio Tricarico, direttore della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale. Per le Acli interverrà il presidente nazionale Andrea Olivero.
È obbligatoria la registrazione entro il 16 Febbraio: info@socialwatch.it; 349-7817601
Ulteriori informazioni: www.socialwatch.it
Social Watch è una rete internazionale di organizzazioni dei cittadini impegnata nello sradicamento della povertà e delle sue cause, per un'equa distribuzione della ricchezza e la realizzazione dei diritti umani. La Coalizione italiana Social Watch da Acli, Arci, Wwf, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Lunaria, Mani Tese, Ucodep. Il rapporto Social Watch è realizzato con il contributo finanziario dell'Unione Europea.
Interverranno alla presentazione del Rapporto: Jason Nardi, coordinatore della Coalizione italiana Social Watch; Gianfranco Bologna, direttore scientifico Wwf Italia; Angela Comelli, coordinatrice Mani Tese; Sergio Giovagnoli, responsabile nazionale welfare Arci; Giulio Marcon, presidente Lunaria; Francesco Petrelli, presidente Ucodep; Antonio Tricarico, direttore della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale. Per le Acli interverrà il presidente nazionale Andrea Olivero.
È obbligatoria la registrazione entro il 16 Febbraio: info@socialwatch.it; 349-7817601
Ulteriori informazioni: www.socialwatch.it
venerdì 13 febbraio 2009
Lo scontatore elettrico
M'ILLUMINO DI MENO: SUL SITO DELLE ACLI LO "SCONTATORE ELETTRICO" PER CALCOLARE IL RISPARMIO ENERGETICO
Roma, 13 febbraio 2009 - Quanta energia risparmio se M'illumino di meno? Se rinuncio a un giro di lavatrice 3000 watt/ora. Se il pollo non lo cuocio al formo elettrico 2000 watt/ora. Se lavo i piatti a mano altri 3000 watt/ora.
Nella tradizionale giornata indetta da Caterpillar, la famosa trasmissione di Radio 2, per sensibilizzare i cittadini sul risparmio energetico, le Acli ripropongono sul loro sito - www.acli.it - lo "scontatore elettrico", un "pop up" che consente di quantificare il risparmio energico realizzato con un uso più attento degli elettrodomestici e dei dispositivi elettrici di casa: il forno elettrico, le spie luminose degli apparecchi, la lavastoviglie, l'aspirapolvere.
Ogni click sono 100 watt risparmiati, l'equivalente di una lampadina a incandescenza spenta per un'ora. Più elettrodomestici rinuncio ad accendere, più risparmio. Più risparmio, più "clicco". Così funziona lo "scontatore elettrico". Un gioco per rendere visibile il proprio risparmio e ricordare a tutti - dicono le Acli - che «risparmiare energia è gratis: un consumo critico è un consumo intelligente».
Roma, 13 febbraio 2009 - Quanta energia risparmio se M'illumino di meno? Se rinuncio a un giro di lavatrice 3000 watt/ora. Se il pollo non lo cuocio al formo elettrico 2000 watt/ora. Se lavo i piatti a mano altri 3000 watt/ora.
Nella tradizionale giornata indetta da Caterpillar, la famosa trasmissione di Radio 2, per sensibilizzare i cittadini sul risparmio energetico, le Acli ripropongono sul loro sito - www.acli.it - lo "scontatore elettrico", un "pop up" che consente di quantificare il risparmio energico realizzato con un uso più attento degli elettrodomestici e dei dispositivi elettrici di casa: il forno elettrico, le spie luminose degli apparecchi, la lavastoviglie, l'aspirapolvere.
Ogni click sono 100 watt risparmiati, l'equivalente di una lampadina a incandescenza spenta per un'ora. Più elettrodomestici rinuncio ad accendere, più risparmio. Più risparmio, più "clicco". Così funziona lo "scontatore elettrico". Un gioco per rendere visibile il proprio risparmio e ricordare a tutti - dicono le Acli - che «risparmiare energia è gratis: un consumo critico è un consumo intelligente».
giovedì 12 febbraio 2009
I 60 anni della rivista delle Acli
Compie 60 anni "Azione Sociale" la rivista delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. La prima pagina del 23 gennaio 1949: "Chi non lavora non mangia". La riflessione del direttore di Conquiste del Lavoro sul ruolo del sindacato oggi
Azione Sociale (Aesse), la rivista delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, compie 60 anni. Il primo numero del 2009, da qualche giorno interamente consultabile on line, celebra l'anniversario ripubblicando l'editoriale di quel lontano 23 gennaio 1949 e riproducendone l'intera prima pagina. A fianco della testata, l'incoraggiamento di Pio XII: "Un cristianesimo vivo nel mondo del lavoro". Tra i titoli più belli: "Chi non lavora non mangia". Che rievocano in modo suggestivo il clima di quegli anni e la sorprendente attualità di alcune questioni. Come quella della rappresentanza dei lavoratori. "A che serve oggi il sindacato?" è infatti il tema del Primo Piano affidato alla firma di Francesco Guzzardi, direttore di Conquiste del Lavoro, il quotidiano della Cisl.
Tre nuove rubriche dedicate alla Costituzione, alla legalità e all'immigrazione
Tre nuove rubriche accompagneranno i numeri della rivista delle Acli per tutto il 2009. Ogni mese un articolo su La Costituzione a firma di un illustre costituzionalista. Inizia Valerio Onida, presidente emerito della Coste Costituzionale, sull'articolo 2, i "diritti inviolabili dell'uomo" e i suoi "doveri inderogabili".
Scelta di parte racconta la storia di un'azienda, un imprenditore, una cooperativa che abbiano scelto la legalità contro i ricatti delle mafie e della criminalità. Con l'invito a "scegliere" i loro prodotti. A partire, in questo numero, dalle "Arance pizzo-free" di Carmelo Pappalardo, imprenditore agricolo siciliano.
Il mondo è qui, infine, sono le storie dei cittadini stranieri che ogni giorno fanno l'Italia con il loro lavoro. Najji Mohamed, marocchino, in Italia dal 1989, oggi coltiva e vende fragole, lamponi e mirtilli con la cooperativa agricola Sant'Orsola, nella Valle dei Mocheni, a 20 chilometri da Trento.
Azione Sociale (Aesse), la rivista delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, compie 60 anni. Il primo numero del 2009, da qualche giorno interamente consultabile on line, celebra l'anniversario ripubblicando l'editoriale di quel lontano 23 gennaio 1949 e riproducendone l'intera prima pagina. A fianco della testata, l'incoraggiamento di Pio XII: "Un cristianesimo vivo nel mondo del lavoro". Tra i titoli più belli: "Chi non lavora non mangia". Che rievocano in modo suggestivo il clima di quegli anni e la sorprendente attualità di alcune questioni. Come quella della rappresentanza dei lavoratori. "A che serve oggi il sindacato?" è infatti il tema del Primo Piano affidato alla firma di Francesco Guzzardi, direttore di Conquiste del Lavoro, il quotidiano della Cisl.
Tre nuove rubriche dedicate alla Costituzione, alla legalità e all'immigrazione
Tre nuove rubriche accompagneranno i numeri della rivista delle Acli per tutto il 2009. Ogni mese un articolo su La Costituzione a firma di un illustre costituzionalista. Inizia Valerio Onida, presidente emerito della Coste Costituzionale, sull'articolo 2, i "diritti inviolabili dell'uomo" e i suoi "doveri inderogabili".
Scelta di parte racconta la storia di un'azienda, un imprenditore, una cooperativa che abbiano scelto la legalità contro i ricatti delle mafie e della criminalità. Con l'invito a "scegliere" i loro prodotti. A partire, in questo numero, dalle "Arance pizzo-free" di Carmelo Pappalardo, imprenditore agricolo siciliano.
Il mondo è qui, infine, sono le storie dei cittadini stranieri che ogni giorno fanno l'Italia con il loro lavoro. Najji Mohamed, marocchino, in Italia dal 1989, oggi coltiva e vende fragole, lamponi e mirtilli con la cooperativa agricola Sant'Orsola, nella Valle dei Mocheni, a 20 chilometri da Trento.
mercoledì 11 febbraio 2009
Uniti per il bene dell'Italia
Il PD prepara le giornate di proposta politica per uscire dalla crisi
"Sarebbe molto importante se tutto il paese si mobilitasse contro la disattenzione e la totale assenzadel governo sulla crisi". Lavoratori e imprenditori insieme per sollecitare il governo a prendere in tempi brevi e con concretezza, un piano anti-crisi. Questo è l'auspicio che il segretario del PD, Walter Veltroni, ha espresso durante la conferenza stampa di presentazione della “Manifestazione per la Costituzione” e “PD Day”, ovvero le giornate di mobilitazione generale contro la crisi, dal 14 al 16 febbraio.Per Veltroni “c'è una sottovalutazione totale della crisi da parte del governo: l'Italia e' l'unico paese in cui il governo non ha varato un grande piano''. Un piano invece elaborato dal Partito Democratico, che verrà presentato sabato mattina.“Sarebbe importante che i sindacati e le categorie imprenditoriali - ha aggiunto Veltroni - non dovendo manifestare e scioperare gli uni contro gli altri essendo accomunati da un destino comune, si mobilitassero insieme per avere un piano anti-crisi. In Francia le categorie si sono mobilitate contro il piano di Sarkozy, in Italia potrebbero farlo per averne uno''.L'obiettivo del PD è quello invitare tutte le forze sociali ad una mobilitazione unitaria. Insieme per il bene del Paese e per renderlo più competitivo. Esattamente l'opposto di quanto sta favorendo il governo che cerca di dividere tutte le parti in causa a cominciare dai sindacati. “La crisi economica - ha aggiunto Veltroni - è una vera emergenza nazionale. Centinaia di aziende chiudono, migliaia di lavoratori sono in cassa integrazione o in mobilità, il ché spesso equivale alla perdita del posto di lavoro". “La struttura delle piccole e medie imprese caratterizzano il tessuto economico italiano. Se vanno in crisi loro va in crisi il Paese". Domani a Piazza SS. Apostoli “sarà una grande manifestazione, democratica, civile in difesa dello spirito costituzionale che oggi tante persone sentono minacciato". La Costituzione rappresenta le fondamenta dello Stato. “La si può cambiare - ha concluso Veltroni - ma nel rispetto delle regole e dei suoi principi. Bisogna inchinarsi alla Costituzione, lo ribadisco. Se oggi tante persone sentono che lo spirito costituzionale è minacciato è giusto ascoltare le parole di chi, come Oscar Luigi Scalfaro, ha contribuito a scriverla".
L'appuntamento è per domani, giovedì 12 febbraio a Roma, in Piazza SS. Apostoli a partire dalle ore 18.00.
Sabato, alle ore 10, presso il Tempio di Adriano in piazza di Pietra, a Roma, il governo ombra e Walter Veltroni presenteranno alle parti sociali le proposte anticrisi del Partito Democratico. All’incontro parteciperanno, tra gli altri, i vertici di CGIL, CISL, UIL, UGL, Confsal, Confindustria, Confartigianato, CNA, Confapi, Casartigiani, Ance, Confcommercio, Confesercenti, Unioncamere, Legacoop, Confcooperative, Associazione generale cooperative italiane, Unione nazionale cooperative italiane, Confagricoltura, CIA e Coldiretti. A seguire, dalle ore 12.30, Veltroni sarà al circolo del PD Arca in viadegli Angeli 147 a Roma.
(Fonte: www.partitodemocratico.it)
martedì 10 febbraio 2009
Giorno del Ricordo
Il Giorno del ricordo che è stato voluto dal Parlamento corrisponde "all'esigenza di un riconoscimento umano e istituzionale già per troppo mancato e giustamentesollecitato". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parla al Quirinale in occasione della giornata che ricorda la tragedia delle foibe e l'esodo dall'Istria e dalla Dalmazia di 350mila italiani nel dopoguerra e rivendica la necessità di conservare la memoria e di coltivarla, respingendo ogni accusa di revanscismo e nazionalismo.
Il Giorno del ricordo "non ha a nulla a che vedere col revisionismo storico, col revanscismo e col nazionalismo" ma l'Italia, ieri come oggi, ha detto oggi Napolitano al Quirinale nel giorno in cui si celbrano le vittime delle foibe, per il Capo dello Stato non si possono dimenticare le sofferenze, "sino a un orribile morte" inflitte a italiani "assolutamente immuni da ogni colpa".
Napolitano dice no al revisionismo storico ma anche che non si possono cancellare le sofferenze di tanti italiani innocenti che furono infoibati tra il 1943 e il 1945 dal regime comunista di Tito.
Napolitano dice no al revisionismo storico ma anche che non si possono cancellare le sofferenze di tanti italiani innocenti che furono infoibati tra il 1943 e il 1945 dal regime comunista di Tito.
Il presidente della Camera Gianfranco Fini si è fatto promotore di un'iniziativa legislativa che mira a restituire nei documenti l'identità "italiana" agli esuli istriani, giuliani e dalmati. Fini ne parla in una risposta ad una lettera di un'esule dalmata, la signora Federica Haglich, pubblicate entrambe oggi da "Il Gazzettino". La donna pone il problema dell'identità nei documenti anagrafici che lei ed altri esuli ottengono dallo Stato italiano con l'indicazione di nazionalità "yugoslava". Fini rende noto di aver scritto personalmente al presidente del Consiglio e al ministro dell'Interno "affinché possano individuare quanto prima una soluzione legislativa per poter annotare nei documenti di identità degli esuli e dei loro familiari la dicitura italiana anziché 'yugoslava"'.
'Ancora lunga è la strada da percorrere affinché la tragedia delle foibe e dell'esodo delle genti istrodalmate riesca a innervare la coscienza storica e morale della Nazione'. Lo ha detto oggi Ettore Rosato, deputato del PD e membro del Copasir, in occasione delle celebrazioni del Giorno del Ricordo. 'Ritengo di alto valore simbolico - prosegue - l'aver ospitato a Montecitorio la rievocazione del dramma di chi, vittima di brutale ideologia o di meschini interessi, perse beni, terra e spesso la vita'. 'Proprio in omaggio a queste sofferenze e alla verita' storica, nello spirito del Giorno del Ricordo - secondo Rosato - sarebbe apprezzabile un'iniziativa del Dipartimento dell'informazione, comunicazione ed editoria, volta a promuovere sui media anche l'uso della toponomastica italiana per quei luoghi, borghi e città d'Istria e Dalmazia che per lunghi secoli videro viva eradicata la lingua e la cultura veneta'. 'Oltre ai riconoscimenti simbolici, però - puntualizza Rosato - le sofferenze degli esuli attendono dallo Stato provvedimenti concreti, che assicurino equi indennizzi, benefici previdenziali, restituzione dei beni. Tutti nodi che sono sul tavolo di coordinamento tra il Governo e le associazioni degliesuli - conclude Rosato - affidati allo sperimentato equilibrio del sottosegretario Gianni Letta e al senso di responsabilità di tutte le forze politiche. Uniti, spero, dal doveroso impegno di non arrivare troppo tardi'.
Obama scrive a Veltroni
Lavorare insieme. Barack Obama lo chiede a Walter Veltroni in un messaggio di ringraziamento per la lettera di felicitazioni inviatagli dal leader del Pd dopo la sua elezione alla Casa Bianca. "Stati Uniti e Italia - scrive Obama - devono far fronte ad una serie di sfide che credo riusciremo ad affrontare meglio insieme. Abbiamo però anche delle straordinarie opportunità che, se riusciamo a cogliere, possono far crescere i nostri obiettivi comuni. Ora che cominciamo a lavorare insieme, sarà per me di fondamentale importanza la nostra collaborazione".
domenica 8 febbraio 2009
Appello di Medici senza frontiere
Siamo medici e infermieri, non siamo spie
Medici Senza Frontiere (MSF), Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI), Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) e Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG) lanciano un appello per chiedere ai Senatori di respingere l'emendamento che elimina il principio di non segnalazione alle autorità per gli immigrati irregolari che si rivolgono a una struttura sanitaria.
L'attuale Testo Unico sull'Immigrazione (Decreto Legislativo 286 del 1998) prevede che «l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».
Il rischio di essere segnalato creerebbe nell'immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza, in grado di ostacolarne l'accesso alle strutture sanitarie. Ciò potrebbe creare condizioni di salute particolarmente gravi per gli stranieri - con aumenti dei costi legati alla necessità di interventi più complessi e prolungati - e ripercussioni sulla salute collettiva - con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili.
La cancellazione del principio di non segnalazione vanificherebbe inoltre un'impostazione che nei 13 anni di applicazione (il principio è presente nell'ordinamento italiano già dal 1995) ha prodotto importanti successi nella tutela sanitaria degli stranieri: riduzione dei tassi di Aids, stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno-infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale…).
MSF, SIMM, ASGI e OISG invitano la società civile a sottoscrivere l'appello ai Senatori, che ha già raccolto 12880 adesioni.
MSF, SIMM, ASGI e OISG organizzano inoltre una fiaccolata della società civile il 2 febbraio davanti a Montecitorio (vedi mappa) dalle 17:30 alle 20:00, alla quale sono invitati a partecipare operatori sanitari, associazioni, organizzazioni, rappresentanti della società civile e cittadini.
L'attuale Testo Unico sull'Immigrazione (Decreto Legislativo 286 del 1998) prevede che «l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».
Il rischio di essere segnalato creerebbe nell'immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza, in grado di ostacolarne l'accesso alle strutture sanitarie. Ciò potrebbe creare condizioni di salute particolarmente gravi per gli stranieri - con aumenti dei costi legati alla necessità di interventi più complessi e prolungati - e ripercussioni sulla salute collettiva - con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili.
La cancellazione del principio di non segnalazione vanificherebbe inoltre un'impostazione che nei 13 anni di applicazione (il principio è presente nell'ordinamento italiano già dal 1995) ha prodotto importanti successi nella tutela sanitaria degli stranieri: riduzione dei tassi di Aids, stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno-infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale…).
MSF, SIMM, ASGI e OISG invitano la società civile a sottoscrivere l'appello ai Senatori, che ha già raccolto 12880 adesioni.
MSF, SIMM, ASGI e OISG organizzano inoltre una fiaccolata della società civile il 2 febbraio davanti a Montecitorio (vedi mappa) dalle 17:30 alle 20:00, alla quale sono invitati a partecipare operatori sanitari, associazioni, organizzazioni, rappresentanti della società civile e cittadini.
(Fonte: Medici Senza Frontiere)
Soru versus il Caligola di Arcore
(Fonte: Aprileonline, Articolo di Raffaele Deidda)
Rispondendo a Berlusconi che gli dava del fallito, il governatore uscente della Sardegna lo paragona al dispotico imperatore romano. Effettivamente non sono poche le analogie fra il premier e Gaio Cesare Germanico che dominò tra il 37 e il 41 d.C.
Chi l'ha detto che Renato Soru è un introverso e non possiede il senso dell'umorismo? Anche se pronunciate con un'espressione piuttosto rabbuiata, le parole dell'ex governatore della Sardegna, riportate nell'intervista al quotidiano La Repubblica, in risposta alle accuse di Berlusconi: ("E' un incantatore di serpenti, è una persona che è fallita in tutto quello che ha fatto: é fallito come imprenditore, come politico, come governatore della Sardegna''), contengono più ironia di quanto non trapeli ad una prima lettura: "Silvio Berlusconi si comporta come Caligola, lui vuole prevaricare su tutto e su tutti. Ma anche per l'Italia, così come è accaduto per Roma, verranno tempi migliori".
Il Cavalier Berlusconi è stato equiparato da Renato Soru all'imperatore romano Gaio Cesare Germanico detto Caligola. che regnò dal 37 fino al 41 dopo Cristo, anno in cui fu ucciso da un gruppo di sue guardie. La storia ci ha tramandato un'immagine di Caligola ben poco edificante, essendo l'eccentricità e la depravazione le sue caratteristiche principali oltre al suo, divenuto proverbiale, despotismo. Stando alle fonti, Caligola, al culmine del suo regno, avrebbe voluto essere proclamato dio. Pare inoltre che abbia nominato senatore il proprio cavallo, che si chiamava "Incitatus", al solo fine di manifestare il suo totale disprezzo per il Senato.Facendo esercizio di ricerca di analogie fra il cavaliere brianzolo e il despota romano ci sarebbe effettivamente da mettere in risalto delle similitudini, forse non colte nel corpo delle poco amichevoli espressioni di Renato Soru in risposta alle pesanti affermazioni di Silvio Berlusconi.
Prima similitudine: Caligola aveva una scuderia a Roma, Berlusconi l'ha avuta e forse l'ha ancora ad Arcore.Seconda similitudine: Caligola aveva gli stallieri che accudivano i cavalli, Berlusconi pure. Ignoriamo come si chiamasse lo stalliere di Caligola e quali qualità possedesse ma conosciamo il nome di quello di Berlusconi, tale Mangano, e abbiamo appreso dallo stesso Cavaliere che trattavasi di un eroe. Notissimo e certificato mafioso, ma comunque eroe.Terza similitudine: la reggia di Caligola era continuamente meta di pellegrinaggio da parte di personaggi più o meno importanti che partecipavano ad enormi banchetti e festini. Anche la reggia berlusconiana di Arcore e quella a sud dell'impero, Villa Certosa in Sardegna, hanno ospitato e continuano ad ospitare personaggi importanti come i capi di stato degli altri paesi e quelli meno importanti rappresentati dai vassalli del Cavaliere.Quarta e forse più significativa similitudine: Caligola ha nominato senatore il suo cavallo Incitatus . Berlusconi ha nominato ministro della Giustizia il suo segretario particolare Angelino e altri ministri o sottosegretari provengono direttamente dalle "scuderie" di Arcore.Per via della continuità della storia ancora oggi si parla di "cavalli di razza" per i politici più in vista, mentre per le donne in carriera politica è preferibile evitare questa espressione, per ovvi motivi di decenza e la delicatezza di recenti "rumors" collegati a vere o presunte intercettazioni telefoniche in materia di pornopolitica.
Fra i frequentatori di Arcore figura da circa 30 anni, per sua esplicita, orgogliosa ammissione ("Ho cominciato a frequentare Arcore appena finito il liceo") tale Ugo Cappellacci, commercialista e figlio dell'ex commercialista del Cavaliere, che il signore di Arcore ha voluto "manu militari" quale candidato governatore in Sardegna, come sua diretta espressione in quella parte geografica dell'impero che ancora non ha ceduto al suo potere ormai quasi assoluto. Proprio quell'isola, dove ha sede la più fastosa sede di rappresentanza del despota Silvio - Caligola, isola ancora irrispettosamente disubbidiente ai voleri e ai capricci dell'imperatore.Che importa al cavaliere se il cavallo Ugo è semi-sconosciuto? Forse che Angelino Alfano se lo filava qualcuno prima che il Cavaliere lo nominasse ministro facendogli addirittura saltare l'inutile e burocratico passaggio alla Camera o al Senato? E forse che Incitatus se lo erano "montato" in tanti, prima della sua nomina a senatore decisa da Caligola? Come si permettono i sardi, che neppure sapevano prima della visita di Berlusconi al nuraghe Losa, che i nuraghi erano dei semplici magazzini di derrate alimentari (altro che reggie-fortezze!), di contrastare i disegni del monarca assoluto?
E questo Soru, perché non ride mai delle facezie dell'imperatore, perché contesta il (poco) panem e i (tanti) circenses che l'imperatore vuole distribuire generosamente ai sudditi della Sardegna?Perché non tace e si mette prono anche lui, questo sardo a cui il despota da impunemente del fallito come imprenditore e come politico, essendo protetto dal lodo creato apposta per lui dal fido Angelino?
''Ho un senso di pena per quest'uomo ormai alle soglie della vecchiaia" ha commentato Renato Soru che ha poi aggiunto: "Ci si aspetta che una persona di quell'età migliori, diventi più' saggia, e magari si spera nella "grazia di Stato" che lo renda più' adeguato al ruolo che ricopre. Purtroppo con Berlusconi tutto questo non e' successo''.
C'è da osservare che Caligola lasciò molto presto, appena trentenne, la scena politica di quell'epoca, sicuramente "barbara" e sanguinaria che non vorremmo mai rivivere, evitando così altri danni e altre barbarie prodotte per mano sua alla "civitas" di allora.Nel caso di Berlusconi sarebbe davvero apprezzabile se, dopo aver vissuto così intensamente, pericolosamente, e da molti anni anche impunemente, da parte del Cavaliere arrivasse un segnale di saggezza e cioè la rinuncia al despotismo, al capriccio del potente, all'impunità, agli ostracismi, al disprezzo per tutto ciò che non è in sintonia con i suoi desiderata, alle sue agghiaccianti battute.
I suoi nipotini potrebbero recuperarlo fattivamente al ruolo di nonno affettuoso e premuroso che manifesta nelle patinate riviste di famiglia, per i suoi fedelissimi sarebbe più agevole sostenere una linea politica che non coincida con il solo volere dell'imperatore e i cittadini italiani, in attesa che il voto democratico rimandi nonno Silvio a casa, potrebbero forse smettere di vergognarsi di essere rappresentati dall'anziano despota che manifesta, con l'avanzare dell'età, segni sempre più evidenti di incontinenza generalizzata.
Il Cavalier Berlusconi è stato equiparato da Renato Soru all'imperatore romano Gaio Cesare Germanico detto Caligola. che regnò dal 37 fino al 41 dopo Cristo, anno in cui fu ucciso da un gruppo di sue guardie. La storia ci ha tramandato un'immagine di Caligola ben poco edificante, essendo l'eccentricità e la depravazione le sue caratteristiche principali oltre al suo, divenuto proverbiale, despotismo. Stando alle fonti, Caligola, al culmine del suo regno, avrebbe voluto essere proclamato dio. Pare inoltre che abbia nominato senatore il proprio cavallo, che si chiamava "Incitatus", al solo fine di manifestare il suo totale disprezzo per il Senato.Facendo esercizio di ricerca di analogie fra il cavaliere brianzolo e il despota romano ci sarebbe effettivamente da mettere in risalto delle similitudini, forse non colte nel corpo delle poco amichevoli espressioni di Renato Soru in risposta alle pesanti affermazioni di Silvio Berlusconi.
Prima similitudine: Caligola aveva una scuderia a Roma, Berlusconi l'ha avuta e forse l'ha ancora ad Arcore.Seconda similitudine: Caligola aveva gli stallieri che accudivano i cavalli, Berlusconi pure. Ignoriamo come si chiamasse lo stalliere di Caligola e quali qualità possedesse ma conosciamo il nome di quello di Berlusconi, tale Mangano, e abbiamo appreso dallo stesso Cavaliere che trattavasi di un eroe. Notissimo e certificato mafioso, ma comunque eroe.Terza similitudine: la reggia di Caligola era continuamente meta di pellegrinaggio da parte di personaggi più o meno importanti che partecipavano ad enormi banchetti e festini. Anche la reggia berlusconiana di Arcore e quella a sud dell'impero, Villa Certosa in Sardegna, hanno ospitato e continuano ad ospitare personaggi importanti come i capi di stato degli altri paesi e quelli meno importanti rappresentati dai vassalli del Cavaliere.Quarta e forse più significativa similitudine: Caligola ha nominato senatore il suo cavallo Incitatus . Berlusconi ha nominato ministro della Giustizia il suo segretario particolare Angelino e altri ministri o sottosegretari provengono direttamente dalle "scuderie" di Arcore.Per via della continuità della storia ancora oggi si parla di "cavalli di razza" per i politici più in vista, mentre per le donne in carriera politica è preferibile evitare questa espressione, per ovvi motivi di decenza e la delicatezza di recenti "rumors" collegati a vere o presunte intercettazioni telefoniche in materia di pornopolitica.
Fra i frequentatori di Arcore figura da circa 30 anni, per sua esplicita, orgogliosa ammissione ("Ho cominciato a frequentare Arcore appena finito il liceo") tale Ugo Cappellacci, commercialista e figlio dell'ex commercialista del Cavaliere, che il signore di Arcore ha voluto "manu militari" quale candidato governatore in Sardegna, come sua diretta espressione in quella parte geografica dell'impero che ancora non ha ceduto al suo potere ormai quasi assoluto. Proprio quell'isola, dove ha sede la più fastosa sede di rappresentanza del despota Silvio - Caligola, isola ancora irrispettosamente disubbidiente ai voleri e ai capricci dell'imperatore.Che importa al cavaliere se il cavallo Ugo è semi-sconosciuto? Forse che Angelino Alfano se lo filava qualcuno prima che il Cavaliere lo nominasse ministro facendogli addirittura saltare l'inutile e burocratico passaggio alla Camera o al Senato? E forse che Incitatus se lo erano "montato" in tanti, prima della sua nomina a senatore decisa da Caligola? Come si permettono i sardi, che neppure sapevano prima della visita di Berlusconi al nuraghe Losa, che i nuraghi erano dei semplici magazzini di derrate alimentari (altro che reggie-fortezze!), di contrastare i disegni del monarca assoluto?
E questo Soru, perché non ride mai delle facezie dell'imperatore, perché contesta il (poco) panem e i (tanti) circenses che l'imperatore vuole distribuire generosamente ai sudditi della Sardegna?Perché non tace e si mette prono anche lui, questo sardo a cui il despota da impunemente del fallito come imprenditore e come politico, essendo protetto dal lodo creato apposta per lui dal fido Angelino?
''Ho un senso di pena per quest'uomo ormai alle soglie della vecchiaia" ha commentato Renato Soru che ha poi aggiunto: "Ci si aspetta che una persona di quell'età migliori, diventi più' saggia, e magari si spera nella "grazia di Stato" che lo renda più' adeguato al ruolo che ricopre. Purtroppo con Berlusconi tutto questo non e' successo''.
C'è da osservare che Caligola lasciò molto presto, appena trentenne, la scena politica di quell'epoca, sicuramente "barbara" e sanguinaria che non vorremmo mai rivivere, evitando così altri danni e altre barbarie prodotte per mano sua alla "civitas" di allora.Nel caso di Berlusconi sarebbe davvero apprezzabile se, dopo aver vissuto così intensamente, pericolosamente, e da molti anni anche impunemente, da parte del Cavaliere arrivasse un segnale di saggezza e cioè la rinuncia al despotismo, al capriccio del potente, all'impunità, agli ostracismi, al disprezzo per tutto ciò che non è in sintonia con i suoi desiderata, alle sue agghiaccianti battute.
I suoi nipotini potrebbero recuperarlo fattivamente al ruolo di nonno affettuoso e premuroso che manifesta nelle patinate riviste di famiglia, per i suoi fedelissimi sarebbe più agevole sostenere una linea politica che non coincida con il solo volere dell'imperatore e i cittadini italiani, in attesa che il voto democratico rimandi nonno Silvio a casa, potrebbero forse smettere di vergognarsi di essere rappresentati dall'anziano despota che manifesta, con l'avanzare dell'età, segni sempre più evidenti di incontinenza generalizzata.
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