Oggi la prima riunione della nuova segreteria
di Nino Bertoloni Meli (fonte: Il Messaggero)
ROMA (26 febbraio) - “Qui si lavora, non si litiga” potrebbe essere il motto del Pd gestione Franceschini. Il patto non scritto ma già visibilmente operante stretto fra tutti i big e tutte le anime del partito, è che a Dario il traghettatore va assicurata tranquillità di conduzione, «altrimenti cadiamo tutti nel baratro», chiosa Sergio Chiamparino assurto ai vertici del partito. Tanta attenzione a evitare polemiche e altrettanta a preparare ben bene le elezioni europee e amministrative dalle quali si capirà se questo Pd post veltroniano ha ancora spazio e futuro o se, causa mancato amalgama e altro, l’esperienza va archiviata. Le scelte finora fatte da Franceschini rispondono molto a questo schema da pax interna: basta liti, guardare fuori, alla società. E preparare la campagna elettorale più importante per la vita seppur breve del Pd.Come ha tradotto tutto questo il nuovo segretario nelle sue prime mosse? Inventando uno schema organizzativo assolutamente inedito: tutto il potere alla periferia, nel nuovo vertice non c’è nessun romano né alcun dirigente formatosi politicamente nella Capitale, il più vicino è di Rieti periferia laziale, tutti gli altri vengono dai quattro punti cardinali. Una differenza enorme rispetto al vertice veltroniano, un vero e proprio capovolgimento: con Walter c’erano il romanissimo Bettini, il romano d’alto lignaggio Gentiloni, e poi Fioroni viterbese ma formatosi nei palazzi capitolini e Verini che quegli stessi palazzi ha frequentato e ”occupato” ai tempi del Campidoglio, l’unico ”esterno” era il trentino Tonini. Un vertice, quello veltroniano, impregnato come tanti altri delle storie, dei passi, dei passaggi, delle polemiche, delle divisioni, dei retaggi del passato. Tutto questo la ”pax democrat” non lo contempla più almeno da qui a giugno. Come fare per evitare di ricadere nelle diatribe interne? Semplice, con una mossa del cavallo che raggiunge il duplice scopo: promuovere dirigenti importanti sì ma periferici da un lato, in modo che, dall’altro, le polemiche e le divisioni di prima non si ripresentino a far bella mostra di sé in un partito impegnato alle elezioni per la sopravvivenza.Il ”chi è” della nuova segreteria franceschiniana sta lì a dimostrarlo. Accanto ai già noti Vasco Errani, governatore dell’Emilia, e Sergio Chiamparino sindaco di Torino, nonché Maurizio Migliavacca emiliano pure lui ed ex uomo macchina di Piero Fassino ai tempi dei Ds, tutti gli altri sono meno noti e provengono tutti dalla periferia. Ci sono il reatino Fabio Melilli, grande amico di Franco Marini e ”indicato” da Fioroni; il milanese di belle speranze Maurizio Martina, segretario della Lombardia, ex Ds; Elisa Meloni segretaria provinciale del Pd senese, di provenienza diessina anche lei; Federica Mogherini, neo deputata e fassiniana; c’è infine quel Giuseppe Lupo che ha destato le maggiori attenzioni perché, diciamo, non proprio da copertina dei magazine: è stato segnalato da Sergio D’Antoni visto che Lupo proviene dalla Cisl palermitana, ha fatto sempre il sindacalista, è entrato in politica l’anno scorso direttamente con il Pd che lo ha eletto all’assemblea regionale siciliana, ha 42 anni e quando l’altra sera è stato chiamato da Franceschini ha faticato a capacitarsi. «Io Dario l’avevo visto finora solo due volte, a un convegno di ”Quarta fase” ad Assisi e sabato scorso all’assemblea», ha confessato a chi gli ha parlato. Le proporzioni nella nuova segreteria sono un/terzo-due/terzi: su nove, segretario compreso, tre sono di provenienza ex Margherita e sei ex diessina. Per non trasformarsi in segreteria telefonica non faranno riunioni via cavo, si vedranno una volta alla settimana a Roma. Lo stesso avverrà con i segretari regionali che ieri hanno eletto il proprio coordinatore nella persona di Andrea Manciulli, capo del Pd toscano in quota ex ds, che entra pure in segreteria (la prima riunione è prevista per oggi).I primi passi di Franceschini sono all’insegna del gran lavoro interno e poca esposizione esterna. «Mancano 99 giorni alle Europee», ha ricordato davanti ai segretari locali come se sfogliasse il calendario, e ha spronato al lavoro in loco, «dobbiamo riprenderci i voti in periferia». Il prossimo appuntamento importante sarà l’assemblea dei circoli fissata al 21 marzo che segnerà l’inizio ufficiale della campagna elettorale. In questo contesto, l’assemblea programmatica è destinata a trasformarsi in una kermesse pre elettorale e non più in quell’appuntamento da resa dei conti che era diventata in corso d’opera. In serata, davanti ai parlamentari, il nuovo segretario si è calato nella politica politica e ha annunciato: «Faremo opposizione dura».
(Fonte: Il Messaggero)
(Fonte: Il Messaggero)
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