lunedì 23 febbraio 2009

Franceschini, l'abbraccio di Ferrara

Il nuovo segretario del Pd ha giurato sulla Costituzione di fronte allo 'storico' muretto del Castello Estense. Breve discorso davanti alla folla: "Ferrara sarà un luogo simbolico"

Ferrara, 23 febbraio 2009 - "Non litigate più!". L’abbraccio della pensionata, più che di una militante del Pd o di un’ex partigiana, sembra quello di una cara zia. Preoccupata che Dario Franceschini, nelle (inevitabili) bufere politiche che lo attendono nel nuovo incarico nazionale, possa perdere la salute e il sorriso. Ieri però, stretto davanti al Castello dall’abbraccio di un mezzo migliaio di persone, il neo segretario del Partito Democratico si è mostrato fiducioso: "Noi alla fine vinceremo...", ha chiuso il proprio breve intervento.
Non un discorso, non un comizio; si è trattato infatti di un’iniziativa simbolica e (termine usato dallo stesso Franceschini) "anomala". Un giuramento sulla Costituzione, assieme al padre Giorgio che di quel testo - fogli ingialliti dal tempo - è custode sin dalla sua ormai lontana esperienza parlamentare, tra il ’53 e il ’58. Un atto che di norma un segretario di partito non è tenuto a compiere; ma per Franceschini, in Italia, la ‘norma’ e la normalità traballano.
Traballa anche la gente assiepata. Sin da un’ora prima della rapida cerimonia, a fianco della lapide del muretto del Castello si infittisce il capannello di gente, ma soprattutto quello di televisioni e fotografi. Un paio di furgoni con la parabola sul tetto proprio sotto la statua del Savonarola, per far capire che d’ora in poi l’attenzione anche mediatica sull’ex assessore alla Cultura sarà massimo; ma anche emittenti dalle sigle meno note - YouDem, il canale satellitare dei ‘veltroniani’, e Glock Tv legato invece al Pd provinciale -, e tante macchine fotografiche in mano alla gente comune. "Vengo dal paesello, fatemi passare per favore" dice una signora bionda, cercando di conquistare un posto in prima fila a suon di gentilezza.
Attorno alle transenne improvvisate, due gruppetti di partigiani (le delegazioni dell’Anpi e dei Partigiani Cattolici) issano fotografie e stendardi; per i politici non ci sono invece posti riservati, anzi l’invito - garbato - è quello di evitare colpi di gomito ed esibizionismi. Così i rappresentanti delle istituzioni locali (il presidente della Provincia Pier Giorgio Dall’Acqua e la vicesindaco Rita Tagliati) si defilano, lasciando uno spicchio di... pole position alla delegazione del Pd estense formata dal segretario Paolo Calvano e dai candidati Marcella Zappaterra e Tiziano Tagliani. Dall’altra parte del semicerchio, sbuca Pierluigi Castagnetti, ex segretario nazionale del Ppi. Mescolati alla folla, volti noti della politica locale - dal consigliere regionale Roberto Montanari al rettore Patrizio Bianchi, dall’assessore alla Cultura Massimo Maisto al parlamentare Sandro Bratti - che cedono però volentieri la ribalta. Si sbraccia invece per conquistare la prima fila l’ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti.E’ comunque una giovane, Giulia Resca, a dare il saluto iniziale, ricordando l’occasione ma soprattutto i nomi delle undici vittime dell’eccidio del Castello ("trucidate solo perchè credevano nella libertà", sottolinea la ragazza).
Poi Dario e Giorgio Franceschini si stringono la mano, serrando le dita sui fogli della Costituzione raccolti in una cartellina di plastica; poche parole, la promessa solenne di "esercitare le funzioni di segretario del Partito Democratico nell’interesse esclusivo della nazione", poi partono le note dell’Inno d’Italia. Un attimo di silenzio, poi tutti i presenti si lanciano nel coro; guidati idealmente da Giorgio Franceschini che sembra il più convinto di tutti nel levare alta la voce, stretto nel cappotto blu e fiero dello sguardo del figlio. Il primo ringraziamento, nel breve intervento con cui il neo segretario del Pd chiude l’iniziativa, è proprio per lui e per la moglie Gardenia: "Devo chiedere scusa a papà e mamma - l’esordio di Franceschini pare quello di un figlio che ha combinato una marachella -, per l’emozione che gli ho dato, e con mia madre in particolare che è rimasta nascosta in mezzo alla gente".
Da lì, comunque, dalla macchia più che dal mucchio di una folla colorata e sorridente, partono applausi e invocazioni: "Vièn chì da nualtar...", grida un uomo mentre Franceschini sta per andarsene. "Trop luntàn!", replica in dialetto il successore di Veltroni per far capire che il nuovo incarico non gli farà perdere il collegamento con la sua città. Con quella Ferrara "che dentro di me è l’emblema della tradizione civile e democratica di tutto il nostro Paese", afferma Franceschini. Poche parole, non un discorso nè un comizio ("non è il momento e non è il luogo", sottolinea), ma di certo un simbolo di quella che in qualche modo è una nuova Resistenza. "Costituzione, antifascismo, laicità dello Stato sino a poco tempo fa erano valori condivisi da tutti i partiti che pure si contrapponevano politicamente in modo duro. Oggi sembra che non sia più così, ma noi ci impegneremo perchè torni ad esserlo. Ed alla fine vinceremo".
Si prepara una "lunga battaglia", chiude Franceschini ormai nella morsa dei microfoni di tv e radio, ed il ‘nemico’ ha il volto di Silvio Berlusconi: "Ha in mente un paese in cui il potere è tacitamente consegnato a una sola persona", dice rilanciando lo slogan dell’insediamento all’assemblea nazionale. E’ l’ultimo squarcio del ‘giuramento’, c’è tempo per qualche autografo, qualche bacio affettuoso agli amici e poi, attraverso via Cairoli, il saluto e la ripartenza.
di Stefano Lolli

(Fonte: Il Resto del Carlino, 23 febbraio 2009)

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